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Caro Gallo, di fatto fiancheggi la camorra (con risposta)

Hai ragione, Massimiliano. È stata una pagina nera per l’informazione. Specie per quella televisiva. C’è stata una visione parziale di quello che è accaduto all’Olimpico. Ma finisce qui la parte dove tu hai ragione, secondo me, ovviamente. Quindi, tenuto conto della lunghezza del tuo pezzo, c’è un bel po’ di roba su cui non basta confrontarsi, ma litigare proprio, io e te. E sfidarti, alla fine, a singolar tenzone.

Il deferimento all’Ordine. La Rai principale responsabile della disinformazione, scrivi. Definisci la cronaca di Cerqueti, imbarazzante, da deferimento all’Ordine dei giornalisti. Sì, non è stata una bella pagina di giornalismo, è vero. Ma apri gli occhi, Massimiliano. E domandati con estrema sincerità quante volte il giornalismo sportivo in questo paese riesce a fotografare l’esatta dimensione di un fatto. Quante volte io e te ci siamo domandati da dove nascano certe imbarazzanti domande che molti colleghi sportivi rivolgono a mister, allenatori, presidenti (e il modo grillino con cui De Laurentiis fa polpette dei colleghi ne è una lampante dimostrazione). Sto scrivendo, caro Massimiliano, che il problema della disinformazione è un problema di formazione giornalistica. I fatti dell’Olimpico sono stati un biblico banco di prova per la tenuta della nostra categoria; i fatti dell’Olimpico erano enormemente difficili da raccontare. Non basta dire, come sostengono in molti: è stato raccontato Genny per sviare l’attenzione su Ciro (tesi alla quale tu furbescamente – e poi ti dirò perché furbescamente – ti sottrai). Occorrevano colleghi che misurassero polmoni e polsi di fronte a un fatto di cronaca del genere. Occorreva dimostrare capacità di racconto e di analisi sia fuori, sia dentro lo stadio. È mancata, questa capacità. Anche sui giornali. Se chiedi, quindi, il deferimento di un collega, devi far riunire la commissione dell’Ordine in seduta permanente. Perché ci sarebbe la fila davanti alla porta. Forse anche io e te avremmo fatto pipì fuori dal vaso. Non lo so. Sto soltanto dicendo che dovresti porti il problema della formazione e della struttura di un cronista, anche sportivo, problema che ormai non interessa più nessuno. Neanche a te. Non la vedo, come scrivi tu, insomma, che sia disinformazione. La solita grande Spectre che accoltella Napoli. O un piano della polizia per nascondere il vero. Di questo passo arriviamo a piazza Fontana e alle stragi di Stato. È vero, invece, che a molti colleghi mancano le basi, si sarebbe detto un tempo con una metafora scolastica, perché i fatti nessuno più va a svestirli, a vedere cosa c’è dietro. Arriva la melassa agenzia-tv-twitter-fb, e via. Quindi, se proprio vuoi processare Cerqueti, fai il tuo dovere fino in fondo e imbastisci un maxi processo nei confronti della categoria tutta.

