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L’anno in cui il calcio italiano si è arreso agli ultrà

L’anno in cui il calcio italiano si è arreso agli ultrà
Gennaro, il capo ultra' della curva A del San Paolo di Napoli, seduto sopra la cancellata della Curva Nord prima della finale di Coppa Italia Fiorentina-Napoli allo stadio Olimpico di Roma, 03 maggio 2014. ANSA/ETTORE FERRARI

E’ il 21 agosto 2013 quando in un articolo di Repubblica compare una notizia destinata a fare sconquassi. L’articolo comincia così: “Sarà un campionato con tante curve chiuse: questo il timore che si respira negli ambienti della Figc e della giustizia sportiva”. Un timore che viene raccolto in ambienti vicini al giudice Tosel. Si legge: “In caso di cori razzisti, come primo provvedimento, subito la chiusura di un settore. In caso di recidiva, multa di 50.000 euro e chiusura di tutto lo stadio. Basta con le solite (inutili) ammende. E niente esimenti o attenuanti: le ha cancellate l’ultimo consiglio federale il 5 agosto. Il presidente Figc, Giancarlo Abete, è stato chiaro: «Noi questa gente non la vogliamo negli stadi». Pur non essendo cori razzisti ma di “discriminazione territoriale”, non cambierà comunque la sanzione. In base all’articolo 11 del cgs (codice giustizia sportiva) è prevista la chiusura della curva. Un problema delicato per Tosel, che dovrà scegliere una linea interpretativa non facile”.

Solo due giorni prima, Tosel aveva chiuso la curva della Lazio per i buu contro Pogba, Asamoah e Ogbonna in Supercoppa. Con la benedizione della Fifa. Blatter dice: “Bene le sanzioni ai cori di Roma”. E da qui in avanti va in scena il delirio del calcio italiano, che giorno dopo giorno si piega alle richieste degli ultrà. Ecco la cronaca da brividi di tutte le trattative con gli ultrà, prima della Grande Trattativa dell’Olimpico.

Il 2 settembre, un gruppo di ultras della Roma colpisce il pullman del Verona con sassi e spranghe. La squadra è costretta a trascorrere la notte nella capitale. “Ci vogliono pene esemplari”, dice Setti, presidente del Verona. La Roma non commenta. La questura sottolinea che l’assalto è avvenuto da lontano. Tosi, sindaco di Verona, accusa: “A Verona non sarebbe successo”. Il sindaco di Nocera, Torquato, replica: “Gli ultras di Verona sono tra i peggiori d’Italia, aggredirono la Nocerina”. L’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, “preso atto della persistente propensione all’illegalità di una frangia della tifoseria giallorossa”, prolunga la sospensione della card Club Away per le tarsferte.

Il 17 settembre, la curva dell’Inter viene chiusa per cori razzisti contro alcuni calciatori della Juve.

Il 18 settembre, trenta ultras del gruppo Tito Cucchiaroni della Sampdoria scrivono una lettera, sono ammessi nel centro sportivo di Bogliasco e la consegnano all’allenatore Delio Rossi dopo la sconfitta nel derby. “La squadra è stata simile a un branco di cadaveri che si aggiravano per il campo. La nostra presenza a Bogliasco sarà costante da qui a fine campionato per vedervi lavorare. La bella vita è finita”.

Il 22 settembre, sette ultras della Lazio laziali sono fermati durante il deflusso dall’Olimpico alla fine del derby contro la Roma. Hanno cercato di aggirare i blocchi della polizia per scontrarsi con i romanisti a Ponte Milvio.

Il 23 settembre, viene chiusa la curva del Milan, per cori contro i napoletani provenienti dal secondo anello blu dello stadio. In tv, al programma Tiki Taka, parla Boateng, che ha lasciato l’Italia dopo un episodio di razzismo. Dice: “La squalifica della curva del Milan è una brutta cosa: forse i tifosi fanno quei cori senza pensare e solo per insultare, ma è una brutta cosa, che non si deve fare”.
Dalla Figc Abete esulta dopo il provvedimento: “Siamo sulla strada giusta”.

Il 28 settembre, all’esterno di San Siro, trecento ultras della Curva Sud protestano contro Tosel con bandiere, fumogeni, bombe carta, cori sul Vesuvio e uno striscione che dice : ‘La chiusura del settore non cancella l’odore: Napoli merda”.

Il 6 ottobre l’Italia è in lutto per la tragedia di tre giorni prima a Lampedusa: 300 immigrati morti su un barcone in mare. Il minuto di silenzio viene fischiato a Milano in Inter-Roma. A Torino, prima di Juve-Milan, il minuto di silenzio viene interrotto dagli ultrà juventini cantando l’inno di Mameli: come dire, noi siamo italiani, loro no. Uno spiegherà: “Serviva a ricordare che gli italiani sono discriminati”. A Bologna, gli ultrà del Verona, intonano un canto religioso: “Io credo, risorgerò”. L’allenatore Mandorlini si spende per spiegare che non c’era alcun intento ironico. Sta dalla parte dei suoi ultrà.

