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E vabbè, lo dico
io mi sento italiano

E vabbè, lo dico. Io mi sento italiano. E non ho mai pensato di poter essere di un’altra nazionalità. Boh, saremo arretrati, senza speranza, con giovani che vanno a studiare all’estero e non tornano più, tutto quello che volete voi, ma credo che non vivrei mai in un altro Paese. Lascio il condizionale perché non si può mai dire, però… Ho spesso tifato contro la mia Nazionale di calcio, certo, ma per altri motivi. Ho salutato il gol degli Stati Uniti nel 2006 col Boss, Born in the Usa, ma perché io devo provocare. Però mi piace girare l’Italia. Molto. Ascoltare le inflessioni, gustare i piatti tipici, osservare i modelli di vita, ammirare le camminate delle donne. A volte, ancora oggi, capita di fermarmi per le strada di Roma, ed esclamare: però che bello. Se potessi, girerei l’Italia. Questo farei nella vita. E proprio non mi eccita l’idea di vivere nel Regno delle due Sicilie. Poi lì sarei stato un settentrionale e io del Nord proprio non mi immagino. E poi che campionato sarebbe, tra Catanzaro, Palermo, Lecce… No no. Io devo andare a Milano, a Bergamo, a Genova, a Udine. E sennò che sfizio c’è? Per non parlare – rimanendo allo sport – di cosa sarebbe stata la mia vita senza Pantani, Tomba, i primi ricordi legati a quel parallelo Stenmark-Thoeni, Sara Simeoni…
Io sono italiano. Senza enfasi, ma anche senza indugi. E quindi tutto questo fervore antipatriottico non lo capisco. E chest’è.
Massimiliano Gallo

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