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Nel fossato del San Paolo la partita è finita 3-1

Vi scrivo dal fossato del San Paolo. Si sta bene qui, fa caldo, c’è un silenzio strano, perché intorno ci sono migliaia di voci. C’è un’atmosfera particolare, sento qualcuno che corre, scalpitio di passi, mormorii, qualcuno urla. Ecco, è una cosa grande stare quaggiù, vedi le cose da un punto di vista completamente diverso, da un’altra ottica. Ma vi racconto com’è andata, se volete, che così capite meglio. È il 68°. Al 40° non mi sono  buttata, ho deciso di aspettare un po’, ma al 68° come facevo a non mantenere la parola? Fernando da lontano mi urlava che Puglia è di parola e allora adesso Puglia si butta, Fabio, davanti a me, cercava di strapparmi il Netbook di mano, il Martire mi teneva per i capelli, urlando di lasciarmi stare, ma no, la Puglia l’ha detto e la Puglia adesso lo fa. Santo Goran dei martiri del calcio, mi inchino davanti a te. Stringo a me il Netbook, salgo sul sediolino numero 30 e mi lancio in volo così, a petto di palummo. Rimbalzo su quelli che stanno sotto, da sopra sento il Martire che urla: “Lanciatela! Lei vuole così!”. E quelli mi passano leggeri ad uno ad uno, manco stessero srotolando uno striscione con su scritto “Forza Puglia”. Arrivo alla ringhiera e mi rimettono in piedi. Qualcuno mi dice “mo’ se si’ omm, t’ea lancià”. Ed io mi rassetto la giacca, mi sistemo i capelli dietro le orecchie e, fiera, salgo sul parapetto e mi lancio giù. Il piumino attenua un po’ la caduta. Quanti metri saranno? Non tanti, ma abbastanza da sentire dolore. Atterro fortissimo, e sento un gran tonfo, che quel tonfo, poi, sarei io. Atterro di schiena, il Netbook ancora stretto tra le braccia. Lo apro e lo accendo per assicurarmi che funzioni ancora. E come scrivo, sennò? Le braccia reggono, le mani pure, sono ancora una scrittrice. Cerco di alzare la testa, ma mi fa male il collo. Sento un formicolio strano nelle gambe, mi fanno male le ginocchia e i polpacci, i piedi non li sento neanche più, per non parlare dell’osso sacro! Appena esco chiamo la mia estetista e prenoto un massaggio rilassante e srotolante. E però qui dentro ci sto una bellezza. Non è nemmeno così sporco come immaginavo, quaggiù. E poi c’è tanta tranquillità. Siamo sul 3-1 figuriamoci a quelli lassù che cosa gli importa di me, ovvio che continuano a guardarsi la partita, no? Una sensazione di leggerezza. Quaggiù non sono più Puglia, non sono nessuno, solo uno spirito in caduta libera verso il paradiso del San Paolo. Mi si chiudono gli occhi. La botta è stata grande. Ricordo che, mentre volavo, urlavo come un’ossessa “Gooooraaaaaan”, tanto che ora mi fanno male persino le tonsille. Solo che mo sto tutta tranviata. E’ come se mi fosse passato sopra un tir, una motoslitta nella neve, ecco, mi sento così. Come se qualcosa mi avesse impedito di rompermi tutte le ossicine che ho ben presenti in corpo. Ho sonno, vorrei dormire. Epperò cerco di restare sveglia perché sento da lontano la voce del Mister. Parla con Frustalupi, gli sta parlando di tattiche e strategie. Sento che gli dice “adesso difendiamo il punteggio, ci schieriamo con la difesa a cinque!”. E godo, pur restando immobile per paura di sgretolarmi, perché adoro un mister lungimirante così. Perché se stai vincendo contro la Juve ovvio che ti copri, no? E allora mi rassereno. Sono tranquilla. Penso che forse è meglio schiacciare un pisolino, ché poi dopo devo scrivere l’articolo per il Napolista ed ho bisogno di un po’ di energia. Arriva qualcuno da lontano. Sento un rumore di passi, le ruote di una lettiga. Sento i paramedici in lontananza. Vedo il chiattone con il camice arancione che era sempre in campo l’anno scorso. Vorrei domandargli che fine ha fatto, ché Vincenzo imprecava sempre contro di lui e mi è mancato. Ma forse è già una visione, forse dormo già. No, sto cedendo, mi cala la palpebra, non ce la faccio a stare sveglia. Il Mister mi ha fatta felice e vorrei solo rilassarmi un po’. Qualcuno mi tocca una spalla, mi dicono “Signora, signora, sta bene? Si svegli, signora, la portiamo in ospedale per vedere come sta”. “No, grazie, sto bene qua” rispondo con la voce arrochita dalle urla di felicità, mentre vorrei soltanto urlare “Signora a chi?”. “Ma, signora, stanno ancora giocando! Non vuole sapere come va a finire la partita?”. Ci penso per un attimo, mi ricordo la voce del Mister, di poco prima, sento il boato della gente attorno e mi dico di no. Sono viva, non mi importa del resto. Questa partita per me finisce 3-1, con il miracolo di Pandev, la lungimiranza del mister ed un sms nel telefonino “cazzo, siete fortissimi!”. È il mio amico juventino. E adesso lasciatemi qui. E Forza Napoli. Sempre.
Ilaria Puglia

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