Radio, siti on line, singoli blogger: in molti, ieri, si sono occupati del nostro manifesto per Mazzarri. I più, condividendone le ragioni e lo spirito, altri per dissentire sia dalle prime che dal secondo. Tra questi ultimi, tra i dissidenti, cioè, è possibile individuare, per sommi capi, almeno due gruppi: quello, per intenderci, degli orfani di Maradona e quelli del moralismo sempre e a ogni costo.
Gli orfani di Maradona (vedi Vittorio Zambardino su Il Napolista) non amano Mazzarri perché sanno bene che con lui in panchina, perfino un mito assoluto come l’indimenticato Diego rischierebbe, causa lo straripante individualismo, di non giocare. Per costoro, in passato capaci di fanatismi più o meno creativi e di pirotecniche adorazioni laiche per Maradona, oggi appare sopra le righe intravvedere in Mazzarri una sorta di fede illuminista o comunque un esempio per la città: un esempio di rigore e di serietà professionale. Avendo un buon ricordo di cosa fu il pibe de oro fuori dal campo, e a chi si accompagnava, capisco bene che siamo di fronte a opposti destinati a non incontrarsi mai.
Per i “moralisti”, invece, (vedi Giuliana Caso su Parallelo41) il manifesto per Mazzarri è da censurare per le adesioni che ha raccolto. Ciò che sorprende (che indigna?) è che Cardinale, rettori e intellettuali vari si siano mobilitati non per i mali di Napoli, ma per una futile questione di calcio. Costoro, che considerano la leggerezza poco meno di un reato, ignorano che, tanto per dirne qualcuna, il Cardinale Crescenzio Sepe si è tra l’altro rifiutato di benedire il villaggio milionario della Coppa America, e che i rettori napoletani, unico caso al mondo, hanno sottoscritto appelli anche contro le buche stradali. Dai moralisti di professione, invece, raramente a Napoli è venuto un solo sospiro di protesta civile.
Marco Demarco (Corriere del Mezzogiorno)
Il Napolista secondo Demarco: nostalgico di Maradona, in campo e fuori
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