Le dieci e mezza di domenica sera. Nel cuore c’è anche la felicità per essere stato costretto a rimangiarmi le critiche su Maggio e Hamsik. In fondo siamo tifosi per sempre, non analisti cinici che vogliono vedere realizzate le loro previsioni. La gioia aumenta quando sullo schermo tv appare Mazzarri e spiega finalmente in modo chiaro la sua idea di calcio: una squadra che corre e attacca e che in mezzo al campo ha bisogno di due centrocampisti in grado di fare al massimo due tocchi. E’ il calcio moderno, bellezza. Unica controindicazione che gli viene sollevata dallo studio di Sky: se la squadra non va a mille, non c’è qualcuno in grado di amministrare il pallone. Insomma, il peccato originale di non aver un regista. E Mauro infierisce: . Mazzarri ribadisce il suo dogma e fa qualche concessione: . Non si potrebbe desiderare un post-partita più bello. Quattro gol in casa. Il tabù della notte sfatato. Il terzo posto. Un allenatore esigente, che parla dei difetti dei suoi giocatori in un clima euforico. Il viatico migliore per affrontare la nuova settimana. Epperò. Incastrato tra l’intervistina sul campo a un Hamsik grondante di pioggia (e con le ginocchia sbucciate) e il Walter senza sorrisi, c’è spazio per il Verbo esoterico del nostro presidente, sempre desideroso di ritagliarsi qualche minuto di gloria (ricordate il giro di campo con gli inchini?). Aurelio parla per oracoli, rispuntano tra l’altro i mitici e dallo studio fanno la domanda delle domande che qualunque tifoso vorrebbe fare: . Ilaria D’Amico, che è brava, integra il superquesito:
Aurelio il profeta, lo scudetto non ci sarà più
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