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Da Brescia con la tessera, mazze e bastoni

Erano partiti da Brescia verso Napoli. La tessera del tifoso in tasca, mazze e bastoni sul bus. Dalle indagini della Digos diretta dal vice questore Filippo Bonfiglio emergono nuovi particolari sugli incidenti avvenuti a margine di Napoli-Brescia e sfociati nell’arresto di sette tifosi lombardi e di un tifoso napoletano. La Procura ha chiesto la custodia in carcere per tutti gli indagati, il giudice ha convalidato gli arresti e disposto la scarcerazione applicando la più lieve misura dell’obbligo di dimora. Gli scontri si era verificati in via Terracina mezz’ora prima dell’inizio della gara. A far scoppiare la scintilla, un sasso lanciato contro uno degli autobus. Gli ultrà del Napoli erano tutti con il volto coperto da sciarpe o felpe. L’unico sostenitore azzurro arrestato è accusato anche di aver ferito un agente di polizia che durante la rissa era intervenuto per sottrarlo al linciaggio degli ultrà bresciani.
I successivi passaggi del procedimento dovranno fare luce sulle singole responsabilità. Resta la gravità dell’episodio, una violenta rissa che senza l’intervento della polizia, che ha individuato gli indagati grazie alle riprese filmate della Scientifica, avrebbe potuto avere conseguenze molto più gravi. Gli inquirenti sono convinti, sulla base degli elementi raccolti, che lo scontro fra le opposte fazioni fosse stato «preordinato» già alla vigilia della partita. Questo spiega, nella interpretazione dell’accusa, il dato della presenza, sui pullman provenienti da Brescia, di strumenti come una spranga lunga sessanta centimetri, uno sfollagente telescopico e un tubo di plastica di oltre mezzo metro.
Ma apre nuovi interrogativi sull’efficacia della tessera del tifoso, sulla quale aveva espresso forti riserve il procuratore aggiunto Giovanni Melillo, coordinatore del primo pool costituito in Italia sui reati di stadio, in un’intervista rilasciata a Repubblica alla fine di gennaio: i pullman con a bordo i sostenitori bresciani erano infatti autorizzati alla trasferta al San Paolo proprio perché dovevano trasportare appassionati regolarmente in possesso del documento imposto dalla riforma Maroni. Ciò nonostante, non solo nel gruppo erano presenti almeno tre persone già raggiunte dal Daspo (divieto di accesso a manifestazioni sportive) ma c’era anche chi trasportava un armamentario pronto a essere impiegato nei tafferugli.

Dario Del Porto
la Repubblica Napoli

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