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È giusto preferire la Champions al campionato?

Spero di non andare troppo controcorrente nel fiume di gaudio magno in cui siamo immersi di nuovo da stanotte, ma qualche preoccupazione per il futuro ce l’ho. Colpa forse della tv, che a differenza dello stadio stabilisce una distanza emotiva sia pur minima. Parto dalla faccia e dalle parole di Mazzarri. Era sì contento, ma per certi versi sembrava il bis del post-partita con il Milan. Una mezz’ora al massimo, poi il calo e la pressione del Villareal, con un Pepito Rossi che, pur recuperato all’ultimo, poteva fare sfracelli. Dallo studio di Sky, un altro Rossi, di nome Pablito, ha posto a Mazzarri la domanda più intelligente: “Il Napoli per imporsi deve giocare al 120 per cento, quando imparerà a vincere le partite amministrando meglio le energie?”. La risposta del nostro allenatore è stata eloquente: “E’ una questione di esperienza ma se giocassimo solo una volta alla settimana non ci sarebbero problemi”. A questo punto, lo ammetto, sotto di me si è aperto un piccolo abisso di rimpianto: “E’ giusto dare preminenza alla Champions e non al campionato?”, come rivelato recentemente dallo stesso Mazzarri. Lo sappiamo, a De Laurentiis interessa più l’Europa che l’Italia. Ma l’obiettivo del terzo scudetto (ma sì nominiamolo) non sarebbe più realistico e anche più bello di una qualificazione alla fase successiva in Champions? Dico questo perché la lotta su due fronti la vedo durissima, come dimostra la trasferta di Chievo. I giocatori non reggono questi ritmi. Il più in forma, Maggio, risente di un affaticamento e Mazzarri, ieri sera, per spiegare il ritmo più basso del secondo tempo ha detto: “Eravamo stanchissimi, ci sono almeno cinque giocatori che giocano sempre”. Insomma i dubbi aumentano, come ha reso bene l’idea Mario Sconcerti dopo il flop di Verona: “Che senso ha spremersi al massimo per Manchester e Milan e poi cambiare sette giocatori e andare a perdere con il Chievo?”. Senza contare che i piedi ruvidi della difesa (lo ha notato Beccantini sul quotidiano dove scrivo) sono un limite importante in fase di impostazione (l’unico che aveva i piedi buoni, Ruiz, l’abbiamo mandato via perché non piaceva a Mazzarri). Il limite è emerso con il Villareal proprio nel secondo tempo: la squadra ha fatto fatica a ripartire per la stanchezza accumulata e si è affidata spesso ai lanci lunghi. Ma è chiaro che il turn-over sarà il tormentone negativo di questa stagione. Tranne Inler, i nuovi acquisti ancora devono dare un senso alla loro presenza nella rosa e Fideleff domenica scorsa è stato tra i peggiori dell’intero campionato (basta fare la media). E un po’ di nostalgia mi viene a vedere l’Atalanta virtualmente in testa con i nostri scarti di lusso (Calajò no, non lo rimpiango invece). Mi auguro di vincere su tutti i fronti, ci mancherebbe altro. Però, ripeto, la vedo durissima. Fabrizio d’Esposito

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