Il 7 ottobre esce il libro “A porte chiuse” di Lorenzo Contucci e Giovanni Francesco. Sulla quarta di copertina la frase: “Volevano cacciare i violenti dagli stadi. Hanno cacciato tutti tranne i violenti”.
Nello stesso giorno, Tosel chiude la curva del Milan per una partita per cori contro i napoletani. E’ un momento chiave. Un’ora dopo Galliani insorge: “Capisco il razzismo, ma la norma sulla discriminazione territoriale va abolita: tutti i presidenti sono d’accordo con me e ho già chiamato il presidente della Figc Abete per dirglielo. Ha detto che ci penseranno. Forse i funzionari della Procura federale quei cori li hanno sentiti in bagno, al bar o non so dove…”. Poi si lancia in battute sulla discriminazione.
Beretta, presidente della Lega, recepisce al volo: “I club sono tutti concordi sul fatto che il sistema sanzionatorio dev’essere rivisto, abbiamo allerato Abete su questa tematica. Si tratta di minoranze”.

Intanto, il sarcasmo di Galliani diventa linea editoriale per Sky. In una telecronaca di Bundesliga, Fabio Caressa si domanda se i cori di una delle due tifoserie in quel momento in onda stiano insultando altre città della Germania. E lancia una campagna per l’abolizione della norma. E’ esattamente quello che vogliono gli ultrà.

Quel giorno, Platini, presidente Uefa, interviene a un convegno sul razzismo a Ginevra: “L’Uefa non accetta compromessi contro qualsiasi forma di discriminazione”.

Gli risponde Lotito: “Platini non è il vangelo”.

L’8 ottobre scendono in campo gli ultras del Milan. Con un comunicato la Curva Sud dice: “Non abbassiamo la testa di fronte a questi soprusi, ci stanno togliendo il diritto di esprimere il nostro tifo e saremo ben felici di scoprire quanto un campionato giocato a porte chiuse sarà interessante per i mercati esteri creando un buco al sistema calcio”. Si chiama minaccia.

Lanciano un appello: “Ora è arrivato il momento di schierarsi, l’appartenenza alla destra o sinistra non contano, è una battaglia di libertà”.

Abete, presidente Figc, ondeggia: “E’ utile, opportuna e doverosa una riflessione”.

Interviene anche Malagò, presidente del Coni, che con gli uomini guida del calcio è in rottura per una questione di contributi. Dice: “Posso capire lo sfogo del presidente di turno, ma non possiamo fare discriminazione nella discriminazione: non possiamo fare un discorso per chi ha la pelle di un altro colore e un altro per chi viene da un’altra città. Non vedo altra soluzione se non che il settore dello stadio interessato faccia qualcosa nei confronti di chi penalizza la sua squadra”.

E il resto della serie A? Ha già scelto con chi stare. Con Galliani, che sta schierato con i suoi ultras. “Serve equilibrio nell’applicazione, io sono al Nord da 14 anni e se mi sento chiamare terrone mi viene da sorridere”, filosofeggia Pier Paolo Marino, sorvolando sui morti fatti dal colera e dal terremoto, anche nella sua terra, l’Irpinia.”Non si possono colpire le società per delle goliardate”.

Sono sfottò. La linea che passa è questa. Invece sta montando l’odio contro Napoli. Paolo Maldini, ex capitano della nazionale, cioè la squadra di tutta Italia, dice: “Questi sfottò ci sono sempre stati e probabilmente ci saranno sempre, non si può controllare e capire da dove provengono”.

Il sindaco di Napoli, De Magistris, si indigna: “Le regole ci sono e vanno rispettate”.

Ma l’appello lanciato dalla curva del Milan trova in nottata sponda tra i rivali dell’Inter. La Curva Nord emette un comunicato: “Siamo pronti e auspichiamo che tutte le curve facciano cori discriminanti per arrivare ad una domenica di totale chiusura degli stadi”.

All’appello aderisce la stessa curva del Napoli, che si canta da sola i cori sul colera, il terremoto e il Vesuvio, poi espone lo striscione: “E ora chiudeteci la curva”. Passa per ironia partenopea, è di più: si sta saldando un patto fra ultrà.

Il 9 ottobre, la Lega di serie A spedisce lettera formale in Figc per modificare la norma sulla discriminazione territoriale. Quello che vogliono gli ultrà.

Interviene pure Gianluigi Buffon, capitano della nazionale, e dunque la squadra di tutta Italia. Dice: “E’ chiaro che il confine fra campanilismo, sfottò, discriminazione e offesa è molto labile”. E’ la tesi degli ultrà.

L’appello gira. Viene accolto pure dagli ultrà del Genoa. “In certi casi l’essere ultras è l’unica cosa che ci accomuna. Stanno distruggendo il nostro mondo”. Invece lo stanno rianimando.

Abete, presidente della Figc, si irrigidisce: “Cerchiamo di non diventare ridicoli nel far passare delle forme di offesa triviale come forme di goliardia o ironia, perché non lo sono. Come ha detto Malagò: non ci può essere discriminazione all’interno della discriminazione”.

Poi accade una cosa imprevista. Quella sera, Platini è a Cuccaro Monferrato per ritirare il premio Liedholm. L’Ansa lancia questa sua frase: “Discriminazione territoriale? E’ una parola che ho imparato questa sera”. Sembra una clamorosa marcia indietro. Si susseguono le versioni. Si parla di una cattiva interpretazione del suo pensiero. L’Agi batte la sua frase in altro modo: “Per l’Uefa esiste la discriminazione, l’aggiunta territoriale è una cosa italiana, seppur legittima”. E’ già diverso. E poi: “Vogliamo che i tifosi diventino i protagonisti dei campionati e decidano l’esito finale? Direi di no, penso sia giusto punire i tifosi e non farli entrare negli stadi e se non si riesce chiudiamo una parte dello stadio”. Ma intanto è già partita la nuova vulgata: l’Uefa non vuole la discriminazione territoriale all’italiana.

