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Caro Sacchi, gli schemi non esistono

“Gli schemi sono un’invenzione di allenatori imbroglioni e di giornalisti complici”. A pagina 73 del libro “Il tifo e lo schifo”, di Gian Paolo Ormezzano, editore Eco Sport potete leggere l’affermazione, per qualcuno sconvolgente, di un giornalista che per decenni si è occupato di calcio. Acquistai il libro dello storico direttore di Tuttosport su una bancarella e l’ho rispolverato dopo le polemiche sull’articolo scritto da Arrigo Sacchi per la Gazzetta dello Sport.Sacchi ha criticato il gioco del Napoli, questo il passaggio incriminato: “La squadra interpreta ottimamente il classico football italiano. Difesa folta, marcature rigide, contropiedi e spunti individuali. Un sistema di gioco che in Italia può dare risultati ma con tutti i limiti che il calcio europeo ha evidenziato. Portieri che non partecipano al gioco, attaccanti specialisti nel gol ma estranei agli schemi, centrocampista preposto più a rompere che a costruire e mezzapunta che deve dare emozioni e far quello che vuole in un contesto non definito…”. Il dibattito sul punto è effervescente, richiede competenze tecniche che a noi, critici dilettanti, quasi mai vengono riconosciute. Mi sia consentito, quindi, di chiedere al Napolista ospitalità per qualche semplice considerazione e per un paio di ricordi. L’angolo visuale è quello del tifoso. 1) Oggi non c’è più il “libero”, si parla di “centrale”. Vogliamo dire che è stata un’innovazione introdotta da Sacchi? Va bene. Però il centrale era Franco Baresi che aveva accanto Tassotti, Maldini, Evani, Colombo. E un po’ più avanti Rijkaard, Van Basten, Gullit, Virdis. 2) Ogni tanto accompagno mio figlio a scuola calcio. Gli insegnano (tentano di farlo) il passaggio, il tiro, il dribbling e quant’altro. Ma davvero si crede che questi centri sportivi possano costruire campioni? Per strada non si può giocare più. La scuola calcio consente ai ragazzini, tre o quattro volte a settimana, di tirare calci a un pallone senza essere investiti da auto e moto. E, in rare occasioni, di far emergere il talento. Perché non puoi costruire il talento. Devi solo sperare di tirarlo fuori. 3) Quanto mi divertirei nel vedere Mourinho, Capello, Fergusson, Guardiola allenare per un anno il Cesena (senz’offesa per il Cesena, eh). Già, Guardiola. Ho ammirato il Barcellona che ha umiliato il Napoli, però chi era schierato in campo? Inutile scrivere i nomi, ogni volta che entrava una riserva si dimostrava più forte del sostituito. Infatti Messi ha iniziato in panchina. 4) 1982, Italia Brasile 3 a 2, poi vincemmo il Mundial con il redivivo Pablito Rossi goleador. Avevo 16 anni, esultai per ore. Se l’avessero giocata altre cento volte, per novantanove almeno avrebbe vinto il Brasile. Quella partita, secondo me, contiene due assiomi: il football è imprevedibile (nel senso che la palla è davvero rotonda) e l’Italia sa giocare e vincere solo così, soffrendo ma anche facendo soffrire l’avversario. Come si dice a Napoli, facemmo “schiattare in corpo” i maestri del calcio. 5) Fantastico fu l’intervento di Careca, in una puntata di Number One (per i tifosi molto giovani: se oggi vedete la trasmissione “Number Two” è solo perché quando c’era Lui andava in onda “Number One”). A chi parlava di schemi il bomber brasiliano replicò più o meno così: “Io passo la palla a Diego e scatto in avanti, Diego me la ripassa, tiro e faccio gol. Questo è lo schema”. Standing ovation nello studio televisivo.  Conclusione: sono perfettamente d’accordo con Careca, i calciatori fanno gli schemi, non l’allenatore. Il “mister” è soltanto un motivatore, un manager che deve gestire il gruppo. Conclusione bis: e adesso impallinatemi pure. E’ lo sport più bello del mondo proprio perché ognuno è convinto di avere ragione. Dimenticavo: forza Napoli, sempre.

Giuseppe Pedersoli

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