Me voglio abbià pe ttiempo e ddico ca contro ô Bbologna ce dice ‘a pezzogna! Pirciò ve prupongo ‘sta ricetta acconcia assaje:
PEZZÓGNA Ô SSALE
Pe chesta ricetta ce servimmo ‘e ‘nu pesce assaje sfezziuso (molto gustoso) ca s’annomma pagello, ma a Nnapule: pezzógna, e po’ essere mezzano o gruosso (di media o grossa taglia).
Accuminciammo dicenno ca ‘stu
pagello ( dal lat. volg. *pagellu(m), dim. del lat. class. p(h)ager, che è dal gr. phágros, propr. ‘pietra per affilare’ in quanto la sua forma ovale ed appiattita richiama quella di talune pietre per affilare) è ‘nu sapuretuso pesce ‘e mare dê ccarne ceniére (morbide) e ghianche, cu ‘o cuorpo ‘llittico (ovale) cumpresso ‘a cca e ‘a lla cu ‘a capa corta, vocca e uocchie gruosse, ‘e colore argenteo-scuro pe cchillo mezzano/gruosso (di taglia medio-grande) ( ‘a tre – quattuciento gramme nsino a ‘e duje chilò), e de culore griggio – russagno pe cchillo mezzano/piccerllo (di taglia medio-piccola)(nsino ê treciento gramme); è un pesce comune nel Mediterraneo (ord. Perciformi) però è conosciuto con molti altri nomi a seconda delle zone di pesca:
1)besugo cosí in Liguria e zone limitrofe;la voce a margine (il cui etimo è sconosciuto e neppure il D.E.I. o il Cortelazzo/Marcato si sono espressi) è usato nelle medesime zone come agg.vo/sost.vo nel significato di grullo, sciocco,idiota, deficiente.il pesce détto besugo è un pagello di taglia medio-grande, non molto combattivo, che si lascia abbastanza facilmente pescare (e perciò forse si è meritato il nome di besugo= sciocco) ed è una delle specie piú ambite dagli appassionati di bolentino (s. m. lenza di nailon con piú ami e con un piombo all’estremità che si cala a mano da un’imbarcazione per effettuare la pesca di media e grande profondità sul fondo, pesca détta appunto pesca al bolentino); è un pesce, ripeto, non molto combattivo e dalle carni squisite; presenta il corpo ovale compresso lateralmente con testa corta, bocca e occhi grandi. Il colore é grigio sulla pancia e rosa sulla groppa, e presenta una macchia scura, a volte non evidente,alla base della pinna pettorale.
Vive sia lungo le coste (soprattutto nelle scogliere dove trova cibo in abbondanza), ma anche in zone molto profonde con fondali accidentati e ricchi di anfratti. Preferisce acquartierarsi tra i relitti e soprattutto tra i 100 ed i 200 metri di profondità. Questo pesce à abitudini gregarie per cui una volta individuato un branco non è difficile fare numerose catture multiple. Raggiunge i 40/50 cm. di lunghezza ed un peso che può giungere ai due chilogrammi.
2) lúvaro imperiale (pesce imperatore) cosí in Calabria e in talune zone costiere di Basilicata, Lazio e Campania: si tratta di un pesce che va dalle taglie piccole (ma in tal caso è détto fragolino), sino a quelle medio-grandi (giunge ad oltre i cinque chili); è un pesce che à corpo compresso lateralmente, ovale, arrotondato nel lato frontale e rastremato all’estremità posteriore; è dotato di uno strettissimo peduncolo codale, su cui si trova una piccola chiglia dermica per lato, laterale e sporgente. Il corpo è ricoperto di squame piccole, soffici e caduche. La testa, arrotondata nella parte dorsale, discende in basso, dando al muso un profilo molto ripido;l’occhio è piccolissimo e ciò lo fa rapidamente distinguere tra i pagelli che l’ànno in genere molto sviluppato ( occhioni o occhialoni); Il muso è carenato e dall’estremità inferiore parte una cresta orizzontale sporgente che passa al disopra dell’occhio e termina nella parte alta dell’apertura branchiale; la bocca è molto piccola, orizzontale e situata in basso con mascelle prive di veri denti,sostituiti da una rugosità palatale.
La pinna dorsale è unica ed è sposta nella metà posteriore del corpo simmetricamente a quell’anale. La pinna codale è ampia, semilunare, con i lobi divergenti, quasi verticali. Le pinne pettorali sono spatolate e lunghe ed aderiscono ai fianchi incastrandosi in una apposita depressione. Le ventrali sono ridotte a due raggi spinosi saldati insieme, tali da formare una placchetta triangolare, che copre una depressione del lato ventrale, dove è situata l’apertura anale.
