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Napoli madre e padre, matrigna e patrigna

Partire è un po’ morire, restare significa intristirsi. E il calcio azzurro serve (potrebbe servire) a recuperare energie positive. L’articolo “pugliese” mi ha fatto riflettere. Non conosco personalmente Ilaria anche se da quando c’è il Napolista quotidianamente ci postiamo. Nonostante i nostri cellulari non siano reciprocamente rubricati, è nato un feeling. Entrambi siamo rimasti a Napoli ed entrambi siamo un po’ incazzati con la nostra amata città (e la nostra amatissima squadra). A differenza di chi è andato via (cfr. l’eduardiano “fujtavenne”) e vive i suoi giorni nella nostalgia di via Caracciolo e degli scorci di via Scipione Capece di maradoniana memoria, noi che day by day combattiamo col parcheggiatore abusivo e la precarietà di qualsiasi lavoro, siamo incazzati con mamma Napoli e papà il Napoli. Dico sempre che se fossi di Bergamo quasi certamente sarei leghista e razzista. Per comprendere a pieno la napoletanità devi viverla, se ti allontani ti imbuonisci e arrivi a convivere col patetico. Lo scrive chi è immerso nel ricordo di Diego Armando e nella fierezza di averlo difeso (invano) dalle pretese del fisco italiano. Quindi sono patetico anch’io. Ma con fierezza. Una fierezza tutt’azzurra che ambisce ad una rivincita almeno sul rettangolo di gioco. Se è vero che la fede, la Fede, non ha radici nella ragione e nemmeno si può spiegare, la mia Fede ha una fiducia calcistica. Che nascano qui un nuovo Milito e un altro Messi (riferimenti argentini obbligatori) e ci aiutino nella lotta costante contro il “fancazzismo partenopeo” che da lontano avremmo vissuto con maggiore indulgenza. Aurelio, aiutaci a mantenere la fierezza della nostra Fede azzurra. Sia una panacea di cui essere orgogliosi.
Giuseppe Pedersoli

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