Nadal, Iniesta, Contador, Alonso, Gasol. Diciotto anni fa erano poco più che bambini. Eppure il miracolo Spagna è nato proprio diciotto anni fa. La data è quella delle Olimpiadi di Barcellona 1992 creatura dell’allora presidente del Cio Juan Antonio Samaranch che regalò alla sua città i Giochi della XXV Olimpiade con la stessa forza di volontà con la quale Joseph Blatter ha voluto i Mondiali di calcio in Sudafrica. In quei Giochi la Spagna conquistò 22 medaglie, 13 d’oro. Non era mai successo che salisse così in alto nel medagliere olimpico. In quei Giochi una città, Barcellona, fu completamente trasformata grazie allo sport. E da allora la Spagna ha capito che investire sullo sport significa aprire una vetrina internazionale incredibile. Come Barcellona, Valencia ha cambiato faccia grazie alla Coppa America, Siviglia grazie all’Expo ed ai Mondiali di Atletica. E i paragoni si sprecano.
L’Italia ci ha provato ma le Olimpiadi di Roma 2004 sono crollate sotto i colpi degli editoriali di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera e della lobby che ha voluto Torino 2006, la Coppa America è sfumata per l’inconsistenza della classe politica napoletana divisa su tutto.
Il portale del turismo spagnolo, Spain.info, scriveva in tempi non sospetti, nel 2008, all’indomani del successo dell’Europeo: “Campioni del mondo di basket. Campioni europei di calcio. Medaglia d’oro olimpica, campione di Wimbledon, dell’Open d’Australia e vincitore degli ultimi cinque Roland Garros e della Coppa Davis. Vittoria finale del Giro d’Italia e degli ultimi tre Tour de France. Due volte campioni del mondo in Formula 1. Questa è solo una parte della vetrina sportiva della Spagna, non fatevi sfuggire l’occasione di viverla in prima persona. Pau Gasol, Rafael Nadal, Fernando Alonso, Alberto Contador e Xavi Hernández sono solo alcune delle stelle dello sport spagnolo il cui successo è riconosciuto a livello internazionale. In Spagna non vi mancheranno opportunità di vederli in azione, perché vi proponiamo di visitare le città che hanno visto crescere questi campioni e i luoghi dove si sono allenati per formarsi come veri e propri atleti di elite”.
Come dire fare squadra. Crescere i giovani, valorizzarli, avere il coraggio di investire su di loro prima come atleti per la promozione dell’attività fisica e poi come campioni. Se questo Mondiale qualcosa ha insegnato non è certamente stato il bel gioco, ma il modo di fare sport, la cultura che da esso deriva. Che va oltre la semplice vittoria della Coppa del Mondo. La Spagna ha vinto non perché ha la squadra più forte. Ma perché ha la migliore organizzazione sportiva al mondo. E i risultati stanno lì a testimoniarlo.
<em><strong>Gianluca Agata </strong></em>