Il dorso è nero azzurro, i fianchi ed il ventre bianco argenteo. Il muso, la fronte, la bocca ed i lati della testa ànno sfumature rosse e rosa, maggiormente apprezzabili nei pesci di taglia medio-piccola détti fragolini appunto per il colore rosso-fragola della loro livrea. Nei pesci di taglia grande la pinna anale è bianca alla base per passare ad azzurro scuro verso il margine e l’estremità posteriore della pinna, mentre le pinne pettorali, i raggi della dorsale ed anale e la codale sono di colore rosso -scarlatto. I primi tre o quattro spazi interradiali della dorsale sono scarlatti come il primo dell’anale. Il resto della dorsale è di colore azzurro nerastro.È proprio questa particolarità del colore rosso scarlatto di pinne ed altre appendici di questo pesce ad offrire l’etimo alla voce lúvaro imperiale; lúvaro è infatti dal lat. rubru(m)= rosso donde lúvaro con alternanza r/l della prima liquida, alternanza b/v e metatesi ru→ur mentre l’aggettivo imperiale è stato aggiunto per connotare l’imponenza e/o maestosità del proporsi di questo grosso e gustoso pagello noto pure, in tutto il Mediterraneo, col nome di pesce imperatore.
3) occhione o occhialone altri nomi del pesce pagello in uso nel livornese; si tratta del medesimo pesce pagello di taglia medio-grande, descritto antea sotto il nome di besugo e, come quello è una delle specie piú ambite dagli appassionati di bolentino; in particolare l’occhione o occhialone è una varietà di pagello che à una macchia nerastra dietro l’opercolo e grandi occhi (da cui il nome) rossi (ord. Perciformi). Corpo allungato e compresso lateralmente, testa corta ed ottusa. Nei grossi esemplari è evidente una bozza frontale.
Il muso è tondeggiante e la bocca, terminale inferiore, non molto grande. È dotato di denti piccoli e in serie fitte e strette che posteriormente sono modestamente molariforme.
Gli occhi sono molto grandi (donde i nomi di occhione/occhialone)e negli esemplari in pescheria spesso sono estroflessi per rapido sbalzo di pressione durante la pesca in fondali profondi.
À un’unica pinna dorsale, composta da 12 raggi spinosi nella prima metà, che si ripiegano ad unghia in un apposito solco.
La pinna anale à 3 raggi spinosi e 12 raggi molli. Le pinne pettorali sono falciformi e quelle ventrali toraciche con una sola spina. La colorazione è grigiastra che può tendere al giallastro o al rossastro, piú scura dorsalmente. Una macchia nerastra è presente all’inizio della linea laterale e un’altra, meno evidente, alla base della pinna pettorale
Frequenta nei mesi estivi fondali rocciosi intorno ai 30-50 metri. Normalmente si trova su fondali fangosi o a coralline anche a profondità notevoli (600m)
Le forme giovanili di 10-15 cm nel periodo primaverile ed estivo si avvicinano molto alla costa.
È un pesce che si raggruppa in branchi di individui della stessa taglia.
Il periodo di maturità sessuale è all’inizio della primavera. Le uova sono galleggianti
À alimentazione carnivora.
Gli adulti misurano tra i 30 e i 40 cm di lunghezza, ma possono raggiungere anche il mezzo metro. Ottima la carne.
Comune nei mari d’Italia.
Tralasciando ora di illustrare altri nomi regionali in uso in tutta la penisola per indicare il pagello in esame, (parago a Portoferraio – scazzatiedde a Taranto ed Otranto – chialà a Giulianova – molo, alboretto a Rimini – albaro bastardo a Venezia – basucu(evidente adattamento locale di besugo) a Cagliari e mopu/mopa a Messina e Catania) veniamo finalmente a dire della voce napoletana che ci occupa:
pezzógna è il nome usato a Napoli ed adiacenze, oltre che in talune zone lucane ed a Molfetta per indicare un pesce che si pesca esclusivamente nel Mediterraneo basso ad una profondità maggiore dei 50m. Dalle altre parti, come ò già detto si chiama diversamente: con il generico nome di pagello, “besugo”, ecc. ma comunque l’autentica pezzógna (non per campanilismo culinario!) è quella del golfo di Napoli prevalentemente al largo di Pozzuoli, Baia etc. Non bisogna confondere la carne della pezzógna con quella dei piccoli lúvari o fragolini: la pezzógna è sempre di taglia medio-grande e di colore argenteo scuro; per l’ottima qualità della sua carne, la pezzógna è ritenuto tra i migliori pesci esistenti alla pari con l’orata,la spigola, la cernia, il dentice, la ricciola etc. e da molti è ritenuta superiore a tutti questi pesci or ora elencati; per taluni è secondo solo al baccalà, ma a mio avviso il paragone non è proponibile in quanto la pezzógna è un pesce fresco, laddove il baccalà (ottimo soprattutto per la parte (groppa) détta mussillo!) è un pesce (nasello/merluzzo) eviscerato, salato e conservato in barile.
