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Vagnozzi: «Doping? Eccezionale come Sinner ha gestito la situazione a soli 23 anni»

Al CorSport: «È stata una montagna russa di emozioni, io e Darren in quei mesi prima di dire qualcosa ci pensavamo 10 volte»

Vagnozzi: «Doping? Eccezionale come Sinner ha gestito la situazione a soli 23 anni»
Italy's Jannik Sinner's Australian coach Darren Cahill (L) and Italian coach Simone Vagnozzi (R) watch him play against Russia's Daniil Medvedev during their men's quarterfinals match on day ten of the US Open tennis tournament at the USTA Billie Jean King National Tennis Center in New York City, on September 4, 2024. (Photo by Kena Betancur / AFP)

Simone Vagnozzi è il coach di Jannik Sinner. Oggi Alessandro Nizegorodcew lo ha intervistato per il Corriere dello Sport.

Vagnozzi: «Non ha subìto troppo i attacchi da parte dei colleghi»

Il coach di Sinner inizia con gli Slam vinti da Sinner, a Melbourn e a New York:
«La vittoria in Australia è stata una bomba esplosiva. Si trattava del primo Slam, per di più recuperando due set di svantaggio. A New York abbiamo vissuto un senso di liberazione a causa di tutto ciò che era accaduto».

Agli Us Open Sinner ha dimostrato una forza mentale fuori dal comune:
«In quei mesi complicati abbiamo cercato di fare la nostra parte, parlando il meno possibile con Jannik della vicenda doping se non per il minimo indispensabile. L’obiettivo era concentrarci sul lavoro. Noi abbiamo fatto il nostro, ma il grande merito è stato di Jannik perché alla fine ad andare in campo è lui».

Vagnozzi continua:
«Non avere alcuna colpa ed esserne cosciente è stato l’aspetto più importante per superare quel lungo e complicato periodo. È stata una montagna russa di emozioni, ma il modo in cui l’ha affrontata a 23 anni è stato eccezionale. Non ha subìto troppo gli attacchi da parte dei colleghi – devo dire pochi, tre o quattro – Non si possono controllare le persone, bisogna andare dritti per la propria strada. Tutti sanno che ragazzo sia Jannik e, comunque, bastava leggere le carte per comprendere l’accaduto».

La vicenda di doping ha investito anche lo staff di Sinner, e quindi anche Vagnozzi e Cahill:
«Io e Darren dovevamo capire i momenti cercando di aiutarlo quando possibile. Se in genere si pensa due o tre volte prima di esprimere un concetto, in quei mesi era necessario farlo anche 10 volte. Abbiamo provato a farlo vivere al meglio, con meno pensieri negativi in testa. È stata una situazione complicata: non potevamo parlarne con nessuno al di fuori del team, è stata una prima volta per tutti».

«Sinner può migliorare sicuramente nel servizio»

Sul pianto tecnico, Sinner ha margini di miglioramento:
«Sicuramente nel servizio, che può essere ancora più vario. La prima inoltre fa molto male quando entra, ma bisogna migliorare le percentuali; lo slice di rovescio che ho visto a New York mi è piaciuto molto, ma può utilizzarlo ancora di più e in maniera più efficace. E poi la discesa a rete, lo smash, qualche variazione in più da fondocampo come i cambi di altezza o colpi più stretti. C’è ancora tanto da fare».

E il merito coach Cahill?
«Darren è prima di tutto una grande persona. Le qualità da coach sono note a tutti, ma è davvero un essere umano speciale. Nel team ha portato soprattutto esperienza e calma, aspetti importantissimi nella gestione dei grandi tornei».

Adesso c’è da ricomporre il resto del team:
«Sì, entreranno un nuovo preparatore fisico e un fisioterapista. Avremo bisogno di un periodo per conoscerci, ma è normale che sia così. Vorrei sottolineare il grande apporto di Andrea Cipolla a New York, è stato fondamentale».

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