Resto inchiodato davanti alla tv, rapito dallo spettacolo dei due Manchester impegnati a Wembley per la Supercoppa inglese che cancella, un giorno dopo, la mediocre scena delle due formazioni milanesi a Pechino per la Supercoppa italiana. Un altro calcio sull’erba londinese. Un’altra interpretazione del gioco, dell’autentico spirito del football, dell’agonismo leale, della battaglia sino all’ultimissimo minuto, della tecnica al servizio della corsa.
Certo, non mancano, in Inghilterra, le premesse tattiche e le consegne strategiche, non mancano i meccanismi mandati a memoria, ma gli interpreti non sono aridi autonomi. Hanno il gusto del gioco. Nessuno fa la bella statuina. Sono tutti immersi nel match, anima e corpo. Le fasi difensive sono bene organizzate, ma lo scopo è attaccare.
Nella ripresa il primo quarto d’ora furioso dello United, che rimonta i due gol incassati nel primo tempo, è uno spettacolo che rimane negli occhi. Sarà il clima fresco di Wembley, sarà la preparazione precampionato degli inglesi già a buon punto, sarà la dovizia di assi delle due squadre, ma questo è il vero football. Come è lontano il nostro calcio che nasce negli alambicchi degli allenatori, che si blocca sulla tattica esasperata, che va avanti al risparmio, che raramente diventa protagonista.
La sfida fra United e City è stata fantastica. Un match tutto di corsa, di grande generosità e impegno, col pallone giocato quasi sempre di prima, grande senso del collettivo e mirabilie dei solisti (Nani soprattutto, autore di due splendidi gol: il secondo al 90’ ha dato la vittoria allo United per 3-2).
Nel miglior momento dello United, un gioco irresistibile, con sei, sette passaggi nello stretto, un tocco e via, combinazioni volanti di puro godimento. I giocatori si smarcavano rendendosi pronti a ricevere la palla. Non mancavano gli scontri, ma le proteste erano ridotte. Nessuna sceneggiata.
Tecnicamente inferiore, il City ha giocato la sua partita senza asserragliarsi in difesa tranne nel quarto d’ora in cui l’assalto veemente dello United lo ha costretto ad arretrare. Ma anche il City ha giocato “aperto”, ha giocato per vincere, senza nessuna sudditanza psicologica e tattica dell’avversario superiore (bravo Mancini!).
Giocare per attaccare e vincere. Questo è stato il match. Questo è il gioco del calcio. Non l‘Inter che schiera la nuova difesa a tre di Gasperini e poi, una volta in vantaggio, la porta a quattro (e perde!) pur considerando tutti i limiti della formazione nerazzurra senza molti titolari e con una preparazione ancora da completare. Il Milan è stato astuto, aspettando la flessione degli interisti, ma non grande. Solito calcio all’italiana che paga in casa e viene bocciato nelle competizioni europee.
L’impressione è che gli allenatori in Inghilterra siano dei maestri-guida, ma non i totem assoluti, i protagonisti imprescindibili, i dittatori dello spogliatoio, quelli che vincono le partite con l’astuzia tutta italiana che frutta ingaggi d’oro a veri e falsi stregoni della panchina. Sir Alex Ferguson, ai gol dello United, appare come un vecchio bambino felice. Non ha mai l’arroganza del vincitore. Non dispensa il vangelo calcistico. Non è Capello o Lippi scesi in terra. Vince col gioco e non con i trucchi tattici (quando riescono). Vince con eleganza.
A Wembely sono stati 90 minuti di gran calcio. Mai una manovra a perdere tempo, a rallentare il gioco. Nessuna manfrina, nessuna sceneggiata. L’arbitro (molte ammonizioni) né capro espiatorio, né alibi. Il City ha fatto la sua parte e, alla fine, ha perso per un errore di Company che dava via libera a Nani per il 3-2. Ma quella danza forsennata del secondo gol dello United, al limite dell’area del City, affollato di difensori e attaccanti, è stata una autentica magia sino allo scambio finale che proiettava Nani al pallonetto prodigioso in rete.
Si sono chiamati Nani, Anderson, Rooney, Evra, Yaya Tourè, Silva, Dzeko, De Jong, Lescott i grandi protagonisti del match. In ombra Balotelli, sostituito nel secondo tempo. Unica nota stonata il nuovo portiere dello United David De Gea (1,92), campione d’Europa con l’Under spagnola, proveniente dall’Atletico Madrid e pagato 20 milioni di euro per sostituire Van der Sar. Una parata prodigiosa, ma complice nelle due reti segnate da Lescott (mancata uscita alta) e Dzeko (tiro dalla distanza).
MIMMO CARRATELLI