Il 10 ottobre, la voce del governo Letta. “Giusto distinguere tra cori razzisti e cori ironici. Il rischio è di vedere gli stadi vuoti”, la posizione del ministro per gli Affari regionali e lo sport, Graziano Delrio. “Serve una grande alleanza tra Ministero degli Interni, Ministero dello Sport, Governo, Parlamento e tutta la società civile”. Ma intanto sta montando la grande alleanza con gli interessi degli ultrà.
Abete prova a chiarire: “La discriminazione territoriale è presente nel Codice di giustizia sportiva dal 1989”. Sono le pene che la Figc ha inasprito, su indicazione dell’Uefa. Dice: “Credo che le parole di Platini siano state male interpretate, la norma Uefa è in vigore dall’1 luglio 2013”.

L’11 ottobre, la curva chiusa al Milan viene riaperta. La Corte di giustizia federale della Figc dispone un approfondimento sui cori e rinvia la decisione sul ricorso. E’ la prima vittoria degli ultrà.
Sono giorni in cui la nazionale italiana è a Napoli per giocare contro l’Armenia. Il ct etico Prandelli porta la squadra ad allenarsi a Quarto: testimonianza di solidarietà alla squadra antiracket.

Parla Insigne: “I cori di discriminazione territoriale? Contro il Napoli ne ho sentito tanti, in squadra siamo due napoletani e siamo quindi i più toccati da quei cori”.

Interviene pure Montella, napoletano, prima ancora che allenatore della Fiorentina: “I cori contro i napoletani danno fastidio e sono gravi come quei buu che si fanno a volte per il colore della pelle. Io sono napoletano e sono abituato a sentire quei cori. Dà fastidio anche se non ho avuto scompensi psicologici nel mio percorso di vita”.

Il 14 ottobre, Abete sferra un attacco alle società di calcio. “Sinceramente mi sarei aspettato che i dirigenti delle società reagissero alle prese di posizione ufficiali degli ultrà che hanno dichiarato l’intenzione di far chiudere tutte le curve sulla questione dei cori per discriminazione territoriale”. Non hanno reagito. Anzi le società hanno saldato la loro intesa con gli ultrà.

Il 15 ottobre, il programma “Un calcio al razzismo – Gioca con me” promosso dalla Juventus per educare i giovani all’integrazione e a combattere ogni forma di discriminazione, è tra i dieci progetti scelti in tutto il mondo dall’Unesco per la Giornata delle Nazioni Unite dedicata all’anniversario dell’adozione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

L’a.d. della Juve, Beppe Marotta, aveva detto pochi giorni prima: “E’ inammissibile che in serie A possa giocarsi a porte chiuse”.

Il 16 ottobre, il consiglio federale di Abete, due giorni dopo l’attacco alle società, accoglie i desideri delle società e mitiga le sanzioni, introducendo la condizionale. Poi ci prova: “Su razzismo e discriminazione non abbiamo abbassato la guardia. L’idea degli ultrà di fare cori discriminatori apposta per chiudere gli stadi? Se continueranno, gli organi di giustizia sportiva potranno continuare a sanzionare quel tipo di settore per 2-3 o 10 settimane. Possono pure stare a casa tutto l’anno”. Non succederà.

Linea al campo. Quattro ultrà della Fiorentina sono denunciati dalla Digos per episodi di violenza durante le partite contro il Pacos De Ferreira e l’Atalanta.

Il 18 ottobre all’Olimpico compare uno striscione: “Negate i biglietti a tifosi della stessa città e regione e poi parlate di discriminazione? Buffoni”. Biglietti. Trasferte. Messaggi in codice.

Il 19 ottobre, un’altra voce del governo Letta. Il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, prima di Milan-Udinese, commenta il provvedimento del consiglio Figc: “E’ una vittoria. Le partite devono essere feste, gli stadi devono essere aperti, devono andarci i bambini”.

Il concetto di festa del ministro Cancellieri è tutto da chiarire, mentre il 21 ottobre l’odio per Napoli e i suoi abitanti produce la chiusura (con condizionale, si capisce) della Nord e della Sud della Roma, della curva Primavera del Torino e del secondo anello di curva a San Siro sia per l’Inter sia per il Milan.

Incredibilmente, nessun provvedimento viene preso per i cori orribili degli ultrà della Fiorentina che inneggiano alla tragedia dell’Heysel.

La marcia indietro della Figc evidentemente non basta. Il 24 ottobre Lotito lancia una nuova proposta, che Galliani farà presto sua: “Settorializziamo ulteriormente le curve, per andare a circoscrivere in modo definito quelle porzioni di settore che determinano questi atteggiamenti non in linea con i valori dello sport”.

Il 25 ottobre, dopo un mese di ricerche, viene arrestato il capo ultras della Lazio, Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik. Nel suo covo un arsenale: mazze di legno, sfollagente, fruste, asce, catane giapponesi, una pistola a salve e munizioni.

A svelare i rapporti stretti fra club e gruppi organizzati, c’è il comunicato del Milan rivolto ai suoi ultrà: “La vostra forma di protesta contro una norma che appare per molti versi discutibile genera due effetti, entrambi indesiderabili. Un primo effetto è la limitazione ad accedere a San Siro. Un secondo effetto, molto più grave, è sentirsi accusare d’esser razzisti e di fare discriminazioni: eppure, il Milan è certo che nessuno di voi ha nel cuore sentimenti tanto incivili. La società farà quanto in suo potere per far modificare le norme che riguardano l’accesso agli stadi, ma ha bisogno del vostro aiuto. Ha bisogno cioè che ogni vostra eventuale, ulteriore protesta si manifesti altrimenti, con modi consentiti dalle norme vigenti e comunque tali da non far del male alla società e a voi stessi. Il Milan confida nella vostra collaborazione”. Traduzione: siamo con voi, voi siate con noi. Come si chiama questa cosa?

