Ho un peccato originale, lo confesso: amo Zeman. E quindi quel che sto per scrivere potrebbe perdere la sua efficacia. Ma la vicenda Gasperini-Inter non può non essere affrontata, persino su un sito che dovrebbe occuparsi del Napoli e di Napoli. Perché la vicenda Gasperini-Inter racchiude in sé tratti importanti dell’essere umano. Su tutti, la presunzione e il solipsismo.
Perché solo se credi di essere dio e cammini con i paraocchi al pari dei cavalli puoi pensare che campioni, fior di calciatori si mettano a tua disposizione perché tu possiedi il verbo, hai le chiavi per decifrare il gioco del calcio e lì porterai lassù, nell’Olimpo. E’ stato presuntuoso, da parte di Gasperini, approcciarsi all’Inter con le sue idee e non avere la minima intenzione di cambiarle. Tutti, da Ranocchia a Lucio, da Cambiasso a Zanetti, da Pazzini a Milito, si sono dovuti adeguare al suo credo. Lui, invece, nemmeno un passo. Nemmeno un dubbio. Dritto per la sua strada. Come se avesse vinto tre Champions e sei scudetti.
E’ ovvio che a un certo punto la squadra ti rida dietro, che nessuno si sacrifichi per te. Qui c’è gente che il calcio vero lo vive da tempo, che qualcosa ha vinto, che ha avuto in panchina uno degli allenatori con più carisma degli ultimi vent’anni. E se un uomo, ancor prima che un tecnico, questo non lo capisce, è grave. Vuol dire che non capisce la realtà dove sta operando, l’ambiente con cui ha a che fare. Non vorrei offendere ma l’intelligenza cammina, a mio avviso, di pari passo con la duttilità. In ogni circostanza della nostra esistenza.
Ora non so come andrà a finire, ma lo immagino. E in fondo il Gasp se l’è cercata. Se ha l’occasione della vita devi sapertela giocare. E, forse, qualcuno doveva avvisarlo che l’Inter non era il Genoa. Con tutto il rispetto per i Grifoni.
Massimiliano Gallo
Gasperini, ovvero dell’ottusità di un allenatore
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