Arrivasti due anni fa, più o meno di questi tempi, forse a ottobre. Con te cominciò la svolta di Aurelio: via Marino, via Donadoni e lui al centro di tutto. Un sistema aureliocentrico in cui, alla fine, l’unico che è riuscito a tenergli testa sei stato tu. Sin dalla conferenza stampa di presentazione. Un siparietto cui forse non prestammo la dovuta attenzione.
Due anni fa, dicevamo. Eravamo reduci dalla sconfitta di Roma per 2-1, praticamente senza tirare in porta. Non conoscevo molto di te, sì ricordavo della Sampdoria, il tuo rapporto con Cassano, il detto e il non detto, un po’ della Reggina. Ma eri uno sconosciuto. Esordisti col Bologna, al San Paolo. Una partita strana. Ricordo che c’era tempesta tra De Laurentiis e Lavezzi e tu compisti il secondo atto di insubordinazione: mettesti in campo il Pocho, se non sbaglio reduce da impegni con la Nazionale. Andammo sotto, pareggiammo e tu mettesti un’altra punta sbilanciando completamente la squadra. E’ pazzo, pensai. Rischiammo di perdere, sarebbe stato uno choc, e invece vincesti. Ti demmo credito seguendoti a Firenze e all’ultimo minuto ci facesti gridare in tribuna stampa mentre lo zio si rendeva protagonista di un accenno di rissa. Ricordo la surreale conferenza stampa a fine partita, tra giornalisti increduli e sorridenti e tu che gongolavi ma comunque non te la tiravi.
Poi ci innamorammo di te in quelle due partite che per noi napoletani sono tutto: col Milan in casa e a Torino dai maledetti bianconeri. Che match col Milan: sotto di due gol dopo cinque minuti, tu giocasti la tua personalissima partita. Ti agitavi, saltavi, ti sbracciavi. Certo, non proprio uno stile Ferguson, però… Ti guardavamo con quella inseparabile camicia bianca chiedendoci se non fossi matto. E quando la pareggiammo, incredibilmente, negli spogliatoi dichiarasti: “non mi sono piaciuti gli eccessivi festeggiamenti sul 2-2, potevamo fare il terzo”. Poi quel sabato a Torino. E’ storia. La rimonta, Datolo, Hamsik. Un 2-3 che non si dimentica più. Lì sei entrato definitivamente nel cuore dei tifosi.
Poi, lo sai, la convivenza è cosa ben diversa dall’innamoramento, le prime uscite, le attese, i sorrisi. E la convivenza non sempre è stata facile. Hai sempre goduto, giustamente, di un credito pressoché illimitato. Hai resistito anche col mare in tempesta quando vendemmo una delle nostre navi più pregiate che però con te non aveva mai legato. Via il Quaglia, prendesti Cavani. Attaccante moderno, dicesti. E avesti ragione tu. Ancora una volta.
L’anno scorso fu quasi una cavalcata trionfale, almeno fino a primavera. Sbagliasti i calcoli nel momento clou (Villarreal, Milan) e andammo a fondo. E fosti determinante, secondo me, in negativo, in quel finale di campionato da dimenticare. Ma ci hai fatto gioire lo scorso anno come non capitava da tempo, e ci hai regalato la Champions. Un sogno. Un obiettivo da grande squadra.
Volevi andar via a fine stagione. Volevi una grande, una squadra dai progetti ambiziosi. Come darti torto. Sei rimasto e noi siamo stati tutti contenti. Ora anche gli ultimi scettici si sono convinti dopo aver visto all’opera Gasperini all’Inter.
Sei permaloso, testardo, a volte vedi il muro eppure ci vai a sbattere contro. Tu, il tuo modulo, il preferire piedi rozzi in mezzo al campo, quel tuo piagnucolare a fine partita. Adesso persino quando vinciamo. Ma tu sei questo. E tanto altro. Hai creato un gruppo che a Napoli non si vedeva forse dai tempi di Vinicio, in tanti dicono che la tua squadra somigli a quella. Siamo entrati nell’Europa che conta e non abbiamo ancora perso. Ci temono, in Spagna e in Inghilterra. E gran parte del merito è tuo. Oggi compi cinquant’anni. Gli auguri non li vuoi, hai detto. E allora beccati solo queste righe. E il nostro grazie.
Massimiliano Gallo
Gli auguri non li vuoi, Walter, ma fatti ringraziare
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