Frequenta la scuola calcio dall’anno scorso, a sette anni e mezzo mio figlio è ormai “uno dei vecchi”. Non lo accompagno quasi mai all’allenamento. Ieri ho ceduto alle sue insistenze e sono andato. Bellissima giornata, per fortuna non si trattava nemmeno di una normale seduta. Mister Enzo ha organizzato un triangolare tra i ragazzini – coetanei – della Mariano Keller. Tutte partitelle da venti minuti, con tanto di finale. Io ero a bordocampo e guardavo un po’ disgustato i genitori che incitavano i figli a “sfonnare la rezza”. La frase più divertente che ho memorizzato: “Genny, a papà, nun me fa faticà più”! Possibile mai che si illudano ‘sti ragazzini, pensavo disgustato, che deficienti i genitori. Primo gol di Karim, mio figlio, da rapina, in area di rigore. Ho esultato con moderazione. Pochi secondi dopo, raddoppio in scivolata. Olè! Il terzo arriva su punizione, ancora il mio minibomber. Poi il quarto, il quinto e al sesto, incredibile: stop, dribbling sulla destra e tiro al volo mirando al palo più lontano: applauso dei presenti (compreso il papà di Genny). Pausa e Karim viene a bere un po’ di gatorade che custodiscoo nella tasca del giubbotto. Mi sento chiedere: “Ma int’ a chella buttigliella che ce sta? Stu creature oggi s’adda fa l’antidoping”! Sorso e di nuovo in campo, altro gol. Sono sette. E io sono fiero di essere un papà deficiente. Ma di quel deficiente che tende all’azzurro, eh, sia chiaro.
Giuseppe Pedersoli