L’urlo di dolore proviene da quel ramo del lago di Como. Ma non è quello di Renzo Tramaglino disperato per non riuscire a coronare il suo sogno d’amore con Lucia. No, è quello di Eleuterio Coclite da Miranda. Lui, che si portava avanti il pallone di sinistro al pendio di Agnano, che beneficiò dell’odio di suo padre per Savoldi accompagnando così al San Paolo il nipotino che aveva l’abbonamento gratis. Lui, il povero Eleuterio, non si capacita che in Champions il Napoli possa giocare con la maglia grigia. Lui, che quando Laudrup segnò il gol dello 0-1 al San Paolo, poi annullato, in quell’indimenticabile quarto di finale di Coppa Uefa, spense la tv. Ma poi dopo un po’ la riaccese, tranquilli. Lui, che al confronto Buddha è un irrequieto, si arrampicò sul mobilio di casa quando Francini la mise dentro in quel maledetto primo turno di Coppa dei Campioni. Lui, che registrava Novantesimo minuto per rivederselo più tardi evitando così pubblicità e commenti.
Ebbene lui, Eleuterio, piange sconsolato. Han provato a spiegargliela la scelta. Volevano parlargli di merchandising, ma lui alla seconda sillaba ha gridato come nemmeno Munch avrebbe immaginato. E ha seguitato a piangere, non ci si può credere quanto. Povero Eleuterio, lui che non si rassegna al fatto che non si vada più in campo con le maglie numerate da 1 a 11, che ricorda ancora Dick Dinamite sul Guerin Sportivo.
Eleuterio, mettiti il cuore in pace, magari vedi un po’ se gli ottici vendono quelle lenti in grado di convertire i colori. Trova un paio di occhiali che convertano il grigio in azzurro e fa’ finta che nulla sia cambiato. Un po’ come la bambina del “Mare non bagna Napoli”. Ciao Eleuterio, ti voglio bene.
Massimiliano Gallo
No, la maglia grigia in Champions no, per favore
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