Il 26 ottobre, striscione nella Nord interista di San Siro: “Il progetto è chiaro: ci volete come non saremo mai… Così, seduti ed in silenzio”. L’opera di pressione prosegue.

Il 27 ottobre, Blatter dice: “Bisogna avere il coraggio di essere molto duri, escludendo le squadre da una competizione o penalizzandola. Solo con tali decisioni è possibile combattere razzismo e discriminazione. Se non lo facciamo queste cose accadranno ancora e ancora”.

Intanto accade ancora che gli ultrà ottengano ciò che vogliono. Prima Federico Marchetti, poi tutta la
Lazio vanno sotto la Curva Nord prima del posticipo con il Cagliari a scambiare qualche parola con i tifosi contestatori.

Il 28 ottobre viene chiusa la Curva Sud della Juventus con la condizionale. Cori contro i napoletani. E la Juve del premio Unesco dov’è? Parla Conte: “Ci sono pure gli insulti personali che raccogliamo in città come Firenze”. La culla del Rinascimento.

Saranno pure saldati nel patto, ma il 29 ottobre perché negarsi una sassaiola tra tifosi? Succede nei
pressi del casello autostradale di Bergamo, fra ultrà dell’Inter e dell’Atalanta. Il Sindacato italiano appartenenti polizia (Siad) emette una nota: “Per l’ennesima volta gli uomini e le donne delle forze dell’ordine hanno dovuto mettere a repentaglio la propria incolumità trovandosi coinvolti in una fitta sassaiola che ha provocato per fortuna solo danni materiali, sia agli autobus dei tifosi ospiti sia ai mezzi delle forze dell’ordine, in questo caso della polizia di Stato. Ci si chiede se sia ancora sopportabile subire questo tipo di atti da parte degli ultras atalantini che, nonostante l’ingente dispiegamento di forze sul territorio, riescono a colpire ancora. Ci si chiede se è ancora possibile sopportare una città blindata con notevoli disagi per la cittadinanza e il traffico, senza dimenticare i notevoli costi per la collettività dovuti all’impiego di uomini e mezzi delle forze dell’ordine e ai costi dei danneggiamenti che mai nessuno paga”.

Il 30 ottobre gli ultrà del Milan citano in uno striscione la Dichiarazione universale dei diritti umani: “Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione”. Colerosi, terremotati e Vesuvio come frutto della filosofia di Voltaire.

Il 5 novembre alcuni ultras irrompono a Bogliasco, al campo della Samp. “Garrone indegno. Lascia e ti applaudiamo”.

Il 10 novembre è il giorno del caso Nocera. Il derby con la Salernitana dura 20 minuti. Cinque giocatori si fingono infortunati e lasciano il campo determinando la sospensione della partita. Gli ultrà non volevano che fosse giocata, visto che non avrebbero potuto seguirla per un provvedimento restrittivo. Dibattiti sociologici, analisi di antropologia, trattati di criminologia. La Nocerina viene radiata ed esclusa dal campionato.

L’11 novembre punita la Juve per cori di discriminazione antinapoletani. Due turni alla Sud, uno alla Nord.

E’ un giorno importante per una dichiarazione capolavoro di Maurizio Beretta, presidente della Lega. “Calcio italiano nelle mani degli ultras? Penso proprio di no, almeno per quanto riguarda la Serie A”. Così dice al Processo del lunedì commentando i fatti di Salernitana-Nocerina. Beretta ha oggi cambiato idea?

Mario Macalli, presidente della Lega Pro, dice cose diverse. “A me viene da piangere a vedere queste cose. Noi siamo l’unica istituzione calcistica italiana che rispetta le regole e non china la testa davanti a questi delinquenti. Ho letto dichiarazioni che mi hanno fatto rabbrividire, anche del presidente del Coni. I presidenti di Coni e Figc non sanno cosa dicono, avremmo dovuto sottostare a 200 ultras. Chiedetelo ai presidenti degli allenatori e dei calciatori, che difendono questa gentaglia”. Macalli se la prende poi con alcune dichiarazioni degli opinionisti di Sky Sport.

Il 12 novembre, il ct etico Prandelli commenta pensieroso: “Abbiamo perso tutti”. E le curve chiuse? “Non è solo una provocazione, ma qualcosa di più”.

Evidentemente a Coverciano non si parlano. Oppure chissà di cosa parlano. Al ct che vuole una nazionale impegnata nella società, fa eco uno dei suoi fedelissimi: Riccardo Montolivo. Dice: “Curve in mano alla
criminalità organizzata? Non sono in grado di giudicarlo, ma da fuori credo che non sia così”. Da fuori, dove?

E’ il 23 novembre quando alla Juve viene una grande idea. Riempire di bambini le curve svuotate per squalifica. “La presenza dei bambini in curva è sempre positiva, sarebbe ancora più bello se i bambini e gli ultras vivessero insieme la partita in maniera educativa, tifando per la propria squadra e spingendo i propri beniamini oltre l’ostacolo”.

La Figc accetta. La sanzione è aggirata. Eppure oggi viene da dire che è stato quello l’unico momento in cui il calcio si è ripreso le curve, espellendo i violenti. Con quanta consapevolezza e sincerità nel farlo? Poca. Ecco le prove.

