Il nostro sito è appena al suo secondo giorno di vita e già incrocia un tema extracalcistico ma “napolista” a tutti gli effetti. Ossia la sentenza della Corte di Cassazione che ha ritenuto lecita la declamazione in senso negativo di una frase ascoltata tante volte: “Non faccia il napoletano”. Un insulto? Certamente, se ragioniamo sui binari del politicamente corretto. Ma sarebbe solo una superficiale reazione d’orgoglio limitarsi a sentirsi offesi. Anche perché chi l’ha pronunciata non è stato un padrone nordista e xenofobo ma addirittura un giudice di Parma che in aula, stanco dei giri di parole di un teste campano, se ne è uscito con questo perentorio invito: “Non faccia il napoletano”. Ora che la furbizia dei napoletani, soprattutto nel tirarla per le lunghe, sia proverbiale, non ci sono dubbi. I propri difetti bisogna ammetterli. E lo sappiamo soprattutto noi emigranti che fuori da Napoli, a prescindere dal lavoro svolto (giornalista o muratore o impiegato) abbiamo dovuto abituare le nostre orecchie a considerazioni del genere: “Sei bravo ma un po’ napoletano” oppure “Sei napoletano ma un grande lavoratore”. Il pregiudizio esiste ed è inutile nasconderlo oppure liquidarlo con difese di circostanza. I napoletani sono un po’ come le donne in carriera: devono sempre fare il doppio per essere giudicati affidabili. Di chi la colpa, dunque? Della nostra storia e del nostro carattere. Nel 1964, in un libro memorabile intitolato “Gli Italiani”, il grande Luigi Barzini individuava nel nostro modo di essere e di vivere la differenza tra lo sviluppo del Nord e l’arretratezza del Mezzogiorno. Nella nostra città convivono da secoli varie anime. Quelle più lavoratrici e per niente furbe, però, sono ancora minoranza. Anche per questo il grido di Eduardo, “fujitevenne”, resiste drammaticamente. Facciamocene una ragione.
Non facciamo gli offesi
con la Cassazione
ilnapolista © riproduzione riservata