Dopo Rocchi e Giacomelli alla prima di campionato, ecco altri due errori gravi nel match del Ferraris. L’analisi secondo la “legge” dell’Aia.
Come fatto a suo tempo per il caso-Zielinski in Pescara-Napoli, al Napolista abbiamo deciso di capire cosa prescrive il regolamento in merito ai due episodi dubbi della partita di ieri sera, a Genova. L’arbitro Damato è stato protagonista di due decisioni controverse che hanno fatto arrabbiare molto Sarri e i tifosi del Napoli. Le proteste, lo anticipiamo subito, trovano conforto nel regolamento. Ovviamente, però, quella del calcio è una “legge” fortemente interpretativa, che non può essere del tutto basata su un giudizio obiettivo o oggettivo ma fa comunque (e in ogni caso) fede alla visione dell’arbitro.
Iniziamo non a caso da questi due fotogrammi, e (altrettanto non a caso) dall’ultima frase che abbiamo scritto: la visione dell’arbitro. In entrambi i casi – anche se “visuale” sarebbe lessicalmente più corretto – è libera da ingombri o “impalli”. Ergo, non ci sono ostacoli tra l’episodio incriminato e il signor Damato, che quindi può valutare e decidere in maniera totalmente serena. Detto questo, analizziamo gli episodi e la parte di regolamento che se ne occupa.
Il fallo di mani di Ocampos
La parte del regolamento intitolata “Falli di mano” è a pagina 91 del file pdf ufficiale (qui) e recita testualmente: Un calcio di punizione diretto o un calcio di rigore è parimenti assegnato se un calciatore commette una delle seguenti infrazioni: tocca intenzionalmente il pallone con le mani (ad eccezione del portiere nella propria area di rigore).
Il fallo di mano implica un atto intenzionale di un calciatore che con la mano o il braccio viene a contatto con il pallone. I seguenti criteri devono essere presi in considerazione: il movimento della mano verso il pallone (non del pallone verso la mano); la distanza tra l’avversario e il pallone (pallone inaspettato); la posizione della mano non significa necessariamente che ci sia un’infrazione; toccare il pallone con un oggetto tenuto nella mano (indumenti, parastinchi, ecc.) è considerato come un’infrazione; colpire il pallone lanciando un oggetto (scarpa, parastinchi, ecc.) è da considerarsi un’infrazione.
La lettura primi due punti della parte in corsivo, indicherebbe già l’errore di valutazione di Damato, che evidentemente non considera volontaria la giocata di Ocampos. Un errore anche in base alla postilla immediatamente successiva (pagina 100):
Per decidere sull’eventuale intenzionalità del tocco di pano, l’arbitro deve valutare se il contatto tra il pallone e la mano o il braccio è voluto dal calciatore o se questi allarga, alza, muove o, comunque, tiene le mani o le braccia con l’intenzione di costituire maggior ostacolo alla traiettoria del pallone. Non deve però essere considerato intenzionale il gesto istintivo di ripararsi il viso o il basso ventre dal pallone.
Ocampos, con le braccia, aumenta la superficie corporea con la quale controlla il pallone. Quindi, in qualche modo, «allarga, alza, muove o comunque tiene le mani e le braccia con l’intenzione di costituire maggior ostacolo alla traiettoria del pallone». Quella storia che i telecronisti definiscono come “aumento del volume del corpo”. Bene, ecco un caso. Ed ecco un errore. Il primo di Damato: di valutazione, sì, ma anche e soprattutto in relazione al regolamento.
La trattenuta di Orban su Milik
Un classico caso di trattenuta, che inizia fuori dall’area di rigore e prosegue dentro. Un caso esplicitato in maniera chiara in due punti del regolamento:
Un calcio di punizione diretto, o un calcio di rigore, è parimenti assegnato se un calciatore commette una delle seguenti infrazioni: tocca intenzionalmente il pallone con le mani (ad eccezione del portiere nella propria area di rigore); trattiene un avversario (pagina 91, e c’è anche e di nuovo il caso del fallo di mani). Se un difendente inizia a trattenere un attaccante fuori dell’area di rigore e prosegue a trattenerlo all’interno di questa, l’arbitro deve assegnare un calcio di rigore (pagina 94).
Anche in questo caso, Damato fa una valutazione sbagliata: la trattenuta c’è, è evidente e non sanzionata. L’arbitro, quindi, ha deciso deliberatamente che quello non era fallo. Non sarebbe stato neanche calcio piazzato, così come spiegato bene nel regolamento: una trattenuta che comincia fuori area e prosegue all’interno dei 16 metri, va punita con il calcio di rigore. Qualcuno ha storto il naso sulla caduta “troppo plateale” di Milik. Vero finché si vuole, ma l’effetto scenico di una conseguenza non cancella il fatto che l’ha determinata. Damato, semplicemente, ha deciso che quello non era fallo. A nostro avviso, ha sbagliato. Anzi, non solo a nostro avviso. Anche a titolo di regolamento.