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Calciatori si nasce o si diventa? E come si diventa?

Adoro essere fuori tema e cerco sempre una giustificazione per andarci. Questa volta la lunga pausa di champions e campionato (un’astinenza, più che una pausa, mamma mia che sofferenza) collegato al torcicollo di mio figlio, che per una settimana non si è allenato, spinge le mie dita sulla tastiera per una domanda: come e chi diventa calciatore professionista? La “scugnizzeria”, di cui De Laurentiis ha parlato, presto dovrebbe diventare realtà: centinaia di ragazzini a scuola calcio, sul modello del Barcellona, per creare in “laboratorio” i Ferrara e i Cannavaro di domani. Anche gli Insigne, spero. Ma la scuola calcio è sufficiente? Sono tre anni che ne frequento una (spesso accompagno il bimbo, la cosa mi diverte molto) talmente ben organizzata che tra poco la demoliranno. Pare che la Mariano Keller sia totalmente abusiva, per di più sorta in un terreno demaniale con rischio frane. Che a Napoli funzioni meglio tutto ciò che è abusivo è un altro discorso: se demolizione deve essere, che demolizione sia. E’ un piacere vedere bambini di cinque, sei e più anni che rincorrono un pallone. Non bisogna essere un esperto per accorgersi quando il talento puro emerge nel gruppo. Qualche settimana fa, eravamo una cinquantina di genitori ad applaudire il n. 23 della squadra avversaria (che peccato non essermi appuntato il nome, della squadra e del minicampione). Meno di nove anni e già testa alta, scatto, dribbling, tiro, tackle. Un fenomeno. Abbiamo perso 8 a 1 (mi pare) e mio figlio è uscito dal campo piangendo. Vi assicuro che se quel n. 23 fosse passato nella nostra squadra dando in cambio uno qualsiasi dei nostri, avremmo vinto noi. Davvero applausi a scena aperta, pare sia stato già acquistato (o opzionato, come si dice) dalla Sampdoria. Ma la domanda è: tre volte a settimana per un’ora e mezzo a seduta, sono sufficienti a costruire un atleta, un calciatore? Aggiungo (ma questo l’ho più volte detto) che già l’espressione “costruire un calciatore” è sbagliata perché il talento o ce l’hai o non ce l’hai. La scuola calcio ti può solo aiutare. Chi ha la fortuna di vivere in un parco, gioca tutti i giorni due, tre ore. Minimo. Chi abita in paese magari ha il campetto sempre a disposizione. Quindi (ahimé, fare il commercialista mi ha devastato) tre ore al giorno per 350 giorni circa, sono mille ore di allenamento all’anno. Chi fa “soltanto” la scuola calcio, arriva a nemmeno duecento ore annue, che secondo me sono pochissime. Ho letto da qualche parte che una volta Marcello Lippi, al termine dell’allenamento della Juventus, tornando a casa, vide Zidane giocare per strada con alcuni algerini. “Che fai, Zinedine”? – “Gioco un po’ a calcio”. Per non dire del nostro Dio che dormiva con il pallone e giocava dodici ore al giorno, come recitano i sacri testi. Insomma il tema l’ho lanciato e vorrei sapere gli esperti che ne pensano. Calciatori si nasce o si diventa? E come si diventa?

Giuseppe Pedersoli

P.S. Scrivere per il Napolista è per me motivo di grande orgoglio ma, confesso, soprattutto di divertimento. Per questo non mi rendo conto del suo impatto mediatico. Alla presentazione del libro di Ilaria Puglia e Mimmo Carratelli, conosco “Luca da Parigi” (Picardi) che mi fa: “Ah, tu sei Pedersoli, il papà del campioncino”! Mi sono vergognato. Detesto i genitori stupidi che esaltano qualità inesistenti dei figli. Qui racconto ironicamente alcune situazioni, secondo me simpatiche, della vita calcistica di Karim, ma solo per divertimento. Essendo, come tutti i maschi (e qualche femmina; Ilaria, non ti arrabbiare, lo preciso) un grandissimo esperto di calcio, dico subito che mio figlio, 8 anni e mezzo, ha un ottimo fisico e corre tanto, ma “non ha il piede”. Sono sincero, non lo faccio per “rimediare”. Non credo che diventerà un calciatore, è lontano anni luce da quel n. 23 di cui sopra. Certo, spesso la butta dentro perché c’ha la “cazzimma”, come dicono gli altri genitori. Ma non basta. Mentre scrivo, mia moglie passa sbircia e mi “cazzea”: ma perché devi sputare queste sentenze? Giusto. Torno a sognare. Farà il calciatore o l’attore o il cantante. Pazienza se non sa recitare né cantare. Gli vorrò bene, anzi lo amerò anche se farà l’elettrauto, l’idraulico, l’avvocato, il commercialista. O il disoccupato.

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