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Vi racconto il mio Springsteen

Un concerto di Bruce Springsteen significa andare a Milano con mio padre nel 2012 per rivivere il mitico concerto del 1985, quando io ero ancora nella pancia di mia madre e mio padre fu fulgorato sul prato di San Siro da un trentenne del New Jersey in jeans e t-shirt bianca, che cantava come un posseduto “Born in the USA” e “Glory Days”.
Un concerto di Springsteen significa rimanere folgorato a mia volta 27 anni dopo, iniziare ad ascoltare ossessivamente 40 anni di musica del Boss e della E Street Band, e coltivare il desiderio segreto e struggente di vederli suonare nella mia città.
Un concerto di Springsteen significa che il mio desiderio incredibilmente si avvera, che verranno a suonare a Piazza del Plebiscito e che io corro a comprare il biglietto mesi prima, nei primi dieci minuti di apertura delle vendite online.
Un concerto di Springsteen significa andarci di nuovo con mio padre, ma stavolta nel pit, nell’area sotto il palco, e vivere ore di attesa emozionata e gioiosa in cui la fatica non esiste, esiste solo la certezza che assisteremo ancora una volta ad uno spettacolo straordinario.
Un concerto di Springsteen significa vivere l’attesa con almeno quattro generazioni di fan delle specie più varie, figlie accompagnate dai padri, signori attempati in giacca e cravatta, gente che ha visto sotto il palco concerti in tutto il mondo, bambini che non hanno ancora raggiunto la doppia cifra di età, rockettari di tutta l’Italia, di tutta l’Europa, di tutto il mondo.
Un concerto di Springsteen significa sentirti parte di qualcosa di più grande di te e di meravigliosamente aggregante, di una comunità, di un respiro di vita che ti rapisce, ti fa volare e ti segna per sempre.
Un concerto di Springsteen significa che il Boss esce sul palco due ore prima dell’inizio, saluta la sua “people” e le regala due canzoni chitarra e voce, congedandosi con un semplicissimo e confidenziale “See you later”.
Un concerto di Springsteen significa vivere il resto dell’attesa spasmodica facendo amicizia con perfetti sconosciuti, una ragazza di Torre Annunziata che è lì con zii e papà e che è all’esordio springsteeniano, con un foggiano che dal 1999 ad oggi non sa più quanti concerti del Boss ha visto, che a Napoli è venuto nonostante dieci giorni fa gli sia nato il secondo figlio, e che è accompagnato da un ricercatore di storia medievale che lo chiama “Coccinella” perché lui è come uno di quei pazzi di Sarabanda che riconoscevano tutte le canzoni alla prima nota, perché riconosce tutti i pezzi del Boss al primo accordo di chitarra, un ricercatore di storia medievale col quale finisci a chiacchierare delle rispettive esperienze nelle biblioteche d’Italia e dei manoscritti medievali che sono il pane quotidiano del tuo lavoro.
Un concerto di Springsteen significa adottare, tutti quanti, la ragazzina bionda alta appena un metro e mezzo, che ha compiuto 18 anni da tre mesi e che per l’occasione ha avuto regalato il biglietto del Boss, che segna il suo esordio col Boss, e verso la quale ad ogni canzone ognuno di noi si gira per chiederle se le sta piacendo, con lei che risponde semplicemente sorridendo e sgranando i suoi grandi occhi verdi, estasiata e immersa nelle note suonate e nelle parole cantate dalla piazza in deliquio mistico.
Un concerto di Springsteen significa avere la certezza che quei perfetti sconosciuti, che di lì a poche ore spariranno dalla tua vita come ombre timide e discrete al crepuscolo, sono tuoi compagni di viaggio e di vita da sempre.
Un concerto di Springsteen significa fare il toto-inizio, dirsi qual è la canzone preferita che si spera di ascoltare quella sera, raccontarsi le precedenti esperienze springsteeniane e progettare i futuri concerti del Boss, perché tanto il Boss non smetterà mai di correre su e giù per i palchi di tutto il mondo.
Un concerto di Springsteen significa che il Boss e la E Street Band sono su un palco che ha solo strumenti e maxischermi, perché il Boss e la E Street Band non hanno bisogno di trucchi e parrucchi, di show costruiti a tavolino, di stitiche scalette scritte mesi prima a tavolino, perché il Boss e la E Street Band la scaletta la scrivono mezz’ora prima di ogni concerto e poi la cambiano sempre in corso d’opera, perché ogni concerto del Boss e della E Street Band è un pezzo unico, come uno strabiliante gioiello nato dall’ispirazione del momento del più abile orafo del mondo.
Un concerto di Springsteen significa che il Boss passa tre ore a salutare la sua gente, a parlare con la sua gente, a ballare con la sua gente, a prendere la pioggia con la sua gente, ad accogliere le richieste di canzoni della sua gente, ad onorare la sua gente.
Un concerto di Springsteen significa che il Boss accontenta un ragazzo che espone il cartello “La mia fidanzata si chiama Rosy, cantaci Rosalita (come out tonight)”, attacca per un quarto d’ora con una vecchissima canzone fuori scaletta, e alla fine torna dal ragazzo di Rosy, gli dice che è fortunato ad essere amato da una ragazza così bella e dà un bacio a Rosy.
