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Abbiamo fatto tutto da soli, è questo l’orgoglio di essere napoletani

Capita che la prima cosa a cui ripensi è quel giorno di agosto, quando stavi scrivendo il tuo libro e ti mancava giusto il sorteggio ed il profilo delle squadre del girone. Non aspettavi altro, nonostante il mare, i bambini, la vacanza. Ricordi la delusione, l’aver pensato “non ce la faremo mai”, l’esserti rammaricata per la sfortuna di non poterci sperare neppure un po’.Ripensi al momento in cui hai spedito la bozza finale del libro all’editore ed inviato la mail di conferma a Mimmo, a quando hai pensato che era un peccato aver scritto un libro per festeggiare l’ingresso in Champions e non arrivare poi a descriverne con gioia tutte quante le emozioni. Ricordi l’ansia con cui hai aspettato che iniziasse. La prima partita contro il City, a Manchester, che nessuno ci credeva, ma tu assurdamente sì, perché ci hai creduto sempre, non hai smesso mai. Ricordi distintamente la sensazione nell’ascoltare per la prima volta una musichetta soltanto tua e di altri sei milioni di tifosi al mondo. La commozione, i brividi. Ricordi il momento in cui ti sei inginocchiata piangendo al centro del salotto dopo quello straordinario pareggio e quella che ti sembrava l’impresa dell’anno. Ma non avevi ancora visto niente, perché stamattina ti tornano in mente tutte le partite, quelle in cui eri al San Paolo e anche l’unica che non hai visto lì. Ti viene in mente Vincenzo, presente al Madrigal con uno striscione dipinto da un bambino. Ti ricordi, all’improvviso, che non importa se contro il Manchester non ci sei andata, allo stadio, perché adesso hai la certezza che si tornerà a giocare lì almeno una volta e che tu ci sarai. Ti viene in mente il momento in cui in campo è entrato Grava e tu quasi ti sei commossa perché non c’era nessuno che come lui potesse significare tutto quello che in quel momento stava accadendo, da dove venivamo, cosa siamo stati per tanti anni. Capita che oggi ti senti strana, come svuotata, di primo mattino, come se la gioia ti fosse esplosa tutta dentro, lasciandoti in balia di uno stato d’animo che fatichi pure a spiegare qui. Perché ieri non hai seguito la partita nel gruppo che hai fondato su Facebook (Oj vita mia), ma quelli che c’erano sono rimasti tutti uniti, tenendosi per mano come tu hai chiesto loro di fare sin dal primo momento e allora non conta che non c’eri, perché in fondo eri lì anche tu. E ti viene in mente il tuo urlo in solitaria. Perché ieri, poco prima che quella partitaccia si sbloccasse, mentre eri a cena a casa di amici, per la prima volta hai abbandonato la stanza piena zeppa di tensione nel cuore, che ti è sembrato di stare sul punto di scoppiare per tutta la giornata per colpa della tachicardia, e sei uscita sul balcone a fumare una sigaretta da sola e poiché, dentro, il segnale di Sky arrivava in ritardo rispetto a quello della Rai, su cui in tanti fuori erano sintonizzati, hai sorpreso tutti urlando “goal!” mentre ancora i nostri dovevano toccare palla. Hai visto gli altri che si alzavano dal divano e Fabrizio ed Edoardo e Marco correre verso il balcone e chiederti “ma come cazzo hai fatto?”. E vaglielo a spiegare l’urlo che hai sentito fuori, l’esplosione della città a cui tanto appartieni e che non hai mai voluto abbandonare e che fino a pochi minuti prima del calcio di inizio non pensavi altro che a come salvare. Vagli a spiegare quello che hai provato sentendo quell’urlo disumano prima che dentro quel salotto si vedesse il gol di Inler. Vagli a spiegare che il tuo urlo è arrivato scomposto, incontrollato, irrazionale, dritto dalla pancia, attraversando tutti i tuoi muscoli, le vene, che hai sentito scorrere veloce il sangue e riconosciuto distintamente tutte le terminazioni nervose. Che non hai potuto ricacciarlo in gola, quell’urlo, che non era solo il tuo. E che sei felice di averlo vissuto da sola fuori ad un balcone freddo, in una notte napoletana con il cielo sereno e scuro, bello come questa straordinaria vittoria. E pensi che quegli undici ti hanno regalato una notte magica e hanno dimostrato a tutti che davvero il calcio, come la vita, è solo una questione di testa, che non significano niente i complotti, i soldi, gli imbrogli, le ingiustizie, gli avvilimenti a cui puoi essere sottoposto, le magagne che ci sono sempre, le cazzimmate che puoi incontrare sul cammino (il Villareal ieri ha avuto una cazzimma che manco i mohicani), perché quando ci credi davvero puoi arrivare ovunque. E questo Napoli ne è la dimostrazione. Superiamo il girone più difficile di tutti e lo facciamo con onore. Chissenefrega dei punti persi in campionato? Bisogna solo essere orgogliosi di una squadra così. Impariamo da questo Napoli,perché cosa c’è di più grande della gioia e della soddisfazione di aver fatto tutto da soli, senza l’aiuto di nessuno, in mezzo a tanti ostacoli? Questa è la miglior forma di gioia, gioia pura, solo nostra. È questo l’orgoglio partenopeo. È questo che vuol dire essere napoletani. Non dimentichiamocelo mai, non solo nel calcio. E adesso ho un nodo grande dentro, un groppo fisso tra il cuore e lo stomaco. Non sono ancora riuscita a piangere. Penso che oggi mi commuoverò, facendo l’albero di Natale. Buona giornata di festa a tutti. E Forza Napoli. Sempre! Ilaria Puglia

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