Dopo quasi tre mesi si torna a cogliere una vittoria in trasferta. Il Pocho firma una bella doppietta. Santacroce non sembra aver risentito dei quasi sette mesi d’assenza. I gufi dovranno rimandare a data da destinarsi il solito fiume di critiche, sono felice ma,… ma proprio ora, un pensiero mi assilla. La paura di vincere.
Siamo al rush finale, ogni partita ha un sapore molto più intenso e considerando l’andamento pazzo di questo campionato, nulla può darsi per scontato. Tutto, qualsiasi piccolo dettaglio, può rivelarsi alla fine, fondamentale per la nostra gioia. E se è vero che nel corso di questa stagione, l’entusiasmo è stata la nostra arma in più che ci ha permesso di sbeffeggiare con irriverenza formazioni ben più blasonate della nostra e ci ha fatto annusare profumi che da queste parti non si sentivano da quasi un paio di decenni, è altrettanto vero che nei momenti in cui si doveva manifestare maturità e continuità, abbiamo inesorabilmente rallentato la nostra corsa, mostrando il fiocchetto tricolore e il grembiule blu, materializzandosi appunto, la paura di vincere.
Quando questa squadra ha nel mirino l’obiettivo ed è costretta a fare bottino pieno, soprattutto se di fronte non ha un’odiata maglia a strisce o non calchi il manto erboso del Meazza, ecco che questa fastidiosa sensazione inizia a propagarsi nelle teste, nelle gambe e nei piedi dei nostri ragazzi. E’accaduto in passato, è successo sabato scorso, a Fuorigrotta, contro il Parma, ed è ricapitato ieri, in maniera simile al San Nicola di Bari. Ma se quella con i ducali s’è conclusa in maniera disastrosa con una impronosticabile sconfitta, per lo meno questa volta, si è riusciti a mettere nel carniere tre importantissimi punti per continuare a rimanere attaccati al nostro treno dei sogni e a sperare.
Con un Castillo che praticamente s’è annullato da solo e con l’unico potenziale pericolo rappresentato dalla velocità sulla fascia destra di Flash Alvarez, ben controllato da un buon Camillone Zuniga, il Bari non ha creato rischi degni di nota per la nostra difesa, seppur in piena emergenza. Per più di un’ora il Napoli è riuscito senza particolari patemi a gestire il doppio vantaggio ed ha ben rintuzzato le sporadiche ed approssimative sortite pugliesi. Dal 30° della ripresa, cioè da momento della zuccata vincente di Almiron, sino alla fine però, lo scenario è totalmente cambiato. E’iniziato un nuovo gioco. La palla avvelenata. Il terrore di non portare a casa il risultato anche questa volta, ha reso il pallone, un oggetto nocivo da evitare, manco fosse la bomba H. Lanci sistematici in avanti verso l’uomo invisibile e la totale incapacità di tenere palla e far salire la squadra lontana dall’area di De Sanctis, hanno evidenziato questa tendenza autolesionista. Per fortuna ieri pomeriggio, ci siamo trovati di fronte una formazione demotivata e senza obiettivi che ha reso meno traumatico il finale di gara e che ci consente di guardare avanti con più fiducia. Ma se prima ci rammaricavamo di non essere cinici e di non essere capaci di chiudere le partite, questa volta invece, pur non avendo manifestato un pulsante cuor di leone, siamo riusciti a vincere. Ed alla fine, la vittoria è l’unica medicina per ogni male. L’unica iniezione che possa eliminare questo tarlo che ho nella testa, la sola che possa infondere entusiasmo e forza ai nostri ragazzi per accoppare quel masochismo e il nostro odiatissimo limite, quella stramaledetta paura di vincere.
Avanti così Napoli, senza timore. Noi ci crediamo.
Forza Napoli Sempre
Gianluigi Trapani
I gufi e la paura di vincere
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