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Leviamoci la maschera, a De Laurentiis non piace Oj vita mia

Io non ho nulla contro il rap. Anzi. Io penso positivo perché son vivo, perché son vivo. E capisco quale sia il ragionamento che ha portato Massimiliano Gallo ad aprire all’ipotesi di un nuovo inno per il Napoli. Io non ho nulla contro il rap. Anzi. Non ho voglia di andare d’accordo, ho voglia di andare. D’accordo? Io ho qualcosa contro l’aggettivo “nuovo” applicato al sostantivo “inno”. Un inno non è una cosa che si cambia tanto alla leggera. Guardate cos’è successo alla Spagna. Ogni re di passaggio sul trono si divertiva a modificare le parole della Marcha Real, al centro della celebrazione puntava mettere se stesso, mica la nazione, mica il popolo. Perciò la Spagna a un certo punto ha detto basta: e la Marcha Real adesso è muta. Senza testo. Uno dei pochi inni nazionali che non si può cantare.

Un inno non si cambia come una maglia. Non ci sono neppure ragioni di marketing. Non è che si vendono i dischi con il nuovo inno del Napoli. Ne vendette pochi Peppino Di Capri quando provò a imporre Gennarì. E poi sono arrivati “Il ragazzo della curva B”, e poi “Ti regaliamo il tricolore” cantato da tutti i calciatori, quello in cui Bruno Giordano diceva che Napoli era la seconda mamma sua e Maradona cantava “grazie di chiamarmi figlio”. Una volta abbiamo provato “Napule è”, un’atmosfera da incanto, ma quella sera non si è vinto, e così come col campo Paradiso di Soccavo, il neo Napoli di De Laurentiis ha rinunciato pure a “Napule è”.

E siamo a un anno fa: maxi sondaggione. Su Twitter, si capisce. Che inno volete? E i tifosi votarono, furono tantissime le risposte. ‘O Surdato ‘Nnammurato. L’inno è quello. L’umore popolare lo ribadì: perfino con lo strumento modernissimo dei social. Così è nata la nuova versione, a chi piace, a chi non piace, ma in fondo si canta sempre Oi vita oi vita mia, che era ciò che il pubblico voleva. Ma forse il sondaggio non andò come desiderava il presidente, forse questo si deve pensare adesso che viene rilanciata la proposta. Zamparini esonera gli allenatori, De Laurentiis esonera gli inni. Non c’è niente di male, ognuno è fatto a modo suo. Ma un inno è la colonna sonora di una liturgia, chiedete ai romanisti se cambierebbero “core de sta città” con un tumf tumf tumf. Chi ha la fortuna di averne uno storico e di non aver dovuto inventarne uno (“Milan, Milan, solo con te” / “Juveeee, unico grande amooore”), chi ha questa fortuna dovrebbe tenersela e valorizzarla. Invece no. Oi vita mia, forse, penso, sospetto malizioso, doveva essere ucciso già un anno fa. E allora: sondaggio, concorso, riproviamo, un poco di napoletanissima ammuina, per imporre la propria visione delle cose. Ora il rap. L’anno prossimo chissà. L’anno dopo un altro ancora. Poi dice che la gente canta Pino Daniele, Je so’ pazzo, je so’ pazzo, e non so se vi ricordate come finisce.
Il Ciuccio

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