Sempre Antonio Conte: “Mi dispiace che non ci sia la parte calda del tifo, quello è il cuore pulsante dello stadio. Non avere le curve è un danno ingente per la squadra”.

Fabio Capello, ct della Russia, è la voce italiana più decisa da anni contro gli ultrà. A Fox Sports dice: “Come al solito si preferisce arrivare sempre in ritardo. Nel caso di Nocera devo dire che c’è stata convivenza tra le società e gli ultras. Alla Lazio Lotito ha avuto grossi problemi quando ha tolto il merchandising, i biglietti omaggio e gli ultras lo hanno contestato senza aiutare la squadra. Io mi pongo questa domanda: per chi giocano gli ultras? Per se stessi, per il loro business, per il loro piacere di essere protagonisti o per la squadra?”.

Il 24 novembre, la mancata vittoria contro il Genoa in dieci, scatena la protesta degli ultrà milanisti. Kakà, scortato da Abbiati, è obbligato a parlare con i tifosi. Ci prova anche Balotelli, ma le forze dell’ordine lo bloccano.

Il 27 novembre, diffuso uno studio del Viminale: i gruppi organizzati attivi sono 338, gli ultrà in Italia 41.120

Il 28 novembre, a Varsavia, la polizia polacca ne arresta 22 della Lazio, al seguito della squadra per una partita di Europa League. Vengono trovati in possesso di coltelli, tirapugni e paradenti. Tare, dirigente della Lazio, li difende. “Posso garantire che i nostri tifosi non sono stati violenti, speriamo che tutto si chiarisca e vengano rilasciati”. Ne nasce un caso politico che quasi diventa diplomatico. Dalla Polonia: “Sono banditi”. Il ministro degli Esteri, Emma Bonino, fa da scudo: “Parole sconvenienti”.
Arriva il giorno dei bambini nella curva Juve. Il ministro Delrio è felicissimo e twitta: “Oggi migliaia di bambini a tifare sport. Brava Juve. Stadi più belli con famiglie e sorriso”.

Ma i bambini sconcertano l’Italia urlando “merda” dalla curva al portiere avversario. Nessuno li ferma o li riprende.

Il 2 dicembre, Malagò cerca una pezza colorata: “Una volta tanto vediamo le cose in positivo. Su proposta mia e del presidente della Figc, Giancarlo Abete, la società si è fatta promotrice di una bella iniziativa. Non buttiamo a mare il lato bello della questione e cerchiamo di spiegargli che certe cose non vanno bene. Ma di certo non se le sono inventare loro”.

Capello, da Firenze, è severo: “In Italia non si sta affrontando con abbastanza coraggio il problema degli ultrà, che peggiora. Un episodio molto brutto c’è stato anche ieri a Torino, con i cori offensivi dei ragazzini, mentre i loro tutori non hanno fatto nulla. Lo speaker dello stadio avrebbe dovuto intervenire, invitandoli a incitare la loro squadra piuttosto che a offendere. Nessuno ha fatto nulla e i cori sono proseguiti, gli accompagnatori non hanno fatto nulla”.

Ai bambini juventini si agganciano gli ultrà della Nord a San Siro per rilanciare la loro richiesta di libertà di manovra. “12.000 bambini per esprimere valori genuini. Ora cosa chiudete??? Asili, scuole e giardini???”.

Il 9 dicembre è il giorno della guerriglia urbana a Torino in nome del Movimento dei Forconi. Si uniscono gruppi di ultrà di tifosi, riconoscibili i simboli del gruppo bianconero dei ‘Drughi’. Un’ora di battaglia: cassonetti e auto danneggiate, fumogeni, mattoni e bombe-carta contro la Regione, forze dell’ordine costrette a indossare maschere antigas e a lanciare lacrimogeni.

L’11 dicembre, tre tifosi dell’Ajax sono feriti in modo grave durante gli scontri, in piazzale Lotto a Milano, con ultrà milanisti. Quelli della Dichiarazione per i diritti dell’uomo.

Il 17 dicembre, due turni con le curve chiuse per i tifosi Inter e Roma. La condizionale è caduta: dovranno scontarli.

Il 18 dicembre, la Roma di proprietà americana, quegli Usa in cui la Nba sospende a vita il proprietario razzista dei Clippers, spiega che il razzismo era un equivoco. Il dg Mauro Baldissoni annuncia che farà ricorso: “Abbiamo delle immagini: il coro dei tifosi non è “Rossoneri squadra di neri”, ma “rossoneri carabinieri”. Quindi è un coro che non ha tematiche di razzismo”.

E a Milano? A Milano Galliani soccorre l’Inter, per ricambiare il favore di qualche settimana prima. “Quello che possiamo fare è vedere se possiamo contribuire a far sì che venga posticipato questo divieto per i tifosi: non ha senso. Quando entri in uno stadio e vedi un settore vuoto è una ferita. Io continuo a pensare che il razzismo sia una cosa e la discriminazione territoriale ce la siamo inventata noi in Italia. E’ una cosa che nulla ha a che vedere con il razzismo e non so perché è stata introdotta”. Si prova a scongiurare un derby con una curva vuota.

Il 19 dicembre, alla lobby milanese si aggiunge la voce dell’ex prefetto Achille Serra: “Io prenderei la decisione di aprire le curve, perché non posso mettere a repentaglio l’incolumità di famiglie, di bambini, di donne che vanno allo stadio. I buuu sono troppo facilmente definiti cori razzisti. Prendere a cattive parole un giocatore è sconveniente, poco educato, ma credo che sia sempre stato così nella storia del calcio e non solo in Italia, ma anche in altri stadi del mondo dove accadono cose ben più gravi”.