Come ò ricordato, questa pezzógna è l’obbiettivo principale del bolentino di profondità. La sua presenza è omogenea in tutto il Mediterraneo, Adriatico a parte che – pur se pescoso è un mare fesso per la fauna ittica . Predilige i fondali misti di roccia e fango a profondità comprese tra i 140 e 750 metri. Si nutre prevalentemente di piccoli crostacei e cefalopodi, ma non disdegna tutti i piccoli organismi presenti sul fondo ad alte profondità. Negli ultimi anni le profondità ottimali di pesca si sono stabilizzate tra i 350 e i 600 metri, a causa del prelievo indiscriminato con i palamiti di profondità a profondità inferiori. La pezzógna può arrivare a oltre 5 chilogrammi di peso, ma sono considerati grandi già gli esemplari che passano i 2 chilogrammi. Vive in fitti banchi.
La pesca della pezzógna si effettua con canne abbastanza sensibili, in modo da avvertire súbito la beccata del pesce, per altro voracissimo;bisogna perciò usare ami ad alta penetrazione, con punta ad artiglio d’aquila; l’esca regina sono polpi e seppie, ma anche la sardina dà ottimi risultati. Si pesca tutto l’anno, con una diradazione considerevole delle catture nei mesi di febbraio e marzo, quando la pezzógna va in riproduzione.
Questo pesce è particolarmente ricercato per l’eccezionale bontà delle sue carni. In Campania viene considerato, a ragion veduta,mi ripeto, uno dei pesci di maggior valore culinario.
Affrontiamo ora il problema etimologico del nome.
Premesso che la voce pezzógna è quasi del tutto ignota sia ai vocabolari della lingua nazionale che a quelli dell’idioma partenopeo, il compito che m’ero assegnato di trovarne un plausibile e/o convincente e semanticamente apprezzabile etimo(senza trincerarmi dietro un pilatesco etimo ignoto) mi è costato molto lavoro e m’auguro che troverò un qualche consenso quando avrò esposto la mia idea.
Come ò détto la voce pezzógna è quasi del tutto ignota sia ai vocabolari della lingua nazionale che a quelli dell’idioma partenopeo; pensavo che mi potesse soccorrere il D.E.I., ma rimasi deluso: il compianto prof. Giovanni Alessio che nel D.E.I. curò – tra le altre – le voci sotto la lettera P registra sí una voce pezzogno ,ma – annotato che si tratta di un termine ittico -,non s’esprime circa l’etimo, in barba al fatto che il D.E.I. sia (o dovrebbe essere) un dizionario etimologico né mi convinse quel registrare la voce al maschile (pezzogno) e non al femminile(pezzogna).
Visto dunque che non ò trovato occorrenze per la voce in esame in nessun altro calepino in circolazione, mi son visto costretto a far da solo ed ò pensato che fosse cosa giusta, per formulare un’ ipotesi etimologica apprezzabile e semanticamente credibile, farsi guidare dal medesimo criterio seguíto nella formazione e/o spiegazione degli altri nomi con i quali si indica regionalmente il pagello: ò pensato cioè che si dovesse far riferimento ad una connotazione morfologica del pesce summenzionato, come avviene, se si esclude la voce ligure besugo (che non prende in considerazione una connotazione morfologica del pesce, ma un suo modo comportamentale: agire da sciocco con il lasciarsi facilmente catturare, abboccando rapidamente a gli ami), se si esclude la voce ligure besugo tutte le altre voci fanno riferimento ad una connotazione morfologica del pesce: lúvaro o fragolino =di colore rosso – pagaro=schiacciato – occhione/occhialone= dall’occhio grande etc.,mi è sembrato esatto per ciò che riguarda la voce pezzógna far riferimento ad una morfologia del pesce in esame e precisamente alla morfologia della sua pinna dorsale composta da 12 raggi a punta (a Napoli pizzo), che si ripiegano quasi a mo’ di artiglio o unghia (a Napoli ógna) di modo che m’è parso che nulla di strano ci sia stato se i pescatori partenopei,non scolarizzati, ma dotati di gran fantasia e nel cui àmbito nacque la voce in esame, colpiti dalla morfologia della gran pinna dorsale di questo pesce gli abbiano dato un nome che richiamasse appunto la forma di tale pinna a punte unghiate (in napoletano a pizzo (e) ógna→pizzógna donde per comodità di pronuncia (la e semimuta si pronuncia piú facilmente della i…) pezzógna.
