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Meglio un Naldi composto e perdente o un Aurelio sguaiato e vincente?

Salvatore Naldi, a me, è sempre stato simpatico. E’ un vero gentiluomo, ottimo esponente di quella borghesia napoletana (prossima alla scomparsa, a dir la verità) dignitosa e attenta alla forma senza scadere nel cliché della “evve moscia” e dello snobismo molesto di certi personaggi cari a Federico Salvatore. Mai fuori luogo, sempre composto, eleganti abiti a giacca ed eloquio pacato, Totò Naldi è stato presidente del Napoli per circa tre anni. Uomo nuovo al mondo del calcio, provenendo da una famiglia di costruttori e albergatori, ha portato nella propria missione una grande carica di cuore. Perché Naldi era prima di tutto tifoso del Napoli, e nel suo ruolo dirigenziale ci ha messo la carica di chi esulta alle vittorie della squadra innanzitutto per passione sportiva, e poi perché vede un proprio prodotto imprenditoriale raggiungere un successo. In acque dove navigano temibili squali, infestate da approfittatori di vario tipo che si arricchiscono su oscuri giri di denaro, Naldi si è tuffato a proprio rischio e pericolo: e non gli è andata tanto bene, indebitandosi in prima persona, costretto a mettere in vendita alcuni hotel. A rendere ancora più simpatico Naldi, oltretutto, erano i suoi piccoli difetti. In questo rappresentavaun perfetto elemento narrativo: gli autori di romanzi o film sanno bene che, attribuendo a un personaggio delle debolezze (come Forrest Gump un po’ tonto, o James Stewart con la gamba ingessata ne “La Finestra sul Cortile) si facilita il processo di empatia e immedesimazione con il lettore/spettatore. Che cosa sono allora il balbettare o il parlare a volte incerto di Naldi, gli occhiali posati sul naso a patata, la pancia prominente nascosta sotto la giacca e, soprattutto, la sua ingenuità, se non particolari che ce lo rendono ancora più caro? Quando capita di vederlo passeggiare per via Filangieri e piazzetta Rodinò, viene ancora voglia di abbracciarlo, e in qualche modo di ringraziarlo.Ma ringraziarlo di cosa? Della passione, del trasporto, dei sacrifici fatti per il Napoli? Nessunolo fa, e non è un caso se Naldi passeggia per le succitate strade perfettamente ignorato dalla folla,mentre altri se si affacciano dalla porta di casa si trovano più gente del papa all’Angelus. Perché la sua presidenza è coincisa con tre mediocri stagioni di serie B, dove si lottava per non retrocedere in C1, mentre chi ha più memoria può ricordare che un anno ci volle l’affaire Catania per risparmiarci uno spareggio salvezza. Perché tutti i soldi che Naldi ha investito senza mai vederli tornare indietro non sono serviti a salvare il club dalle aule della sezione Fallimentare del Tribunale di Napoli. Enel rapporto coi tifosi, nel calcio in generale, non c’è gratitudine di sorta per chi non è vincente,al punto che in una notte d’estate di 7 anni fa lo stadio san Paolo si riempì per un fitto di ramo di azienda di un Gaucci qualsiasi, mentre nessuno si curò di cantare un tenero e onesto “grazie lo stesso” al povero Naldi. Le sue debolezze, si diceva. La principale è stata l’ingenuità, o per lo meno questa è l’impressione tratta osservandolo dall’esterno, senza conoscerlo di persona. Conscio del suo non essere uomo di calcio, Totò si è affidato a collaboratori e consulenti che, con maggiore o minore malizia, l’hanno trascinato nel baratro. Cos’altro se non ingenuità l’ha portato a fidarsi di Corbelli (scappato di notte lasciandogli la patata bollente in mano), a rimanere nell’orbita Moggi la quale, più che vantaggi arbitrali, ci ha portato Agostinelli allenatore. Lo osservavo inanellare errori, condurre lasocietà senza raggiungere risultati, ma umanamente mi piaceva. La questione è che tanta stima non serviva a niente, le società di calcio sono aziende di diritto privato, se si fanno le cose giustee nei binari della legalità si va avanti, altrimenti sono guai. Non si sarebbe mai potuta organizzare nell’estate del 2004 una petizione “diamo a Totò una seconda chance, è una brava persona”, perché in un’impresa in crisi servono i soldi e non attestati di affetto.Allo stesso modo, in un club coi conti in regola e che vanta un buon trend sportivo, l’educazione e lo stile del massimo dirigente sono elementi che lasciano il tempo che trovano.
Roberto Procaccini

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