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Fino a tre anni fa i club in Turchia rischiavano il collasso, oggi possono ingaggiare Osimhen a sei milioni l’anno

L’analisi del Foglio. I club risparmiano sui cartellini e spingono sugli ingaggi, aiutati da enormi contratti di sponsor e da un network di banche di proprietà dello stato

Fino a tre anni fa i club in Turchia rischiavano il collasso, oggi possono ingaggiare Osimhen a sei milioni l’anno

Sul Foglio, Marco Gaetani si chiede come sia possibile che il calcio in Turchia possa permettersi di ingaggiare stelle da tutta Europa. Un dubbio motivato anche dal fatto che “non più tardi di tre anni fa, il calcio turco pareva prossimo al collasso“. Stava per fallire per via della “svalutazione della lira turca, del Covid, e di un certo malcontento da parte dell’esecutivo“. Avevano iniziato a spendere meno, poi negli ultimi anni il boom di grandi nomi.  Mauro Icardi, Edin Dzeko, Ciro Immobile e, con un colpo a sensazione, persino Victor Osimhen che al Galatasaray oggi guadagna sei milioni l’anno.

In Turchia i club risparmiano sui cartellini, in contrasto con la necessità teorica di fare player trading

Appare quanto meno bizzarro la mole di investimenti, soprattutto in termini di ingaggi, se si considerano alcuni aspetti. “I diritti tv del campionato turco sono stati venduti a una cifra relativamente bassa – nell’estate del 2023 è stato infatti siglato un accordo biennale da 370 milioni di dollari complessivi – e non sono nemmeno i soldi della Champions League a foraggiare i club, se si considera che nell’edizione che sta per prendere il via non ci sono club turchi“.

Rimangono gli sponsor. È grazie a loro che i club possono permettersi ingaggi monstre. “Quel che è indubbia è la capacità dei grandi club turchi di attirare sponsor di un certo peso: il Galatasaray, per esempio, ha in corso due contratti di sponsorizzazione con Sixt (quinquennale da 100 milioni di euro siglato nel 2023, rinnovando un rapporto iniziato nel 2020) e Socar (l’azienda petrolifera statale azera ha firmato un triennale da 15 milioni di euro per le sole partite europee), con Rams Global che detiene i naming rights dello stadio e, un anno fa, annunciò orgogliosamente di avere avuto un ruolo attivo nel finanziamento della trattativa per il riscatto del cartellino di Mauro Icardi“.

Il Foglio aggiunge:

Un anno fa, provando a fare i conti in tasca alle quattro big, l’economista Kerem Akbas stimava in due miliardi di euro il debito complessivo delle società. A pesare in maniera enorme sono gli ingaggi, mentre sui cartellini si cerca di risparmiare, lavorando soprattutto su prestiti e parametri zero: una realtà che va in contrasto con la necessità teorica di fare player trading per provare a risanare delle casse che risultano disastrate”. Infine, quindi, “ad assistere Galatasaray, Fenerbahçe, Besiktas e Trabzonspor è arrivato un network di banche di proprietà dello stato. Il calcio, in Turchia, è anche e soprattutto una questione di populismo“.

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