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Caro Matador, c’è una sola parola per te: immenso

Sabato scorso ho visto l’intervista televisiva a Cavani su Sky ne “I Signori del calcio”. Nelle battute finali, inevitabile è stato il paragone da parte del cronista agli anni d’oro e all’accostamento a Lui. Il Matador con l’umiltà del piccolo grande uomo ha sorriso divertito e non ha abboccato ad un confronto che oggi non può appartenergli. Ha evidenziato l’inarrivabilità ma, allo stesso tempo, si è augurato di lasciare un grande ricordo, un segno, un sogno e qualcosa d’importante alla città e ai tifosi, così come furono capaci i nostri indimenticabili campioni più di vent’anni fa.
Ha parlato di qualcosa d’importante. Ha parlato pacato e tranquillo. Ha parlato di ricordi. Io non so precisamente di cosa stesse parlando e faccio finta di non volerlo sapere.  Mi vengono in mente una ad una, a partire dalla doppietta di Elfsborg, le 32 gemme che ci ha regalato nella stagione. Ed alcune delle quali, nel ricordarle, mi rievocano le stesse emozioni di quando le ho vissute. Penso alle mirabilie vissute dietro la porta di Antonioli a Cesena, al silenzio incredulo dopo  la pennellata di Utrecht, alle lacrime, inginocchiato davanti alla tv, dopo il prodigio dell’ultimo secondo contro il Lecce o alla pancia piena, ma mai sazio, dopo il tuffo elegante che sanciva la prima tripletta in campionato e un 3 a 0 netto alla Vecchia umiliata. Mi vengono in mente velocemente gol ed emozioni, immagini e ricordi. Se poi, al momento dell’intervista, si è riferito a qualcosa di simile alla partita di ieri, allora ha di gran lunga superato il suo intento e le mie aspettative. Pur non essendo una finale o una gara che assegnava un titolo, per me, ha già raggiunto l’immortalità. La quarta tripletta stagionale (e quarto pallone portato a casa) lo inserisce di diritto in cima alla storia dei bomber azzurri di tutti i tempi e soprattutto ha inciso nella mia memoria un marchio indelebile rappresentato da un 4 a 3 che per essere raccontato ci vorrebbero 20 articoli o 20 giornali. L’incornata sottomisura, il rigore e la palombella capolavoro fotocopia della rete col Cagliari, oltre la fattura, sono i gol che rappresentano un miracolo emotivo che questa incredibile squadra ancora non ci aveva fatto assaporare: la doppia rimonta, realizzata molto probabilmente, nella partita più importante degli ultimi quattro lustri. Io sinceramente, nonostante ci abbiano abituato a remuntade impossibili, tabù atavici abbattuti, e successi agguantati al cardiopalmo, una partita con emozioni così altalenanti, con il cuore che ha rimbalzato impazzito dalle cazette alla gola sino ad esplodere di gioia, non la ricordo. Se penso alle gloriose giornate del passato, mi viene in mente uno 0-2 divenuto 3-2 contro la Fiorentina di un super Baggio, ma non era la partita dell’anno e, pur vivendo una simile agonia tramutatasi in felicità, non ebbe lo stesso assurdo iter emozionale. Qui parliamo di qualcosa che va oltre l’immaginabile. Parliamo di morti seppelliti che resuscitano. Di invincibili Highlanders.
Caro Matador, i ricordi e le sensazioni che ci regalarono i grandi del passato hanno fatto la storia e resteranno appesi in eterno alla nostra piccola, ma leggendaria bacheca, ma ti garantisco che questo 4-3 e i tuoi gol, hanno già una pagina nel libro di storia di questo glorioso club a prescindere dal segno, dal sogno e dal “qualcosa di importante”. Poi, potrebbe colorarsi e diventare un capitolo, un libro o uno spettacolo teatrale se il tuo desiderio verso la città e noi tifosi si compia per intero. Ma ti ripeto, non so di cosa tu stessi parlando e ti ripeto, faccio finta di non volerlo sapere. Sei immenso.

Forza Napoli Sempre

La 10 non si tocca.
di Gianluigi Trapani

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