Il 20 dicembre la chiusura delle curve viene sospesa. Nasce la richiesta di acquisizione di maggiori dettagli. Il supplemento di indagine. E’ l’escamotage per congelare le pene ed evitare che siano scontate in partite di rilievo. Viene disposto il divieto di coreografie.

Il 22 dicembre, la curva che doveva restare chiusa, quella dell’Inter si lancia in ululati razzisti contro alcuni giocatori del Milan.

Il 23 dicembre del clima del derby parla il dirigente interista Fassone. Per prendere le distanze dagli ululati? No. Per dirsi dispiaciuto dell’assenza delle coreografie. “Le curve lavorano tanto tempo per prepararle e non vederle ha dato fastidio. Le tifoserie di Inter e Milan sono più vicine rispetto a quelle di altre città, in questo momento tra tifoseria c’è molta solidarietà”. E non solo fra loro, si direbbe.
Natale, siamo tutti più buoni. Tutti tutti, no. Nella notte fra il 23 e il 24 dicembre, Umberto Toia, uno degli storici capi ultrà della Juventus, viene aggredito nel suo bar a Grugliasco: viene ricoverato all’ospedale Martini di Torino in gravi condizioni. Gli aggressori lo picchiano con calci e spranghe. Un regolamento di conti del tifo bianconero. Il Fatto quotidiano pubblica un’inchiesta sulle faide interne tra ultrà per il controllo di attività economiche. E i loro rapporti di affari con i club.

Il 20 gennaio, al Bologna viene una bella idea: stemperare la tensione anti-Napoli con la canzone Caruso di Lucio Dalla prima del via. Diventa un caso. Gli ultrà fischiano, parte dello stadio si associa e intona cori anti-Napoli. Il presidente Guaraldi è mortificato e si scusa. Gianni Morandi, presidente onorario, prende le distanze e viene attaccato dagli ultrà. Il consiglio comunale cittadino si scusa con Napoli. E’ il solo episodio stagionale di dissociazione dai comportamenti incivili del pubblico.

Il 24 gennaio, gli ultrà di Genoa e Sampdoria si ribellano all’ipotesi di giocare di domenica alle 12.30. I “Gruppi ultrà della Gradinata Nord”, cuore del tifo genoano, e i sampdoriani del gruppo Ultras Tito Cucchiaroni fanno sapere che non entreranno. Così come l’Associazione Club Genoani e il Club “Figgi do Zena”. Le società tacciono. Scatta la mobilitazione della politica. Assessori scrivono a Beretta invocando il cambio dell’orario. Interrogazioni parlamentari. E il prefetto Balsamo – dopo aver assicurato che non esistevano ragioni per cambiare – decreta il posticipo al lunedì in notturna per motivi di ordine pubblico: la concomitanza con una fiera. Altro che trattativa, questa è direttamente una resa.

Il 31 gennaio, la Corte di Giustizia della Figc accoglie il ricorso del Milan e annulla la partita a porte chiuse. Ormai le sanzioni sono acqua.

Il 6 febbraio, nuova punizione alla Roma stabilita da Tosel per cori anti-Napoli. Un’ossessione lunga una stagione. Cade la condizionale: la pena diventa esecutiva. Beretta, presidente della Lega e dirigente Unicredit, la banca che è nella proprietà della Roma, dice: “Questa idea di punire tutti per colpa di qualcuno evidentemente non va bene”.

L’8 febbraio, alla cerimonia d’apertura dei Giochi di Sochi, il presidente del Consiglio Enrico Letta dice che “noi siamo il paese dell’unità, e ci riconosciamo in questi valori e nella lotta a ogni forma di discriminazione”. Quasi tutte, su.

Il 16 febbraio la Curva Sud firma uno striscione: “Meglio una curva chiusa che una curva ammaestrata”. E’ la sera in cui deve scontare contro la Samp il primo turno di squalifica. E il club? Prende le distanze? Macché. Mauro Baldissoni nel prepartita: “La situazione in cui si è cacciata il calcio italiano la definirei grottesca, parliamo di una norma non definita, esistente dal ’94, ma mai applicata”. Per lui l’errore è applicarla adesso, non aver evitato di applicarla prima.

A fine partita, i giocatori della Roma si danno la mano e corrono a fare il tradizionale saltello di esultanza davanti alla curva vuota. L’inchino agli ultrà squalificati.

Il 17 febbraio, Morgan De Sanctis, per anni portiere del Napoli, dice la sua: “Le curve chiuse? Siamo di fronte a un’anomalia. Non mi permetto di giudicare le istituzioni calcistiche, che molto probabilmente attuano un regolamento, purtroppo ci sono delle minoranze che continuano a manifestare un disprezzo, una disapprovazione, chiamiamola anche goliardia”. I morti del colera e del terremoto, l’auspicio che il Vesuvio ne faccia altri, l’odio contro Napoli (attenzione: l’odio contro Napoli): goliardia.

Il 18 febbraio, Tosel dispone che all’Olimpico siano chiusi anche i Distinti. Altri cori anti-Napoli.
La politica pronta a indignarsi contro il fenomeno ultrà, si fa sentire: Adesso si esagera. Meglio un colpevole impunito che mille innocenti penalizzati, meglio imparare a sorridere dei tanti slogan certamente sciocchi, magari inaccettabili che pero’ allo stadio si sono sempre sentiti senza troppo scandalo”. Così parlò Ignazio La Russa.

