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Nel calcio del fair play finanziario, il marketing vale una Champions

La gialla è bruttina. La mimetica è bella, è brutta, è inopportuna, ci piace, non ci piace, insomma: dibattito. Eppure, tutto questo adesso non importa. Non è di una maglia che dovremmo preoccuparci, ma della questione maglie. Delle maglie come opportunità di finanziamento della società, e dunque della nostra squadra. Perché le maglie possono anche non piacerci, ma dobbiamo comprarle. Una, almeno una. Originale. Perché è la maniera migliore per sostenere il Napoli. Più di un abbonamento o di un biglietto allo stadio, forma ormai residuale di introito per i club di calcio, e comunque soggetta al versamento di una percentuale alle squadre avversarie. Più di un abbonamento alle pay tv, che sono il principale soggetto finanziatore del calcio italiano; ma i criteri di ripartizione per club non tengono in conto a sufficienza della sede di provenienza dei soldi. Noi abbonati napoletani finanziamo – per dire – anche la Juve e il Chievo. Le maglie, invece. Le maglie portano euro freschi nelle casse del Napoli, e vanno tutti al Napoli, nessuna quota dispersa, nessuna ripartizione.
Sembra un’idea partorita sotto il sole d’estate, ma comprando una maglia originale del Napoli possiamo portare il Napoli fra le grandi d’Europa. Cosa predica il fair play finanziario? Che ogni società può spendere in base al proprio fatturato. Per spendere tanto, si deve fatturare tanto. La grossa differenza tra il calcio italiano e quello degli altri Paesi sta in questa voce qui: il marketing. Bayern, Real, Manchester United, Barcellona incassano dal settore commerciale fra il 35 e il 40% del loro fatturato. Le italiane, Napoli compreso, non sfiorano neppure quel tetto: siamo legati per il 65% agli introiti dei diritti tv. Significa che se un anno vengono meno, viene meno il nostro futuro. Significa che se un anno non si va in Champions, dove un’italiana incassa dai 30 ai 60 milioni passando il girone, ci si deve finanziare con un cessione (Lavezzi, ricordate?).
Le maglie possono essere un’altra Champions. Dipende da noi. In viaggio all’estero, può scapparci la spesa per la maglia della squadra locale. Un souvenir, un modo di dire che siamo stati lì. Perché a casa nostra ricorrere alla bancarella. Sbagliato. Diciamo di amare la maglia, poi la compriamo falsa. Se ogni famiglia di Napoli e provincia ne comprasse una originale, saremmo finanziatori del Napoli per circa 45-50 milioni l’anno. Come andare ogni anno agli ottavi di Champions già prima di cominciare a giocare. Poi ci sono i tifosi fuori città, tantissimi, ovunque. L’era del fair play finanziario ci vedrà tra i club leader, se i finanziatori saremo noi. Deve crescere anche il Napoli, deve farsi aiutare. Non ha senso presentare le maglie nell’amichevole al San Paolo a ritiro finito, quando a Dimaro sono arrivate in vacanza migliaia di persone, migliaia di tifosi napoletani, non solo da Napoli. Le maglie vanno presentate prima e vendute già lì, con uno store in ritiro con la squadra. Il Napoli invogli i tifosi (anche con una politica dei prezzi adeguata), noi lo seguiremo. Per non dover più sacrificare un campione.
Il Ciuccio

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