La tua (nascosta) difesa di Genny. Non ce la fai proprio. Parti bene ma non ce la fai proprio. Tu dici: per carità la trattativa fra Stato e Hamsik è stata raccontata con ampio risalto (è vero non quella sotto la curva della Fiorentina, ma non ne parlerò perché qui stiamo a discutere sui punti per i quali sfidarci a tenzone non quelli sui quali siamo d’accordo). Ma qualche riga prima scrivi, a proposito della stampa e delle sue grandi responsabilità: “…che ha contribuito giorno dopo giorno a fare disinformazione, a sviare l’attenzione dalle reali responsabilità di sabato sera”. Nelle reali responsabilità di sabato sera c’è anche Genny, fattene una ragione. Genny non è un personaggio da paglietta, non è il tatuato a cavalcioni sulla cancellata di una curva e basta. Se fosse soltanto questo il suo ritratto, allora il suo essere ultrà violento e quello di altri ultrà violenti sarebbe uguale. Ma Genny è espressione di un potere, di un modo di fare, di un’arroganza, di una violenza, di una gestualità camorristica. Giusto a volo di uccello ti segno il link del verbale di Emiliano Zapata Misso che parla di lui, di Genny, non vado oltre su Genny per non ridurre il tutto a un verbale processual-giudiziario (che pure non sarebbe poco, eh). È vero sulla gran parte della stampa è mancata l’analisi giornalistica su Ciro, su quel famigerato neonazista che ha sparato, hai ragione. Ma in questo pezzo tuo manca la tua indignazione, la tua esecrazione, il tuo stupore per un ultras – Genny – che vive di camorra, è esso stesso espressione di quella camorra che ogni giorno incontriamo per strada e che ci tiene in scacco. Tu arrivi a definire Genny “l’osso da spolpare” per i media. Ma tu, quest’osso, manco lo vedi quanto è spigoloso e duro, quanto entra nelle case della gente e si ficca nella gola degli onesti, ogni giorno, e impedisce di respirare, muovere, vivere, lavorare. In questo tuo legittimo cupio dissolvi verso i colleghi dimentichi di dire e di scrivere che un capo ultras violento ha deciso, dopo aver parlato con uno sventurato capitano di calcio mandato lì anche con l’accordo del suo presidente De Laurentiis (sul quale taci), che la partita si potesse giocare. Un fatto mostruoso. MO-STRUO-SO. Giornalisticamente importante quanto l’altro fatto MO-STRUO-SO che era appena accaduto fuori allo stadio, cioè il vile agguato a Ciro. Però tu lo sai, perché lo sai, e se te lo tieni nella penna fai un grave errore giornalistico, che vedere in tutto il mondo le immagini di un camorrista che dagli spalti arringa il suo branco e tratta con un calciatore è una notizia da prima pagina. Ma su questo tu niente, manco un rigo, su questo valore giornalistico del fatto niente. Sai perché? Perché tu, come tanti tifosi, non vuoi guardarti allo specchio, non riesci proprio a pensare alla camorra (e quindi a Genny che di quell’ambiente è rappresentante) come la minaccia democratica di questa terra perché non vuoi mischiare il calcio alla criminalità. E ora vengo, come piccolo cronista, a fornirti qualche dato per spiegare perché sono così massimalista.

La camorra. Un quarto, dico un quarto del Pil nazionale è ascrivibile all’economia sommersa detenuta in larga parte dalla camorra. Lo dice la rassegna economica della Federico II su camorra e territorio http://www.bibliocamorra.altervista.org/. Leggi l’ultima relazione Dia 2013 sulla camorra a Napoli e provincia di Napoli http://www.interno.gov.it/dip_ps/dia/semestrali/sem/2013/1sem2013.pdf Ti ricordi quando eravamo tu al Corriere e io al Mattino e ci passavano sotto gli occhi le infografiche con i nomi dei clan che imperversavano tra Napoli e provincia? Uguale. Dieci anni dopo tutto uguale. Anzi, peggio. C’è una continua polverizzazione di clan, a vedere i grafici della Dia sembra un virus che si sta espandendo da una parte all’altra della Campania. Questa penetrazione tentacolare della criminalità organizzata ha prodotto:
1) Due guerre di camorra a Scampia che, nonostante tutti gli sforzi di volontari associazioni studenti, nonostante: no no, a Scampia c’è anche altro, lì sembra la striscia di Gaza.
2) Questa pervasività della camorra, che cammina a braccetto ancora oggi con una politica inadeguata, stracciona, complice e furbetta, ha prodotto due crisi rifiuti di portata mondiale che hanno portato il nome di Napoli in giro per il mondo meglio di un kolossal
3) L’internazionalizzazione dei clan ha provocato a gennaio 2014 http://www.romatoday.it/cronaca/sequestro-bar-ristoranti-roma-camorra.html il sequestro di decine di locali che altri non erano se non la lavatrice del danaro sporco del crimine
4) La ferocia dei clan ha prodotto alcuni anni fa, mi sembra dieci anni fa, un agguato in pizzeria che fece il giro del mondo (anche questo) perché la vittima finì con la faccia nella pizza http://www.repubblica.it/2004/k/sezioni/cronaca/napol/pizzeria/pizzeria.html
5) Il disordine morale, civile, economico di Napoli ha causato l’interruzione, un anno fa, dei bus. Un fatto senza precedenti per il quale il sindaco Luigi de Magistris ha chiamato in causa la camorra, dicendo che dietro quel guasto c’era la mano dei poteri forti e occulti della città. http://www.napolitoday.it/cronaca/de-magistris-camorra-stop-bus.html Perché poi la camorra è talmente presente che o c’è di forza sua oppure la si tira in ballo a ogni dove così che non si finisce per capire più nulla.
6) L’arroganza della camorra ha prodotto, caso unico, l’esilio forzato di uno scrittore, Roberto Saviano, che ha avuto il coraggio e la capacità di mettere insieme quello che ciascuno di noi scriveva aggiungendoci particolari nuovi. Scrittore, voglio ricordarti, lui sì osso da spolpare per tanti colleghi che ne invidiano le qualità.

