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Per me il 5 luglio
resta Italia-Brasile 3-2

Non me ne vogliano gli amici napolisti, ma stamattina pensando al 5 luglio non mi era venuto in mente l’arrivo di Diego al San Paolo (giornata memorabile e sicuramente da cerchiare in rosso), ma un altro momento calcistico. Credo che il 5 luglio io abbia assistito alla  partita che ancora oggi definisco la più bella (e questo aggettivo include palpitante, emozionante, avvolgente e altro ancora) della mia vita. Era l’estate dell’82.Avevo dodici anni, quell’età strana. Sei piccolo, è vero, ma nemmeno troppo. E poi se sei malato di calcio ricordi tutto. L’album dei mondiali, la partita inaugurale (guarda caso c’era Diego), gli indecenti favori alla Spagna padrona di casa. E una Nazionale che sembrava andare incontro a una storica disfatta.
A quel mondiale l’Italia finì nel gironcino eliminatorio dopo aver collezionato tre pareggi contro Polonia, Perù e Camerun. Oliviero Beha costruì la sua carriera sulla partita con gli africani, denunciando brogli della nostra federazione per ottenere il punto decisivo per la qualificazione. Magra consolazione il passaggio del turno, visto che capitammo nel gironcino con Argentina e Brasile. Insomma, cronaca di un massacro annunciato. Prima partita contro Diego. E succede quello che non ti aspetti. Beh, certo, con le regole di oggi Gentile quel match l’avrebbe giocato sì e no venti minuti, ma all’epoca era un altro calcio e a furia di prender calci e vedersi la maglia strattonata, Maradona un po’ si limitò. Rossi si divorò il solito gol, ma poi Tardelli e Cabrini misero il risultato al sicuro anche da una punizione che Passerella calciò con furbizia senza attendere il fischio dell’arbitro. Nel match successivo il Brasile fece a fette l’Argentina. Diego finì il Mondiale espulso per un fallaccio su Batista.
E arrivò il 5 luglio. Stadio Sarrià di Barcellona, se non ricordo male. Al Brasile bastava un pari. Oggi non si ha idea di cosa fosse quella squadra. Fece a pezzi chiunque gli capitasse a tiro. Soffrì un po’ con l’Urss, poi ne diede quattro agli scozzesi, tre agli argentini. Junior giocava terzino in quella squadra. C’erano Zico e Falcao, Eder e Socrates. Ma anche Valdir Peres e Serginho, portiere e centravanti, punti deboli della formazione di Telè Santana. Battere il Brasile a quel Mondiale sembrava come battere oggi il Barcellona. “Portatevi il pallottoliere”, dicevano i giornalisti verdeoro ai nostri. Pronti, via, Cabrini crossa, Paolo Rossi si sveglia da un letargo lungo due anni, fatto di calcio scommesse, squalifiche, e cocciutaggine di Bearzot che lo volle ai Mondiali a dispetto di tutti. Uno a zero. Ma è troppo presto. Socrates chiude un triangolo e sorprende Zoff sul primo palo. Ci prepariamo al peggio. E invece loro sbagliano un fraseggio in difesa, Pablito irrompe e credo segni l’unico gol da fuori area della sua carriera. Due a uno. Non crediamo ai nostri occhi, col tutto esaurito nella casa delle vacanze, in una calura estiva e davanti a un Radiomarelli in bianco e nero che oggi sarebbe un pezzo vintage da un bel po’ di migliaia di euro.
Il Brasile attacca, non va vicino al gol, ma dà sempre l’impressione di poterlo segnare. Meno male che giocano senza centravanti. E che l’arbitro consente a Gentile di riservare a Zico il trattamento Maradona. Vanno avanti anche nel secondo tempo. Premono, premono, finché Falcao non prende palla ai trenta metri, finta di andare a destra portandosi dietro tutta la difesa, si accentra e col sinistro fa secco Zoff. E’ la fine. E’ stato bello sognare. Chi avrebbe mai immaginato che sul quel calcio d’angolo Rossi aveva l’appuntamento con la storia del calcio? Tre a due. E poi c’è tanto ancora. Il quarto gol ingiustamente annullato ad Antognoni e mentre il Radiomarelli viene portato erroneamente in trionfo ci si rende conto che ancora si gioca. Zoff va un po’ a farfalle, ma il colpo di testa decisivo lo blocca quasi sulla linea. Il resto è Bruno Conti che cerca la bandierina e fa il brasiliano perdendo tempo, Eder che scalcia i cartelloni pubblicitari per calciare un angolo, Bearzot che fuma la pipa. E l’arbitro fischia. E tu a dodici anni hai la netta sensazione che una partita del genere non la vedrai più per il resto della vita.

Massimiliano Gallo

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