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Caro Mazzarri, hai tanti meriti ma abbandona la sindrome di Nanni Moretti

Se non ricordo male sei gol al San Paolo non li vedevamo dai tempi di Mondonico: 6-2 alla Reggina. Per altri precedenti dobbiamo tornare a lui, e non è più il caso. A tre giornate dalla fine del girone d’andata, siamo sesti in classifica: a dieci punti dalla vetta, a otto dal terzo posto, l’ultimo utile per conquistare la Champions. Rispetto all’anno scorso abbiamo sei punti in meno. Non è difficile capire dove li abbiamo persi, c’è solo l’imbarazzo della scelta: Chievo, Catania, Novara, Parma, Fiorentina, Roma, Juventus. Questo per quanto riguarda il campionato. In Europa siamo stati la sorpresa della Champions.

Ma parliamo di noi. Del Napoli. Non ho visto la partita. Ero fuori per lavoro. Sono rimasto colpito dal punteggio. E da altre due cose: l’assenza di Lavezzi, come d’incanto, ci ha restituiti Hamsik e Cavani. E poi il nostro allenatore, che non perde mai occasione per farsi notare, in una esasperata e ormai quasi ossessiva ricerca morettiana del “mi si nota di più se non vado o se vado e mi metto in un angolo?”. Certo, non ce ne voglia il buon Walter da San Vincenzo, ma lui la caratura di Michele Apicella – alter ego morettiano – proprio non ce l’ha. Non gli appartengono né lo pseudoesistenzialismo di “Ecce bombo” né la maniacalità di “Bianca”. Trattati sulla sacher torte da lui non li ascolteremo mai. Tutt’al più dissertazioni sulla differenza tra titolari e titolarissimi.

Eppure Mazzarri non perde occasione per mettersi al centro della scena. La sua squadra fa sei gol? E lui si fa notare non presentandosi davanti alle telecamere. Conquistiamo gli ottavi di Champions con un’impresa storica? E lui, dopo essersi fatto espellere, si rifugia sull’autobus e non parla con nessuno. La società compra il cileno Vargas? E lui candidamente dice che nemmeno lo conosce. Insomma, come si dice dalle nostre parti, fa un po’ la zita puntigliosa.

Non ci vuole la zingara per capire che tra lui e il presidente non corra più buon sangue. Del resto, basterebbe ricordare cosa accadde lo scorso finale di campionato quando, col suo atteggiamento, fu il principale artefice della flessione della squadra. Dopo essere stato il principale artefice del miracolo, per carità. Voleva andar via, Walter. Probabilmente alla Juventus. E alla fine dovette piegarsi alla forza contrattuale del presidente.

Adesso Walter ha ripreso quell’atteggiamento. Sì, hanno litigato la sera di Villarreal. Sul pullman della squadra, dove Walter si era rifugiato rabbuiato. Se le sono dette di santa ragione. E Walter avrebbe reagito dicendo: “non sono più il tuo allenatore”. Non ha gradito la campagna acquisti, Mazzarri, e ha capito che De Laurentiis non farà mai il passo più lungo della gamba. Si sente un po’ in gabbia, desidera – giustamente – nuovi orizzonti. Ha dimostrato di essere un signor allenatore e vuole una piazza che investa per davvero. Che compri Vidal invece di Donadel, Vucinic anziché Santana.

Ha le sue ragioni, Walter, chi lo nega. Ha tanti meriti, tantissimi. Però è il caso che i due siglino almeno un armistizio. La stagione non è nemmeno al giro di boa e fin qui la considero ampiamente positiva. Fare il bene del Napoli dev’essere l’obiettivo di tutti. Tutti ci guadagnerebbero, d’altronde. Il presidente e l’allenatore. Poi, magari, come persone adulte, ciascuno andrà per la sua strada. E Walter potrà essere lasciato libero di coronare le sue ambizioni. Ma una cosa è essere lasciati liberi dopo una stagione mediocre; un’altra è farlo al termine della seconda stagione consecutiva da record.

Quindi, Walter, per rimanere sul terreno morettiano, concludo ricordando cosa disse Dino Risi del giovane Nanni: «È bravo, per carità, ma quando vedi le sue opere ti vien voglia di dire: “Va bene, Nanni, adesso però spostati e facci vedere il film”». Ecco, Mazzarri, spostati un po’ e facci godere il Napoli.
Massimiliano Gallo

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