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Dalla parte di Moggi e del diritto di difesa

Moggi radiato ? Macché. Ci sono ancora secondo grado e Alta Corte del Coni. Poi i tribunali europei e quant’altro serva a quest’uomo per tornare a lavorare come diritto di ognuno di noi. La corte del Dottor Artico ha fatto la sua un po’ scontata parte. Artico andava ricusato perché aveva già condannato Moggi in altro procedimento e a nulla valeva dire che formalmente quello sulla radiazione era tutt’altra cosa. Balle. Di che stiamo parlando ? Di un uomo che per due procedimenti analoghi, uno figlio dell’altro, cambia idea in corso d’opera ? Artico è colui che aveva sanzionato Moggi per le sim estere, un papocchio di illazioni del quale come ha detto in aula a Napoli l’avvocato del Brescia, quello che ha chiesto i danni per Calciopoli e non certo un amico di Moggi, non si capisce niente. Chi sostiene che lo stesso giudice che aveva condannato Moggi per le schede svizzere potesse essere terzo e sereno per Calciopoli mente sapendo di mentire. D’altronde lo si è visto nella sentenza di radiazione emessa. Cosa aveva raccomandato l’Alta Corte del Coni alla piccola corte di Artico ? “Ulteriore valutazione discrezionale con maggiore obbligo di motivazione in riferimento alla posizione attualizzata”. Tradotto: avrebbero dovuto riesaminare i fatti tenendo conto delle novità imposte al 2006 dall’attualità. Le pronunce dei tribunali sulla Gea, niente associazione a delinquere, su Paparesta, mai stato chiuso nello spogliatoio, sul sorteggio, mai alterato. E ancora. Le circolari federali riapparse, quelle sulla legittimità dell’ingresso dei dirigenti negli spogliatoi a fine gara, notificate al Procuratore Palazzi che pur rappresentando la Figc manco le conosceva in quella che è stata la scena più patetica dell’udienza di Moggi alla Disciplinare. La prassi suggerita dai vertici stessi, cari dirigenti e designatori onde stemperare tensioni, dissipare dubbi e far capire che è tutto alla luce del sole perché è tutto regolare telefonatevi telefonatevi telefonatevi. E ancora. I lanci Ansa che testimoniano come Moggi venisse a sapere il nome degli arbitri designati come tutti gli altri, gli sms che testimoniano come Moggi non venisse a sapere il nome degli arbitri designati come tutti gli altri. C’era chi lo sapeva prima. E ancora e ancora. Le telefonate degli altri pescate con lavoro certosino, costosissimo e totalmente a carico di Moggi in uno zabaione di migliaia di cd male assemblati e peggio trascritti. Telefonate che smontavano e smontano l’unicità dei rapporti tra Moggi e i designatori, che smontavano e smontano la volontà di designatori ed arbitri e vertici federali di favorire la Juventus anzi. Ce li mostrano terrorizzati dalla possibilità che ci siano errori in favore della squadra di Moggi, pietrificati dalla possibilità di essere sputtanati sui giornali nelle solite polemiche sugli episodi arbitrali, addirittura puniti e con le poltrone in bilico quando il bilancino mediatico degli errori e le classifiche rifatte sulla scorta della moviola davano putacaso spiraglio alle malelingue, davano putacaso Moggi dalla parte di chi l’errore aveva premiato. Nulla di tutto questo è stato fatto. Nulla di quanto aveva espressamente richiesto l’Alta Corte del Coni è stato adempiuto. Senza nemmeno rispettare il termine dei 15 giorni, Artico e i suoi in nove giorni appena si sono schienati sulla Procura federale di quel Palazzi che nonostante Scommessopoli, nonostante Premiopoli, nonostante egli stesso sappia che ci sono state novità altrimenti su che base toglierebbe lo scudetto etico all’Inter, ha trovato la forza di negare di sapere quello che già sa ed il tempo di occuparsi fuori tempo massimo dell’allegato a Calciopoli di cinque anni fa. La radiazione di Moggi, Giraudo e Mazzini. La sentenza di Artico e co. formalmente dice che si poteva ancora comminarla nonostante siano passati cinque anni. Nella sostanza valuta la gravità dei fatti come si fa a scuola elementare. Attraverso un sillogismo nominalistico. Il fatto è grave ? Allora c’è gravità. Se c’è gravità c’è radiazione. Aveva voglia l’avvocato Rodella a dire, valutare la gravità di un fatto equivale a valutare il fatto in sé. Niente, troppo complesso, si vede che l’avvocato Rodella ha la laurea in un ambiente più scolastico che scolarizzato nel quale conta di più il primo puzzapiedi che a gesti o bocconi dia a mezza bava l’allarme allarme ! suonando la campanella del giudizio popolare, troppo universitario per il calcio che in Italia deve farsi evidentemente su misura dei bambini. E neanche di quelli svegli. Di quelli che credono ancora all’Uomo Nero. E giù di svolazzi retorici da far ridere i polli. Condotta aberranteee ! Allarme sociale ! Che ridere. L’allarme sociale per Calciopoli di cinque anni fa in un paese che non arriva alla fine del mese, allarme sociale concetto mediatico simile a suo fratello, quella scoreggia alata del sentimento popolare. E dov’è finita l’ulteriore motivazione ? Dove l’attualità ? Dov’è il 2011, il 2010, il 2009, il 2008, il 2007 ? Scomparsi come scomparsi i cd delle chiamate Facchetti-Pairetto, scomparse le autocertificazioni false di Premiopoli, scomparsi gli investigatori che stavano facendo luce su uno scandalaccio come quello della truffa dei rimborsi dovuti dalle società professionistiche a quelle dilettantistiche per l’allevamento fasullo dei calciatori.

