C’è Napoli nel film “La kryptonite nella borsa”, di Ivan Cotroneo. C’è Napoli, dalla prima scena. Le scale, credo del Corso, quelle che conducevano alla mia scuola, in corso Vittorio Emanuele. C’è Napoli nella voce di Valeria Golino. C’è Napoli nell’immagine di suocero e genero incollati alla radio mentre magicamente regala il racconto in diretta di Enrico Ameri che narra di un tiro di Bruscolotti. C’è Napoli nei palazzi dei quartieri spagnoli.
Non è un gran film, secondo me. Minimal, come tanti film italiani, arroccati e ripiegati sulla famiglia. Un po’ troppo buonisti. Ma tant’è. Però è una fiaba. Con una sua leggerezza. E che qualche risata te la strappa. Con un supereroe ricchione (scusate, ma gay non c’azzecca col film). Con quel bambino bruttino (o almeno così dovrebbe apparire; in realtà è bellissimo) che guarda il mondo dai suoi occhiali. Richiamo fin troppo evidente alla bambina che Anna Maria Ortese ci portò nel cuore spiegandoci che no, il mare non bagna Napoli. C’è Napoli e ci sono gli anni Settanta. Le femministe e l’Lsd. E lo psicanalista. Con lettino o senza.
In fondo Napoli è una città cinematografica. Cotroneo la ritrae con quel suo portato d’umanità che ritrovavo allo stadio quand’ero piccolo e guardavo i grandi come fa il baby protagonista. Una Napoli un po’ stereotipata, però calda. E poi Napoli dall’alto con David Bowie che ci canta la vita su Marte non è male. Me lo ha consigliato lo zio che si era emozionato.
Massimiliano Gallo
La kryptonite nella borsa e quegli occhiali della Ortese
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