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Vavassori: «In Davis i consigli di Sinner decisivi per Berrettini. Gli ha detto di arretrare per rispondere»

Al Corsport: «Vede il gioco da numero uno. Sono cresciuto su un campo in asfalto costruito da mio nonno, poi lo abbiamo trasformato in erba sintetica»

Vavassori: «In Davis i consigli di Sinner decisivi per Berrettini. Gli ha detto di arretrare per rispondere»
Italy's Andrea Vavassori returns to Norway's Casper Ruud during their men's singles second round tennis match on Court Suzanne-Lenglen at the Roland-Garros Stadium at the Paris 2024 Olympic Games, in Paris on July 29, 2024. (Photo by Miguel MEDINA / AFP)

Vavassori: «I consigli di Sinner in Davis sono stati decisivi per Berrettini. Guarda le partite da numero uno».

Il tennista italiano Alessandro Vavassori è stato intervistato dal Corriere dello Sport, a firma Alessandro Nizegorodcew.

«Sono cresciuto su un campo in asfalto costruito da mio nonno, che osservava ogni mio allenamento. Su quel campo, che negli anni abbiamo trasformato in erba sintetica».

Il tennis è sempre stato il suo obiettivo di vita?
«Non ho mai avuto altri sogni, avevo la strada ben chiara in mente. Ero consapevole delle difficoltà, ma anche che il duro lavoro non mi avrebbe mai spaventato. Ho dovuto affrontare delusioni e battute d’arresto, che sono però state fondamentali per la mia crescita professionale e umana».

La visita di Sinner vi ha fatto piacere?
«Jannik è una persona positiva per il gruppo squadra e per tutto il movimento tennistico italiano. È genuino, umile, mi ha fatto molto piacere la sua presenza a Bologna, è un grande segnale di vicinanza. Seguire il match tra Berrettini e Van de Zandschulp a bordo campo, accanto a lui, è stato incredibile».

Perché?
«I suoi spunti tecnico-tattici sono sempre interessanti. È il numero 1 e vede il gioco da numero 1. Alcuni momenti li ha letti in maniera incredibile, come quando ha suggerito a Matteo di rispondere qualche passo più indietro per iniziare lo scambio con il dritto carico in top spin. È stata una delle chiavi del successo di “Berretto”».

Le è dispiaciuto accantonare il singolare a causa dei grandi risultati in doppio?
«Un po’ sì, perché stavo giocando benissimo e avevo la Top100 ATP nel mirino. Avevo raggiunto i quarti di finale a Buenos Aires e il secondo turno a Miami, disputando alcuni bei match contro Alcaraz e Sinner. Ma non si può far tutto. I risultati straordinari in doppio hanno condizionato, per fortuna, la programmazione. Spero però di poter giocare le “quali” a Melbourne».

Vavassori: «Vengo da una famiglia normale. Si può arrivare nell’Olimpo del tennis anche con un budget ridotto» (Repubblica)

Andrea Vavassori, campione di doppio misto allo Us Open con l’eterna Sara Errani, si è raccontato in un’intervista a Repubblica.

La prima domanda è d’obbligo: com’è la sensazione?
«Oh, bellissimo. Poi con Sara, un vero esempio. Per atteggiamento, positività. Posso solo prendere cose da lei: è nato tutto con le Olimpiadi, speriamo di continuare ancora».

Beh, oggi può dire tutto. Soprattutto per chi, come lei, ha sofferto l’assenza di visibilità.
«Penso che alla fine tutto torna: se uno lavora bene, crede nel lavoro, nel processo, alla fine si toglie le giuste soddisfazioni. Le
soddisfazioni stanno arrivando, piano piano mi sto togliendo tanti sassolini».

Quindi oggi può raccontare la sua storia.
«Da bimbo guardavo i grandi tornei, gli Slam e sognavo di vincere Wimbledon. Poi sono cresciuto: mi piaceva tantissimo il doppio, avere un compagno mi dà energia. Sarà che mi sono sempre piaciuti gli sport di squadra anche se non li ho mai praticati».

«La mia è una famiglia normale, non ho mai avuto soldi da investire. Io sono sempre stato una persona cresciuta piano piano, non ho avuto balzi incredibili. Sono un ragazzo umile, tutto è nato nel campo di famiglia. Poi c’è stato il Circolo Monviso, e il Pinerolo».

La famiglia.
«Se sono qui è grazie a mio padre, a mia madre e alla famiglia. Papà Davide mi è sempre stato accanto. Poi il rapporto padre-coach non è sempre semplice, ma noi abbiamo un rapporto incredibile, anche se ci sono le sfuriate qualche volta. La cosa nostra bella è che mezz’ora dopo è finita. È un rapporto forte, nessuno dei due se la prende quando l’altro sbaglia. Io so benissimo che a volte con lui sono magari troppo severo, e allo stesso modo lui: ci veniamo incontro. Alla fine vuole solo il mio bene, mi ha dato una mano enorme…».

Un successo fatto in casa.
«La cosa bella che posso anche tramandare alle generazioni che stanno arrivando è che anche con un budget ridotto, con delle
possibilità non enormi, si può arrivare nell’Olimpo del tennis, perché alla fine stiamo parlando di questo. Fino a uno Slam. I ragazzini che crescono possono prendere la mia storia, sapere che si può fare».

Il doppio, la chiave di tutto.
«Da piccolo mi mettevo sotto rete e sfidavo gli amici a colpirmi: non ci riuscivano quasi mai. Ho sempre creduto nel doppio, ha un uso didattico e penso sia poco valorizzato ad alti livelli. Eppure abbiamo singolaristi che si sono migliorati giocandolo, o che hanno trovato nel doppio una seconda carriera, una seconda vita».

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