Il mio primo Italia-Inghilterra ce l’ho ancora davanti agli occhi. Ero piccolo, sei o sette anni. Qualificazioni per i Mondiali del 1978. Un girone di ferro il nostro. O passiamo noi, o passano loro. E il mio primo Italia-Inghilterra è una partita all’Olimpico di Roma, un gol di Bettega in tuffo. A porta, con loro, c’era Ray Clemence, se non sbaglio. Perché l’Inghilterra è sempre stata un mito. Ricordo che quando finalmente vidi il gol di Fabio Capello, quello di cui avevo sentito parlare tante volte dai miei zii, da mio nonno, quasi quasi ci rimasi male. Ma come? Un gol nell’area piccola, da solo davanti alla porta? Me l’ero immaginato mille volte quel gol storico a Wembley e nei miei sogni era una rete come non se n’erano mai viste. Poi, con gli anni, ho focalizzato anche l’autore del tiro-cross, Giorgione Chinaglia e allora mi sono sentito rinfrancato.
Di quell’Inghilterra lì, anni Settanta, ricordo soprattutto Kevin Keegan, ma anche Brooking. Finì che in Argentina ci andammo noi, anche se le sfide finirono con lo stesso risultato: due a zero per noi a Roma, due a zero per loro a Wembley.
Qualche anno più tardi gli inglesi ce li ritrovammo agli Europei dell’80, nel girone di qualificazione che portava direttamente alla finale. Vincemmo, 1-0, ancora con un gol in tuffo, stavolta di Marco Tardelli. Che nell’esultanza fece le prove generali di quel che ci avrebbe regalato due anni più tardi. Fu uno strano Europeo, fu l’Europeo del calcio scommesse, eravamo a pezzi e non ci qualificammo per la finale. Al posto nostro ci andò il Belgio. Che perse dalla Germania due a uno, steso da Horst Hrubesh.
Poi l’abbiamo incontrata altre volte. Nell’inutile finale del 1990. E ancora per le qualificazioni, quando Zola emulò Capello. Quando sta per arrivare Italia-Inghilterra non puoi non emozionarti.
Massimiliano Gallo
Il mio Italia-Inghilterra è un gol di Bettega in tuffo
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