Il 19 febbraio Gennaro Gattuso, calabrese di nascita, decide da quale parte stare: “Discriminazione territoriale? Nel resto dell’Europa non esiste questa legge. Quella italiana è un’anomalia”.

Il 21 febbraio, la Corte di giustizia federale respinge il ricorso della Roma e conferma la chiusura dei Distinti Sud dell’Olimpico e delle curve.

Il 24 febbraio, la Roma ricorre all’Alta corte di giustizia presso il Coni, che il giorno dopo respinge la richiesta.

Il 27 febbraio, viene accolto il ricorso dell’Inter dalla Corte di Giustizia Federale. Fassone esulta: “E’ evidente la diversità tra la discriminazione razziale e quella territoriale”.

Il 1° marzo, il tifo romanista inscena una manifestazione sotto la Federcalcio: contro la discriminazione territoriale e contro gli errori arbitrali. La protesta, atuodefinita pacifica, ha tra gli slogan: “Figc soliti maiali”.

Il 4 marzo, torna sulla scena il presidente del Coni, Malagò, tifoso romanista: “La norma sulla discriminazione territoriale, così com’è, non è chiara, o quantomeno non è interpretata bene. Abete ne ha preso atto e ha assicurato che provvederà, ma a fine campionato per non condizionare e falsare la stagione in corso. Io oggi ho fatto solo da ambasciatore”. E ancora: “Se si puniscono gli insulti ai cittadini di Napoli è giusto anche punire le offese a tutte le altre città. E’ un fatto di buonsenso e faccio fatica a capire come uno non se ne renda conto”. Bene. Allora puniamoli tutti, non cancelliamo le poche sanzioni.
Intanto, la Digos di Milano esegue 4 perquisizioni domiciliari nei confronti di altrettante persone indagate per tentato omicidio. I quattro sono tutti appartenenti al gruppo ultrà milanista “Curva Sud Milano”. L’indagine è legata all’aggressione contro i tifosi olandesi dell’Ajax.

Il 7 marzo, torna a parlare Abete. “La norma c’è prima degli anni Novanta, nel momento in cui la sanzione è aumentata s’è posto un problema che affronteremo a giugno. La situazione ha un risalto mediatico grandissimo ma fin qui, su 42 società, ne sono state sanzionate solo tre”.

Il 9 marzo, ancora cori anti-Napoli dai tifosi della Roma che sono presenti al San Paolo. Lancio di petardi dalla curva A verso il settore ospiti e viceversa.

Il 10 marzo, il giudice sportivo Tosel chiede un supplemento d’indagine per cori anti-semiti percepiti allo Juve Stadium durante la partita con la Fiorentina”.

L’11 marzo Tosel delibera l’obbligo, da parte dell’Inter, di disputare una gara con il settore “Secondo Anello della Curva Nord” privo di spettatori, sanzione sospesa per un anno. E’ la decisione sul derby di dicembre. Tre mesi dopo.

Intanto, a Torino, i cori anti-semiti degli ultrà (che seguono altri cori osceni sulla tragedia di Superga) imbarazzano Mariella Scirea, la vedova di Gaetano, che si dice pronta a togliere il nome del marito a una delle curve dello Stadium.

Il 13 marzo, arriva la risposta dei Drughi, gruppo ultrà di riferimento del tifo juventino. Un attacco durissimo. “E’ incredibile come certe persone riescano a dimenticare tutto nell’arco di pochissimo tempo. Noi ricordiamo la Signora Mariella alla testa del corteo quel fatidico 1° Luglio, e mai avremmo immaginato che, sposando il vento nemico, cadesse nella trappola di remare contro i colori indossati dal compianto Gaetano (…) Varcò la soglia di Montecitorio grazie alla sua condizione di vedova di un grande campione, non certo per le sue qualità e tantomeno per la sua preparazione visto che, con il massimo rispetto, è ancora oggi in possesso solo di un diploma da perito aziendale, non proprio il massimo per rappresentare parte del Popolo Italiano. E non ci sono tracce significative del suo passaggio nella stanza dei bottoni, nulla di nulla. Ora l’uscita, sposata entusiasticamente da tutto il mondo nostro nemico di togliere il nome di Gaetano Scirea alla Curva Sud. Da considerare che i cori incriminati cantati da tutti da più di 20 anni, vengono intonati a pieni polmoni anche nella Nord, solo che quel settore dello stadio è riservato ai Club Doc ed indovinate chi è presidente del centro coordinamento? Bravi, proprio la signora in questione che preferisce tacere per evitare di doversi dimettersi da un incarico evidentemente ben remunerato. Forse la signora non sa, e siamo qui per farglielo notare, che ovunque, dal sito della società compreso ai biglietti, passando per le indicazioni stradali fino agli abbonamenti, si parla sempre e solo di Tribuna Sud. Il nome di Gaetano Scirea non è mai contemplato quindi non capiamo come faccia a togliere qualcosa che semplicemente non esiste. Su una cosa siamo tutti d’accordo: giusto evitare tutti di strumentalizzare un Campione amato da tutti. Quindi accettiamo l’invito (ribadiamo invito perché non esiste un documento ufficiale che ne abbia decretato l’intitolazione al marito) della signora e da ora in poi il cognome Scirea non identificherà più il settore più vero e sincero dello Stadium, ma anche lei facesse altrettanto tornando a farsi chiamare con il cognome da nubile: Cavanna. Avendo conosciuto la riservatezza di Gaetano, siamo certi che non avrebbe gradito una moglie così invadente che, facendosi scudo di un cognome acquisito, si è fatta strada nel mondo della politica e dello sport dimostrando di non conoscere il primo e tantomeno il secondo”. E concludono: “E’ evidente dopo le Sue dichiarazioni, l’incompatibilità con il ruolo attuale di presidente del centro coordinamento, pertanto La invitiamo alle ovvie conclusioni di dimissioni inequivocabili. Siamo stati chiari, Signora Cavanna”.