Un concerto di Springsteen significa che Coccinella impazzisce perché “Rosalita” non la sentiva dal vivo da anni, perché non l’hanno mai fatta a metà concerto e così lunga, e perché “Rosalita” era proprio la canzone che lui sperava di sentire a Napoli.
Un concerto di Springsteen significa sfottere con affetto Coccinella perché io ho riconosciuto prima di lui una canzone, cosa che il ricercatore di storia medievale mi assicura non era mai successa prima.
Un concerto di Springsteen significa che il Boss intona “Who’ll Stop the Rain” e la pioggia, che per un’ora è caduta implacabile inzuppandoci dalla testa ai piedi, ma senza che nessuno si muovesse di un millimetro dal suo posto, cessa magicamente di cadere, perché il nostro sciamano ha interceduto per noi con gli dèi della pioggia.
Un concerto di Springsteen significa che il Boss chiama i fiati e le coriste della E Street Band e li porta in corteo sotto la pioggia, riparati solo da ombrellini sgargianti e pacchiani, neanche fossimo al carnevale di New Orleans, più divertiti e felici che se fossimo al carnevale di New Orleans.
Un concerto di Springsteen significa acclamare il nostro messia del rock che in mezzo alla folla adorante spalanca le braccia, in estasi, sulle note finali di “Spirit in the Night”.
Un concerto di Springsteen significa commuoversi con “The River”, impazzire all’assolo di chitarra di Nils Lofgren su una infinita e fantastica “Prove It All Night”, saltare e perdere la voce col rito che si ripete sempre nuovo di “Badlands”, perdere il fiato per la indescrivibilmente adrenalinica sequenza “Born in the USA”-“Born to Run”-“Dancing in the Dark”.
Un concerto di Springsteen significa cantare tutti, ma proprio tutti, la finale “Twist and Shout”, l’ultimo momento della festa collettiva che va inesorabilmente verso la fine, perché purtroppo tutto a questo mondo finisce, anche le cose più belle.
Un concerto di Springsteen significa avere un po’ di amaro in bocca, nonostante le tre ore che sono passate senza che io me ne accorgessi e nonostante la bellezza di quella musica pazzesca suonata da quella band pazzesca, perché neanche stavolta mi hanno fatto la mia canzone preferita, una delle canzoni della mia vita, quel capolavoro straordinario intitolato “Thunder Road”.
Un concerto di Springsteen significa che Coccinella legge la delusione nei miei occhi quando parte “Twist and Shout”, di certo un congedo, e mi dice di avere fede, perché Bruce alla fine mi farà sicuramente una sorpresa.
Un concerto di Springsteen significa che il Boss saluta ad uno ad uno i membri della E Street Band, sembra andare via mentre le luci si spengono e la gente ancora canta il coro che accompagna “Badlands”, prende chitarra e armonica, ritorna al centro del palco e ci annuncia che, come nel 1997 si affacciò al balcone del Teatro Augusteo per salutare i suoi fan alla fine del concerto con una “Thunder Road” acustica, anche stasera saluterà Napoli con una “Thunder Road” acustica.
Un concerto di Springsteen significa che papà, Coccinella e il ricercatore di storia medievale mi guardano, mi dànno ciascuno una pacca sulla spalla, mi sorridono e mi dicono “Hai visto? Lo ha fatto per te, ne eravamo certi!”, e io rispondo loro che mi sento male, che non so se reggerò all’emozione.
Un concerto di Springsteen significa che tutta la piazza ascolta in un silenzio incantato quella poesia struggente, dolorosa, piena di vita, piena di amore, piena del dolce dolore di cui è fatto il disincanto intriso di voglia di amare e di cambiare, quella poesia commovente e, molto semplicemente, bellissima che è “Thunder Road”.
Un concerto di Springsteen significa vivere la magia che sa regalare solo un sessantatreenne in perenne lotta coi dèmoni della sua mente, che canta per sopravvivere alla depressione e alla paura di non farcela, che canta tutta la sua voglia di vivere e di farcela nonostante tutto, di amare e di restare scottato dalle delusioni che solo chi vive davvero può conoscere, di rischiare la propria felicità di giorno in giorno, di correre sempre con la speranza di chi guarda la linea dell’orizzonte davanti a sé e con la certezza di poter prima o poi raggiungere la linea dell’orizzonte davanti a sé, che raggiunge la linea dell’orizzonte davanti a sé ogni volta che è in mezzo alla sua gente.
Un concerto di Springsteen significa vivere un’esperienza indescrivibile, che si può capire solo vivendola almeno una volta nella vita.
Perché ogni concerto di Springsteen vive, vibra e pulsa di emozioni; ma non delle emozioni retoriche e melense di chi si riempie la bocca di banalità da libri Harmony, non le emozioni facili e scontate di tanta musica facile e scontata: ogni concerto di Springsteen vive delle emozioni che solo il Re del Rock e la sua corte itinerante di Nobili del Rock sanno far vivere nella pancia e nel cuore di chi si lascia avvolgere dalla loro musica, dalla loro vita, dalla loro anima che quella sera assume la forma delle note che riempiono l’aria.
Perché ogni concerto di Springsteen è un castello incantato dove tutto è possibile, dove la vita scorre in onde sonore, dove l’anima di ognuno resta marchiata a fuoco da quell’esperienza irripetibile.
E mi dispiace davvero tanto per chi non ha mai visto in vita sua un concerto di Springsteen: non avete davvero la minima idea di che cosa vi perdete!
Andrea Manzi

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