Se qualcuno che non ne capisce tanto di calcio vi dovesse chiedere “che cos’è un biscotto”, voi sapreste rispondere? Immagino di sì. Se poi la stessa persona vi dovesse incalzare, passando dalla definizione scolastica alla pratica attraverso l’individuazione di partite biscottate, sareste altrettanto sicuri nella risposta? Non so.
Mettiamoci nei panni del nostro amico neofita del pallone che, ignaro di tutto, apre la pagina sportiva di un quotidiano e dà un’occhiata sia ai risultati dell’ultima giornata di campionato che alla classifica. Bene, ecco quanto leggerà: Catania-Cagliari 1; Milan-Bologna 1; Bari-Roma 2; Parma-Palermo 1; Napoli-Genoa 1. Certo non mancherà di notare come tutte le squadre ancora in lotta per l’obiettivo stagionale che hanno affrontato compagini già “demotivate” abbiano alla fine vinto. Ovvero, per quanto ha appreso sulla materia, potenzialmente tutti biscotti.
Ciò a una prima lettura, come al solito la più superficiale. Andando un po’ più in profondità, il tabellino marcatori di Bari-Roma gli farà intuire che quella del san Nicola è stata partita vera. E pure il Catania, che ha impiegato 78 minuti per sbloccare il risultato, forse con il Cagliari non è che ha trovato proprio tutte le porte aperte. Il Palermo fino a che ha potuto il suo match se l’è giocato, rischiando di raggiungere il Parma sul 2 a 2, così come, in fin dei conti, anche il Bologna è rimasto in partita fino all’ultimo e con un paio di colpi di testa quasi quasi buttava dentro l’1 a 1.
“Bah – penserà il nostro – la questione dei biscotti comincia a farsi complicata”. Essendo pur sempre amico di un Napolista, è probabile che decida di armarsi di pazienza, andare su Youtube e da lì di guardare gli high-lights di Napoli-Genoa. “Uhm, ma i Grifoni i 90 minuti non hanno mai tirato nello specchio della porta! Vuoi vedere che proprio il nostro è stato l’unico biscotto della giornata?”. E a quel punto, noi che la partita di sabato sera ce la siamo vista tutta, non avremmo vita facile a spiegargli che il Genoa ci ha dato filo da torcere (anche se dalle sintesi si intuisce poco) e che, se non ha poi fatto granché dalle parti di De Santis, dipende solo da una serie di fattori vari ed eventuali, come l’assenza di giocatori importanti e il suo non essere proprio una squadra molto divertente.
Tra i tanti problemi che riguardano il gioco del calcio (per i quali, come al solito, non si fa molto per trovare le soluzioni) vi è quello dei biscotti. Ogni primavera, da che esiste il gioco del pallone, si ripropone puntuale: si forma un blocco di squadre di centro classifica già salve e lontane dall’Europa, e comincia la (presunta) distribuzione di punti. Il problema, più che altro, è proprio questo: la presunzione.
Perché, oltre l’odiosità dell’idea che qualcuno possa inficiare i sacrifici altrui calando le brache e offrendosi alla sconfitta o al pareggio, vi è la malizia. Fosse esplicito, dichiarato, sarebbe più facile per tutti accettarlo. “Noi domenica non ce la giochiamo”. Invece no, non si può dire, e lì trovano terreno facile le malelingue. Perché il Chievo un mese prima “accomoda” lo 0 a 0 casalingo con la Samp in difficoltà e il mese dopo batte il Lecce al Bentegodi senza offrirgli nemmeno il punticino? Oppure (rimanendo a polemiche nostrane) perché uno come Di Vaio contro il Napoli sbaglia due palloni che solitamente ci ha abituato a scaraventare in rete? Perché il Parma nel 2001 si lasciò battere dal Verona condannandoci alla retrocessione? (questa, forse, è una domanda che si continua a fare solo Corbelli).
Ormai anni di esperienza ci insegnano che affidarsi solo alla professionalità di giocatori e club non basta (anche se, a una prima impressione, il fenomeno quest’anno sembra ancora poco virulento). Per risolvere o almeno mitigare il problema ci vorrebbe qualcosa di più forte. Magari i play-out anche in serie A, di modo che la lotta salvezza riguardi più squadre e diventi importante anche il piazzamento finale. Oppure si potrebbe adottare il sistema inglese (o spagnolo, non ricordo bene) per il quale una società può porre un premio in denaro ai giocatori di un’altra squadra affinché vinca (e soltanto vinca) una partita. Per la serie: se le motivazioni non ve le dà la classifica, ve le diamo noi.
Insomma qualcosa ce la si potrebbe inventare. Ma, conoscendo la dinamicità del calcio italico, sappiamo bene che non si prenderà nessuna contromisura. La settimana prossima ci saranno flussi anomali di scommesse su qualche partita. E sarà così anche la settimana successiva, l’anno venturo, e in saecula saeculorum.
di Roberto Procaccini
I playout per evitare i biscotti di fine stagione
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