ilNapolista

Noi a Lecce volevamo soltanto festeggiare

Ritornando dalla Puglia, nel lungo viaggio dal Salento verso Partenope, ho avvertito un inusuale silenzio nell’auto. In altre occasioni, seppur sconfitti, c’è sempre stato un dialogo, un commento, una disamina della partita tra i componenti della mia banda. Stavolta no. Il Minao alla guida non ha voluto nemmeno accendere la radio e Gianluca, che generalmente ci delizia con la sua logorrea, ha dormito sino al casello di Castellammare. Silenzio totale per 4 ore e più di autostrada. Ancora una volta mi sono trovato a fronteggiare un’atmosfera surreale che poco mi aggrada. Perso nella visione di desolate lande pugliesi, i pensieri si sono accavallati uno sull’altro…
Ho pensato a diversi episodi che hanno caratterizzato questa straordinaria stagione: il salvataggio di Grava sulla linea di porta un attimo prima che Cavani scagliasse quel siluro all’ultimo secondo nella porta leccese; il conseguente bacio di Mazzarri sempre a Grava; il balletto di tutta la squadra dopo il gol di Zuniga al Catania; il Pocho che si lancia a cofano nei tabelloni pubblicitari cagliaritani; i nostri salti di gioia sotto il diluvio di Parma; la memorabile tripletta del Matador alla Vecchia; l’inzuccata del crestone a Genova; le super trasferte di Cesena, Genova(con la Samp) e Roma e soprattutto la mirabolante doppia rimonta in quel mezzogiorno di fuoco contro la Lazio. Ho pensato alle emozioni e alla gioia di noi tifosi in questa stagione inattesa e all’incredibile ondata azzurra di Bologna. E mentre il pensiero schizzava da una parte all’altra dell’Italia, mi ha preso una certa malinconia. La stessa che ha invaso l’animo degli altri componenti dell’auto riducendoci al silenzio. Sì, mi riferisco a episodi e sensazioni che hanno avuto luogo nemmeno qualche mese fa e mi è sembrato già di avere a che fare con ricordi lontani, persi nella memoria, nel bianco e nero di qualche antico secolo. Eppure, noi oggi, e ripeto oggi, ci stiamo giocando una posizione fondamentale:il terzo posto con ammissione diretta alla Champions. Ecco, appunto, la Champions. Nell’aria oltre al silenzio, ho avvertito anche un’altra percezione legata appunto a questa benedetta competizione. Ho avuto e ho il timore che quella musichetta abbia un po’ destabilizzato tutti. Vivere ai piani alti o volare oltre le nuvole, quando nessuno se lo aspettava, potrebbe aver provocato giramenti di testa e vertigini improvvise. Soprattutto se non si è abituati a galleggiare ad alta quota. Nei momenti decisivi, quando si ballava per lo scudetto, abbiamo fallito senza attenuanti e, a parte coloro che seguono solo il Barcellona e il Manchester in televisione, smaltita la delusione momentanea, la maggior parte dei tifosi ha giustificato e ringraziato la squadra e il mister per il campionato nel suo complesso. Ora invece qualcosa è cambiato. I bei ricordi si stanno insozzando al cospetto dell’attuale nauseabonda situazione.

C’era una volta il Napoli di Mazzarri. Le rimonte, le grandi prestazioni , un campionato vissuto da protagonisti e in poco meno di un mese, è mutata la scena. Sta diventando un lento stillicidio che ingiustamente si riversa su noi tifosi che avevamo solo voglia di festeggiare un sogno atteso 20 anni. Questo Napoli invece oggi, mi sembra che appartenga a nessuno. Aveva un’anima. Aveva un gioco. Aveva un’identità. E invece ieri, ho dovuto assistere ad uno spettacolo indegno. E non dico questo solo perché Maggio è sceso in campo con il cestino, Lavezzi con la tovaglia a quadroni e Cavani con un paio di fiaschette di vino, no. Perché in fondo, anche in altre occasioni, si è giocato male e si sono lasciati i tre punti agli avversari senza una lotta feroce. E credo anche che nemmeno ieri qualcuno avrebbe aperto bocca per lamentarsi, se dietro non si percepissero sospetti e atteggiamenti incomprensibili e poco rispettosi nei nostri confronti. Quel nervosismo in campo e fuori l’ha detta lunga e ha espresso un verdetto. La benzina è finita e non si sa più chi e da che parte si sta remando. Io non vorrei maledire questa Champions, com’è capitato alla Samp quest’anno. Una Champions che ha stravolto le teste dei protagonisti, i progetti e i programmi futuri.  E dire che quando si è usciti dalla Coppa Italia e dall’Europa League non serpeggiava questo silenzio assordante condito di depressione. E invece ora che siamo ad un passo dal traguardo, sembra quasi che non interessi a nessuno. Anzi, c’è quasi l’aria distruttiva che si respirava con Donadoni o Colomba.

Ho sperato fino alla fine di conquistare quel benedetto punto, ieri. L’ho sperato perchè si sarebbero evitate le esternazioni folli del post partita e un secchio di polemiche in cui non entra più niente. Ora ci cimenteremmo in un paio di danze di giubilo e parleremmo già di acquisti, futuro e del dopo Mazzarri e invece tocca sorbirci un’altra settimana di veleno e fiele, mentre intanto noi, senza più un goccio di energia,  ancora stiamo giocando la nostra partita e non abbiamo ancora raggiunto l’obiettivo. Spero che almeno la squadra questo non lo dimentichi.

Il Walzer di Walter è stato solo rimandato e il vaso di Pandora sta per esplodere. Il silenzio in auto di ieri è stato insopportabile, mentre le pubbliche liti masochiste ci stanno rovinando. C’è una storica Champions da conquistare. Spero di non maledirla…un po’ come ho maledetto il lungo e silenzioso viaggio di ieri.

Non vedo l’ora che finisca il campionato e che l’aria si ripulisca. Le camicie passano, la maglia resta.

Forza Napoli Sempre

La 10 non si tocca.

ilnapolista © riproduzione riservata