Per il quarto anno consecutivo si è verificata la stessa storia, si è ascoltata la solita musica e le sensazioni che mi hanno accompagnato all’uscita del Meazza sono state uguali. Sono andato a rileggere i commenti relativi alle sfide con l’Inter nelle passate stagioni per essere sicuro e ho ritrovato gli stessi pensieri e le stesse riflessioni. Amaro in bocca, note dolenti ed impotenza. Niente luci a San Siro, ma solo grigie e nebbiose ombre.
A dire il vero, nel primo tempo i nostri ragazzi avevano tenuto abbastanza bene il campo e pur dimenticando la grande orchestra, in più di un’occasione, erano riusciti ad affacciarsi pericolosamente dalle parti di Castellazzi, ma mai dando l’impressione di sfondare, mai dando la percezione di suonare la carica. La sensazione è che ci credessero, ma non abbastanza. E questo a San Siro, di fronte ad una delle squadre che, se motivata, non ha rivali in Italia, inevitabilmente si paga.
I neroazzurri, alla Scala del calcio, con i tituli in bella mostra, senza disputare la partita del secolo e senza che il nuovo allenatore Leonardo abbia dovuto stravolgere l’assetto tattico, nonostante in mattinata fossero iniziati i saldi, non ha fatto sconti e ha regolato un Napoli troppo piccolo e troppo poco determinato che col passare del tempo è diventato ancora più piccolo fino a scomparire del tutto dopo la terza rete avversaria. Con cinismo e personalità, l’Inter ha giocato un po’ come il gatto col topo. Spesso ha lasciato il pallino del gioco agli azzurri che tentavano con cambi di gioco lunghi per gli esterni di impensierire la retroguardia sempre attenta capeggiata da Lucio e Maicon e poi, nei momenti cruciali, s’impossessava del centrocampo e a fiammate, affondava i colpi denotando i limiti della nostra linea mediana e della nostra difesa che spesso si è travestita da befana e ha dispensato regali a Thiago Motta e Co. Non è stato un episodio o un modulo sbagliato a condannarci. Il Napoli ieri per ottenere un risultato positivo avrebbe dovuto in tutti i reparti dare molto di più, e sperare che gli avversari fossero fuori giri e con gli archi e i violini scordati, ma ciò stavolta non è avvenuto. La differenza l’hanno fatta l’esperienza, le motivazioni e i campioni. L’Inter doveva assolutamente vincere e noi, ancora una volta in quello stadio, ci siamo lasciati morire senza reagire ed abbiamo meritato di perdere.
Detto questo, e con il dovuto sguardo alla finestra sulla realtà, non voglio cascare nel tranello che si nasconde dietro ad ogni sconfitta. C’è ancora un bel po’ di rabbia in corpo che serpeggia nel cuore e che deve smaltirsi, ma onestamente, non riesco a criticare una squadra ancora terza in classifica, che lotta in Coppa e che forse, per la prima e unica volta nella stagione, è apparsa inferiore e impotente.
Siamo lì, le altre non brillano e i grandi obiettivi sono sempre sotto il nostro naso, per cui, senza deprimerci per un passo falso che poteva starci, guardiamo avanti con fiducia. In poco tempo, mettendo il coraggio che ieri abbiamo lasciato a casa, questa pessima giornata può e deve diventare un lontano ricordo dimenticato. Tra tre giorni c’è la possibilità di pigiare il tasto “reset” e ricominciare a suonare la melodia dei tre tenori che tanto ci fa sognare. Basta crederci di più.
Per il quarto anno consecutivo si è verificata la stessa storia e si è ascoltata la solita musica. Quella orrenda e ridicola canzoncina da Zecchino d’oro che fa da loro inno e che mi nausea. Ho bisogno di uscire da questo incubo. Domenica voglio sentire l’urlo del San Paolo e le bordate di fischi sommergere i coniglietti bianconeri. Quella sì che sarebbe musica soave per le mie orecchie. Peccato che non ci sia Giudarella. Avrei preferito un suo stop definitivo per una otite contratta sul campo. In quello che Pinocchiella giurava fosse il suo campo. La sua assenza e le sue stampelle non mi fanno piacere. Il Signore l’ha punito, evidentemente l’avrà fatta ancora più grossa di quel che sembra, ma avrei voluto dargli io l’estrema unzione sportiva. Vabbè, mi accontenterò delle solite facce depresse da locchi di Del Piero e Chiellini e dei soliti tre punti. Non si può fallire. Dobbiamo vincere. Non siamo da scudetto, ma rimaniamo forti.
Fiato alle trombe e coraggio, azzurri!
Forza Napoli Sempre
di Gianluigi Trapani
Non siamo da scudetto, ma restiamo forti
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