Siamo stati chiari. E chiarissimo è il silenzio ufficiale della Juventus su quest’episodio. Nessun commento.

Il 17 marzo, i tifosi del Torino lanciano cori anti-Napoli. Il giorno dopo Tosel chiude la curva ‘Maratona’, sanzione sospesa per un anno.

Il 27 marzo, ultrà del Catania e del Napoli assaltano il bus della Juve: vengono identificati e denunciati.

Il 28 marzo, con tanti presidenti nel mirino delle contestazioni degli ultrà, la Lega prova a rompere l’abbraccio mortale e denuncia “la gravissima violazione dei diritti delle società sportive ad essa associate, che viene attuata da alcune tifoserie le quali, accampando imprecisati diritti di proprietà “morale”, pongono in essere azioni tese a danneggiare i club, le squadre e i calciatori. Da qualche tempo – si legge nella nota – alcune società sono sottoposte ad una vera e propria aggressione, non solo morale, che incide sulla serenità dell’ambiente e sulla capacità di generare risorse da reinvestire negli stessi club: e questo avviene, ad esempio, con azioni di boicottaggio delle presenze negli stadi o con l’esibizione di cori e striscioni al solo fine di provocare sanzioni a danno delle società sportive. Ancora più grave è il danno di immagine causato da cori orchestrati di insulti ed intimidazioni che, ripresi dalla stampa e dai media, colpiscono l’immagine del nostro calcio, delle società e delle loro città”. Il presidente della Lega è quel Beretta al quale qualche mese prima non risultava che il calcio italiano fosse in mano agli ultrà.

Il 30 marzo, cori di discriminazione territoriale al San Paolo da parte dei tifosi della Juventus. Bottiglie di plastica lanciate dai Distinti verso Pirlo.

Il 15 aprile, nell’ambito dell’attività investigativa della Squadra Tifoserie della Digos di Roma in collaborazione con la Questura di Verona, sono sottoposti a perquisizione domiciliare e indagati 3 ultras giallorossi, ritenuti responsabili di lesioni personali, per aver aggredito durante Verona-Roma “steward” intervenuti nel settore ospiti per interrompere un fitto lancio di petardi.

Il 29 aprile, la decisione che Inter-Lazio si giocherà senza tifosi in Curva nord, chiusa per due turni di cui uno da scontare nel prossimo campionato. Ancora cori di odio contro Napoli.

Thohir debutta nel circo delle dichiarazioni del calcio italiano. “Curva chiusa per razzismo? Rispetto le decisioni, ma non credo erano cori razzismo. Mi sembravano più cori legati alla rivalità tra le due città”. Il lungo viaggio dall’Indonesia lo ha portato fra le braccia delle tesi dei suoi ultrà.

Il 2 maggio, vertice sicurezza in vista della finale di Coppa Italia. L’Ansa batte un lancio: “Riflettori puntati sul rischio di tensioni tra supporter viola, azzurri ed alcune frange di ultras giallorossi infiltrati. E’ allerta sicurezza in vista della finale di Coppa Italia, Napoli-Fiorentina, che si svolgerà domani alle 21 allo stadio Olimpico di Roma. Per questo le forze dell’ordine hanno preparato un piano di accoglienza per evitare qualsiasi contatto con le tifoserie opposte soprattutto nei pressi dello stadio, ma anche con eventuali gruppi di romanisti in strada.

Ci sarà molta attenzione soprattutto a fine gara, quando i tifosi della squadra vincitrice si riverseranno nella Capitale: è previsto un aumento dei pattugliamenti soprattutto nelle zone della movida capitolina. In merito all’interno dell’Olimpico, i settori Sud e Monte Mario saranno riservati alla tifoseria fiorentina, mentre i settori Nord e Tribuna Tevere assegnati alla tifoseria napoletana. Verranno costituite due fasce di sicurezza: una in Tribuna Tevere lato Sud ed una in Tribuna Monte Mario lato Nord. I circa 27.000 tifosi della Fiorentina dovranno avvicinarsi alla Capitale attraverso i caselli Autostradali A1 Roma Nord e A12 Torrimpietra-Aurelia. A bordo dei pullman, i supporter viola, saranno poi scortati dal personale delle forze dell’ordine direttamente allo stadio, percorrendo itinerari specifici. Altri punti di raccolta per gli altri tifosi fiorentini saranno le aree di sosta di Piazzale Clodio e nell’area adiacente alla stazione metro Cipro, da dove raggiungeranno l’impianto sportivo con navette Atac mentre per i tifosi del Napoli l’area indicata è Saxa Rubra. Ad aspettare i supporter partenopei ci saranno i pullman con le forze dell’ordine ai due caselli Autostradali A1 Roma Sud e Roma Est. Da qui saranno accompagnati allo stadio percorrendo itinerari predeterminati, parcheggiando nella zona esterna a nord dello stadio Olimpico, per una capienza totale di circa 160 pullman.

Il resto è Genny la carogna.

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