E tu, caro Massimiliano, vuoi che una stampa già fragile di suo, già senza gambe forti per affrontare fatti di cronaca che richiedono equilibrio, competenza e sobrietà e mente sgombra da pregiudizi, non resti affascinata da un figlio di questa camorra, da quel Genny che arringa i suoi ultras e che, contemporaneamente, tratta con lo Stato e con Hamsik? Vuoi che questa non sia una notizia di prima pagina?
E di fronte a questo po’ po’ che ti ho appena riportato tu hai il coraggio di dire che la maglia indossata da Genny è di dubbio gusto? Ma qui non è in discussione il messaggio della maglia, e tu lo sai bene perciò sei furbacchione, qui è in discussione il fatto che Genny, figlio di tutto quell’ ambiente malavitoso che ho descritto, egli stesso con le mani in pasta in quell’ambiente, non ha titolo per chiedere la revisione del processo nei confronti di Speziale, l’assassino di Raciti. Non può chiedere, alla luce della violenza di cui è portatore e delle minacce che pure ha fatto ad Hamsik come documentato dal rapporto della Procura federale, libertà per alcuno.

Tu concludi il pezzo scrivendo: “Ma a nuie che ce n’importa. C’è Genny che copre tutto e garantisce anche ottimi ascolti. Tanto chi vuoi che protesti, lo sanno tutti che Napoli è camorra, no?”. Si Massimilià (scritto così, un po’ da capozziello camorrista) Napoli è innanzitutto camorra, è ogni giorno camorra. È sporcata e falcidiata ogni suo minuto dalla camorra. Noi non dovremmo ammetterlo, non si sarebbe dovuto montare giornalisticamente lo scandalo di Genny e di uno Stato in ginocchio (al pari dell’agguato a Ciro, beninteso) solo per consentire a te e a migliaia di tifosi di sciorinare il vostro sogno sportivo al sole di Napoli e magari con l’addore ‘e mare come accompagno. No, teniamoci il tanfo di camorra, impariamo a riconoscerlo noi stessi. Poi chiederemo agli altri di non trattaci mediaticamente e non mediaticamente da camorristi.

