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La sudditanza psicologica nasce nel ’67 con la grande Inter di Moratti

Non mi piacciono i piagnoni. Né quelli  che accampano scuse per giustificare una sconfitta. Ma ieri quello che ho visto in Catania-Juve supera la fantasia. E va osservato con attenzione. Infatti abbiamo assistito alla rappresentazione più perfetta  possibile della sudditanza psicologica degli arbitri.

Con l’espressione sudditanza psicologica si vuole indicare il fenomeno in base al quale un soggetto si sente inferiore ad un altro, ad un gruppo,   (senza che ci siano necessariamente delle ragioni oggettive di inferiorità) e prova sensazioni di timore, imbarazzo e sottomissione. Tali sensazioni possono arrivare al punto di indurre nel soggetto comportamenti che in situazioni normali non sarebbero previsti o tollerati.”

Chi per primo indicò l’esistenza del problema della sudditanza psicologica degli arbitri di calcio nei confronti delle grandi squadre pare sia stato Giorgio Bertotto ,importante dirigente arbitrale.  Era il 16 aprile 1967. La grande Inter di Angelo Moratti ed Helenio Herrera affronta il   Venezia.  E vince 3-2 grazie ad alcune discutibili decisioni dell’arbitro   Antonio Sbardella.  A commento di quanto avvenuto Bertotto ( veneziano doc) confidò ad un giornalista “Purtroppo gli arbitri soffrono di una sorta di sudditanza psicologica nei confronti delle grandi società “. La confidenza non restò tale e finì con grande ( ma ovviamente improduttivo) scalpore sui giornali.

Il problema della sudditanza psicologica degli arbitri è dunque fenomeno antico. Si potrebbe dire ben noto in letteratura.

Ebbene se  oggi dovessi spiegare in una scuola a dei ragazzini che cosa significa sudditanza psicologica degli arbitri non avrei dubbi. Proietterei le immagini relative al goal annullato al Catania nell’incontro con la Juve. Immagini penose per lo sport. Ma eloquenti e chiare nella loro proterva evidenza.

Il Catania segna. Il guardalinee indica il centro del campo. L’arbitro pure. Ma …. Ma ecco che la panchina della Juve insorge. Pretende che il goal sia annullato. La quaterna arbitrale va nel pallone. Tentenna. Si consulta freneticamente. Cambia idea . Ed inventa un fuorigioco per annullare un goal regolarissimo. A parti invertite, con panchina e giocatori del Catania a protestare, sarebbe mai accaduto ? O avremmo assistito ad ammonizioni ed espulsioni  a raffica nei confronti dei felsinei?

Sia chiaro. Non credo in questo caso alla mala fede.  Ci sono  altri sistemi, ben più raffinati e meno eclatanti, per aiutare una squadra. Senza ricorrere a decisioni tanto clamorose. E per di più sapendo bene gli arbitri che la verità sarà dimostrata dalle immagini televisive. Dunque la decisione è stata assunta nel convincimento che fosse quella giusta. E se è così, come io credo sia, allora il fatto assume contorni allucinanti. Da affrontare forse sul lettino di uno psicanalista. Questo tipo di manifestazioni patologiche genera infatti la sudditanza psicologica. Quel mal sottile che avvelena da sempre il nostro calcio.  Ed alimenta sospetti. Proteste. Talvolta genera reazioni incontrollate.  Io la penso come Pulvirenti , presidente del Catania. Quel che è apparso guardando le immagini in tv è che Il goal  del Catania  lo ha annullato la panchina ( e i giocatori in campo) della Juve.  Nel senso che hanno esercitato sul direttore di gara una pressione che  egli non è riuscito a reggere. Pressione che non proveniva dai singoli ma dal peso ( come direbbe Enrico Fedele) della casacca che indossavano. E questo è intollerabile.

La Juventus è una squadra fortissima. Non perde da quasi cinquanta domeniche. Gioca un calcio di grande efficacia e qualità.  Ma se quella rara volta che va in svantaggio la  sua panchina “può annullare il goal subìto” allora proprio non ci siamo. E non ci si lamenti se il discredito degli arbitri , e di tutto il sistema calcio, tra il tifosi di calcio diventa totale.

Che cosa fare ? Francamente proprio non lo so.
Guido Trombetti (tratto dal Roma)

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