A leggere la sentenza s’è perso tempo al Parco dei Principi. Sentenze rese erano e sentenze rese devono essere. In tutto questo la responsabilità ce l’ha anche la società Juventus. Sarebbe bastato iniziare questo dovuto procedimento di rifacimento dei processi sportivi, ipotesi talmente fattibile che neanche Palazzi ha potuto negarla, ipotesi talmente giusta da non potersi perdere neanche in un porto delle nebbie così sgamato come la giurisdizione fai da te che guarda dove vuole guardare, copre quello che vuole coprire, decide quello che vuole decidere, preferisce i calendari alle persone, sparisce e riappare senza limiti di tempo. Che regola come capricci del sultano il calcio italiano. Sentenze rese comunque fossero state rese erano e sentenze rese comunque siano state nei fatti sconfessate devono essere. Almeno Moggi s’è risparmiato l’inutile atto di contrizione di Giraudo. Che poi non è vero si sia perso tempo quel lunedì romano ospitati a sette stelle tra americani in Ferrari e la tigna plebea di chi non s’arrende. In fondo non lo è. Perché si arriverà sino in fondo.

C’è qualcuno che non vuole Moggi nel calcio italiano. E’ lo stesso qualcuno che non vuole noi. Non ci vuole così dannatamente rompicoglioni, ostili a non berci le verità frettolose sennò il calendario chi lo sente, riottosi ad adeguarci, pazzi a non mollare al suo destino un essere umano ingiustamente colpito che ormai funge loro solo da intralcio e cattiva coscienza. Ci vorrebbe tremebondi, normalizzati, gente che non creda a ciò che vede ma ai tabellini dei giornali e le furbate di quattro parrucconi che fanno politica anziché giustizia. E’ guerra perciò.

Vado con Moggi alla guerra finale con una federazione gioco calcio sorda e grigia. Vedo gente scendere dal carro perché vuole continuare a stare nell’ambiente. Non sono un uomo per tutte le stagioni. L’avvocato di Sacco e Vanzetti gettò la toga alle ortiche. Un gesto romantico, scemo. Ma sono pronto a rifarlo. Sono pronto a trarre tutte le debite conseguenze derivanti da questo scontro. Moggi non è stato ancora radiato. Non lo sarà perché dalla sua ha la forza di avere profondamente, onestamente e definitivamente ragione. Nel caso la ragione non dovesse bastare a questo paese, straccerò il mio tesserino da giornalista. Fuori lui, fuori tutti quelli che ambiscono a chiamarsi uomini.

Ce ne hanno dette di ogni.

Finiranno col dirci anche questo.
Vincenzo Ricchiuti

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