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Cari tifosi del Napoli, poi non lamentatevi. Questo siamo e sempre saremo: perdenti

Poi non lamentatevi.

Voi che oggi non capite perché, con i bambini allo Juventus Stadium, stiamo assistendo ad una gigantesca, a suo modo geniale, offensiva propagandistica (ah sì si chiama marketing). Un lavacro di immagine che cancella per sempre, con la retorica delle nuove generazioni, il fiume di offese che ci sono state rivolte e che riprenderanno regolarmente “dopo”. È ancora una volta un’operazione di scarico del negativo su di noi. Quello che resterà nella memoria collettiva sarà che i “napoletani sfasciano i cessi” e noi continueremo ad essere la “bad company” d’Italia. Chi doveva avere iniziativa – la società, i media di questa città, il 99 per cento dei tifosi del Napoli che vorrebbero essere rappresentati – non ha una strategia di contenuti, di cose, di comunicazione da opporre a queste mistificazioni. Soprattutto perché non ci pensano, non la vogliono e forse si vergognano.

Voi non capite che i sorrisi e le battutine di De Laurentiis sono soltanto il tentativo di stare nel club dei grandi del pallone, dei soldi, delle alleanze commerciali e dei diritti televisivi. E non capisce che così si rende più debole, che si spinge da solo verso la porta d’uscita. Pur di ottenere quattro soldi oggi, “offre l’altra guancia” e svende per soldi il suo potere politico di domani. Per questo si fa avvocato difensore dei peggiori, dei violenti di casa nostra, dei peggiori di casa loro. Non è un’azienda che vuole, non è l’efficienza economica che gli interessa. Vuole sedersi a tavola. Senza sapere che gli daranno sempre lo strapuntino dei perdenti e gli avanzi del pasto nobile (e tutto questo lasciando stare i sentimenti, ne ha scritto in modo perfetto il Ciuccio).

Voi non capite che l’elegante dissuasione (“il problema è un altro”) degli editorialisti dei giornali napoletani, che ci hanno spiegato che siamo permalosi e ignoranti, è snobismo da analfabeti della comunicazione e da tifosi di altre squadre, da “napoletani di professione”. Sono almeno trent’anni che certi rapporti tra calcio informazione e potere sono noti. Solo i giornali e le belle penne di Napoli non lo sanno, non le conoscono, non li vogliono vedere. Basterebbe anche non arrivare a Torino, basterebbe vedere certe paginate del Messaggero sulla Roma, certi interventi di Della Valle a Sky, per capire cos’è il potere-città legato al pallone.

Rinunciano non a difendere una squadra, cosa legittima. Loro rinunciano a fare gli interessi di questa città nell’informazione. Da medaglia d’oro, per chi martella da decenni con un giornalismo che predica alla politica in nome di un “altrove” e un “altrimenti” sempre contrapposto alla mediocre realtà locale.
Loro non vogliono capire e voi non volete capire. Che il successo nel calcio si costruisce durante la settimana. Forse non con i metodi di Lucianone – che comunque era uno attentissimo alla comunicazione e in ogni caso pende giudizio definitivo – ma con un lavoro attento, tenace, gentile sempre e duro a volte, presente sulle redazioni, sui singoli, sulle testate. Ma voi li guardate Sky-Rai-Mediaset dopo le nostre partite? Ma lo vedete il massacro cui siamo sottoposti? E Higuain che faceva vita di notte, e il Napoli in crisi, arbitri che ci favorivano dandoci 16 punti. Avete letto una riga di reazione vera? Pensate che qualcuno abbia chiamato i direttori? Non mi pare che al Napoli lo facciano. E mi dispiace, conosco alcuni fra loro, è gente che conosce il mestiere e quindi, come si sa, il pesce “fete” sempre dalla testa. Però, amici miei, non funziona. Non c’è immaginazione creativa.

Voi, voi tifosi non volete capire. Chiusi nella vostra fantasia “noi siamo semplici, lontani dal potere perciò migliori”, voi che pensate che “lobby” sia una parolaccia e che noi siamo signori dovete cambiare aggettivo. Perdenti. Maledetti, eterni perdenti. Questo siete e questo siamo.

E allora non lamentatevi
Vittorio Zambardino

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