La tenzone. Per quanto ragione ti sfido ad andare tu e io a Scampia e a indossare tu una maglia, con la scritta: la camorra c’è, liberiamo Napoli; e io a indossare una maglia con la scritta: anche per Genny vale la presunzione di innocenza. Glielo concedo, almeno su una t-shirt.
Giampaolo Longo

E insomma, se oggi tu fossi pm partirebbe per me l’accusa di concorso esterno in associazione camorristica. Se ci riesco, su questo terreno preferirei non scendere. Quando mi sarà notificato l’avviso di garanzia, mi difenderò. È un altro il terreno su cui mi preme dire qualcosa. Il terreno giornalistico. Mi confermi – da ex capo cronista del Mattino – che ai giornalisti di quel che è accaduto sabato sera non interessa nulla. Genny copre tutto. E l’articolo che mi hai linkato – da cui, consentimi, mi dissocio, perché basato sulle dichiarazioni di un pentito e denso di nomignoli, quelli che piacciono tanto ai giornalisti perché fanno titolo – ne è la prova inconfutabile.

A te, da giornalista, non interessa sapere quale partita si sta giocando nella polizia italiana. Quella che tu liquidi come Spectre e accosti a piazza Fontana, è la storia di una polizia che applaude per cinque minuti colleghi condannati per aver ucciso un ragazzo. Una polizia che, in parte, non riconosce il proprio capo. A te non interessa che il tuo ex giornale abbia scritto che la pallottola inviata a Genny potrebbe essere stata spedita da frange estreme delle forze dell’ordine. A te non interessa che un prefetto – lo stesso del caso Shalabayeva, quindi appena appena in concordanza di interessi col ministro Alfano – all’indomani degli scontri attacchi il Governo per la spending review. A te non interessa nulla – siamo onesti – del neonazista che ha quasi ucciso un ragazzo. Eppure se ti fossi informato – ma non l’hai fatto – avresti scoperto una “carriera giudiziaria” piuttosto inquietante. Perché quel ragazzo è di Scampia, quindi per te geneticamente criminale. Ragazzo che con ogni probabilità rimarrà su una sedia a rotelle. A te non interessa che due anni fa, per la stessa finale, il servizio d’ordine fu impeccabile.

Diciamo la verità, a te come giornalista interessa davvero poco. Tranne farmi la spiega sulla camorra. A te non interessa nemmeno sapere quello che accade nel mondo ultras, non solo di Napoli. Non ti interessa sapere che a Natale scorso un capo ultrà della Juve fu quasi ammazzato di botte per un regolamento di conti interno. E lo stesso avvenne al Milan qualche anno prima. Non ti interessa conoscere le connivenze tra questo mondo e le società e i dirigenti del calcio italiano. Che consentirono, nel 2004, a due tifosi di imporre a Totti e allo Stato italiano di fermare un derby; oppure ad altri figuri di fermare una partita Genova e imporrre ai calciatori di togliersi le maglie. Tutto questo a te non interessa. Noi del Napolista, così contigui ai clan, ci abbiamo fatto un e-book che puoi comprare per meno di due euro. Ma dubito che ti interessi.

Mi hai spiegato perfettamente perché Genny è da una settimana protagonista incontrastato della cronaca nazionale. Ovviamente, non conosci nemmeno la sua fedina penale. Così come tutti i giornalisti. Perché il bello è proprio questo: non si parla che di Genny eppure non sappiamo niente di Genny, non un’informazione in più rispetto a otto giorni fa. Basta che regga il sistema del “tutto si tiene” e che ci sia un titolo.
Come vedi, non ho risposto alla tua accusa più grave, diciamo pure ignominiosa, quella di contiguità con la camorra. Se hai voglia, fai qualche ricerca nel Napolista. Ti dico come si fa, digiti tra virgolette “ultras”, “biglietti”, magari “curve” “Chelsea”, “Gela”, sì Gela anche se non sai perché. Scoprirai un bel po’ di articoli che magari sui giornali mainstream non hai trovato. Per quelli post Roma, ti basta tornare indietro di poche pagine. Tra i tanti, ce n’è uno anche sulla maglietta che così ti ha indignato. Intitolato «Noi la maglietta “Speziale libero” non la indossiamo». (Massimiliano Gallo)

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