Si sa che allo stadio con i tuoi vicini di posto, e non solo, si instaura una conoscenza che, accomunata dalla passione e dallo svolgersi della partita in corso, diventa una sorta di fratellanza. Diventa ancor più vero quando sei abbonato da decenni sempre alla stessa poltroncina e, un po’ perche il posto ha una visuale invidiabile – all’altezza della linea di centrocampo né troppo in alto né troppo in basso – e un po’ perché “non è vero ma ci credo”, ogni anno ci ritroviamo sempre gli stessi. E così sono decenni che allo stadio ci conosciamo da una vita ma, il più delle volte, non sappiamo né il nome né ciò che ognuno di noi fa nella vita. Eppure, a ogni partita, scattano quei piccoli rituali – dai saluti alla discussione su formazione e prestazione della squadra nella partita precedente, dal calcio-mercato presente e futuro agli auguri per le festività del momento fino alle modalità di esultare ad ogni gol – che fanno nascere pian piano un singolare affiatamento familiare.
Poi ci sono i riti scaramantici che ti portano a cementare simpatie e, in qualche caso, anche a provocare veri e propri “colpi di fulmine”. Ed è ciò che mi sta capitando quest’anno.
Nella fila davanti alla mia poltroncina, in Tribuna Posillipo, siede da anni lontani un omone con la testa rasata alla Yul Brynner e la sua signora. Lui è un simpatico “brontolone” e sua moglie, una bella donna sempre gentile e pronta al sorriso, quando durante la partita lui si lascia andare (praticamente quasi sempre) a intemperanze verbali verso l’arbitro o verso Gargano e Maggio – suoi chiodi fissi – è pronta a richiamarlo, seppur con discrezione.
Ebbene la scintilla è scattata il 5 Dicembre 2010, posticipo serale Napoli – Palermo. La gara non si sblocca e lui durante l’intervallo continua a tranquillizzarci sostenendo che “questa partita la vinciamo negli ultimi minuti”. Lo dirà per tutto il secondo tempo ad ogni imprecazione, per gol falliti o azioni non concluse, di chi gli è vicino, compreso il sottoscritto. Quando il quarto uomo al 90° alza il cartellone segnalando 5 minuti di recupero lui si gira e, guardandomi con i suoi grandi occhi, mi dice di non preoccuparmi “che ora segniamo”. Così, quando al 94° Maggio – sì, proprio uno dei suoi bersagli preferiti – spinge la palla in rete, mi lancio su di lui e, stando nella fila sotto la mia, mi ritrovo il suo testone luccicante tra le mani e gli do due baci al centro del cranio, come Diego faceva con Carmando sulla fronte prima delle partite.
La vicenda si ripete dopo 15 giorni, con il Lecce e con le stesse modalità, noi che non riusciamo a segnare e lui che, pur continuando a imprecare, ripete di non preoccuparsi che la buttiamo dentro alla fine: quando Cavani si inventa la sua magia, lui è già due tre file sotto a festeggiare ed io, stramazzato a terra con mio nipote Giosy, non riesco ad afferrarlo subito ma lo faccio immediatamente dopo, ripetendo il rituale del bacio sul cranio e notando uno sguardo di curiosità della moglie.
La scena si ripete nuovamente al primo gol di Cavani alla Juve ed io, memore dello sguardo della sua signora dopo il gol al Lecce, per sgombrare immediatamente il campo da interpretazioni capziose, le spiego che dopo la previsione avveratasi con il Palermo per me il bacio era, ormai, un rito scaramantico. Da quel momento, ad ogni gol e dopo la primissima esultanza, è lui a cercarmi, offrendomi il suo cranio per il rituale bacio. Con la Samp, offrendomi per l’ennesima volta la testa sotto gli occhi della moglie, mi ha urlato: “Vai vai che a fine campionato ci fidanziamo” ed io, incrociando lo sguardo divertito di lei, ho replicato: “Sempre con il permesso della signora” la quale, di rimando, mi ha sorriso e risposto con una gestualità come se volesse dire “Si figuri, si accomodi”.
Ma il colpo di fulmine ha raggiunto il suo apice l’altra sera con il Cagliari. Alla fine del primo tempo, angosciato e preoccupato, gli chiedo: -“Che dici?” –e lui con tono deciso e sicuro, mi urla: “Chiste so’ ‘na banda ‘e scieme! Mo’ ce dammo ‘dduie pallune!”. Chi se ne frega se non ha calcolato il momentaneo coccolone del pareggio cagliaritano, anche stavolta mi ha conquistato, meritandosi il rito del bacio.
Ora è da domenica sera che ci penso: o cara moglie ti prego non me ne volere, ma se il 22 maggio succederà una certa cosa, non mi accontenterò di un fidanzamento ma chiederò direttamente la mano alla sua signora.
PEPPE NAPOLITANO
In tribuna come Blanc bacio il cranio del vicino
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