E qui penso finalmente di avere completato questa lunga, ma spero interessante ed esauriente, se non necessaria, premessa e di poter passare senz’ altri indugi alla vera e propria ricetta della mia pezzógna ô ssale:
chello ca ce vo’ pe seje perzone
una o ddoje pezzógne pe complessive dduje chilò,
sale duppio (pussibbilmente arremescate cu ‘addore (alle erbette)) ‘nu chilò,
setticiento gramme ‘e pummarulelle d’’o piennolo,
‘Nu bicchiere e mmiezo d’ uoglio d’aulive straverggene primma spremmetura a ffriddo,
4 spicule d’aglie ammunnate e ntretate fine fine,
sale fino e pepe janco quanto ne piace,.
‘nu gruosso tuppeto ‘e pretusino frisco lavato, asciuttato e ntretate fino fino,
comme se fa
Appruntà ‘mprimmese ‘o/’e pesce/pisce p’ ‘a cuttura: sgargiarle (levare gli occhi edeleminare branchie e pinne laterali), arapí p’ ‘o lluongo ‘a panza e sficcà ‘e stentine (eviscerare il/i pesce/i), levà cu nu fermo taglio â francese (lama poggiata a 45° e deciso taglio inferto spingendo verso l’esterno un’affilatissima lama)’e pparte d’ ‘a panza ca so’ mmolle e cchiene ‘e spine, sciacquà a acqua currente fredda‘o/’e pesce/pisce abbunnantemente, appujarlo/ apierto/e a llibbro ‘ncopp’a ‘nu laniaturo (su di un tagliere) e sistimà dinto a ògne pesce ‘na cucchiarata d’aglio ammunnato e ntritato;’nzerrà ‘o/’e pesce/pisce e sistemarlo/e’ncopp’â chiasta d’ ‘o furno (nella placca del forno) ‘ncopp’a ‘nu lietto fatto cu miezu chilò ‘e sale duppio(pussibbilmente arremescato cu ‘addore (alle erbette)) e cummigliarlo/e cu ‘nu strato ‘e n’atu miezu chilò ‘e sale duppio (pussibbilmente arremescato cu ‘addore (alle erbette)); mannà ‘nfurno (180°) pe quase n’ora. A ffine cuttura se vene a ffurmà ‘ncopp’ô/êpesce/pisce na grossa crosta ca, levannola quanno ‘o/’e pesce/pisce è/so’ ancòra caudo/e, ce permette ‘e levà cuntempuraneamente pelle e scame metteno a bbista ‘a sapuretosa carna janca d’ ‘a pezzógna; mentre ‘o pesce è ‘ncuttura dint’ô furno, approntà ‘nu zuchillo abbunnante, ma liggiero cu ‘e pummarulelle d’ ‘o piennolo, zuchillo nicessario e a mmestiere (adatto) pe sbruffà (irrorare) e presentà tutte ‘e purzione ‘e ‘sta pezzógna ô ssale; se prucede accussí: mettere dinto a ‘na tianella tutto ll’uoglio cu dduje spicule d’aglio ammunnate e ntretate fine fine,scarfà a ffuoco arzillo ( fuoco vivo) e quanno tutte ‘e pezzulle d’aglio se fanno junne junne, ma no abbrusciate,mettere ‘e ppummarulelle lavate, asciuttate,senza curone e streppune e ‘ntaccate a croce â via ‘e coppa (incisi alla sommità ortogonalmente a croce): scamazzarne cu ‘na fruchetta ‘na parte, lasciannone cierte senza scamazzà pe guarnescere all’urdemo ‘o piatto, salà e ‘mpepà quanto nce piace e ffà cocere ‘o zuchillo pe vinte minute.Mantené ‘ncaudo ‘o zuco e ‘nfraditanto purziunà a caudo ‘a/’e pezzógna/e appena tirata/e fora dô furno, staccanno ‘e croste e cuntemporaneamente eliminanno pelle e scame; scartà capa e arésta (lisca) metteno a bbista ‘a sapuretosa carna janca d’ ‘a pezzógna; purziunà ‘o/’e pesce/pisce, sbruffanno â fine a gguffo (abbondantemente) ‘e purzione cu ‘o zuchillo mantenuto ‘ncaudo e guarnescenno (guarnendo) ògne piatto cu ddoje o tre pummarulelle cotte, ma non scamazzate e cu abbunnante prutusino frisco ntritato. Serví ‘ntavula quanno ‘o pesce è ancóra caudo ‘e furno accompagnannolo cu patane â ‘nszalata o con una fresca ‘nzalata ‘ncappucciata cunnita cu uoglio straverggine primma spremmetura a ffriddo, sale duppio, aglio ntritato e acito ‘e vino janco. Vino: asciutte e profumate janche nustrane ( Solopaca, Capri, Ischia, Falanghina, Fiano, Greco di Tufo) fridde ‘e jacciaja.
Mangia Napoli, bbona salute! Scialàteve e aggarbbatéve ‘o vernecale!!
FORZA NAPOLI, CIUCCIO FA’ TU!
Raffaele Bracale Brak