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Sui froci l’unico volgare è stato Cecchi Paone

Rivela sospettabilissime dosi di ipocrisia la vana attesa che Antonio Cassano da Barivecchia si librasse sulle scintillante vette del politically correct e non riducesse l’argomento, come coerentemente ha fatto, al minimo sindacale: «Sono froci? Problemi loro…». Rivela, da una parte, la nostra attitudine a mettere in carico agli altri, senza valutarne storie personali e personalissime attitudini a buttare in vacca la qualunque, la responsabilità di alzare il livello sociale, tenendo insieme pubblica decenza e vocazione progressista. Ma dall’altra, attesta inequivocabilmente la nostra incapacità a guardarci intorno, abbandonando il bersaglio facile (Cassano) per orientare la nostra indignazione – se proprio è il caso – all’indirizzo di un colpevole un po’ più credibile, com’è Alessandro Cecchi Paone, il quale ha detto l’unica cosa veramente «frocia» e volgare di tutta la vicenda.

Cos’altro potrebbe essere, se non la certificazione estetica del peccato, con relative malizie, torbidezze, ulteriori scatti in avanti in fantastiche perversioni calciofile, la rivelazione da parte del nostro bravo presentatore di una lista potentemente gay di giocatori azzurri – almeno tre – di cui uno personalmente preso all’amo come una tinca? E la scelta di tempo, e del tempo, in prossimità dei campionati d’Europa su cui converge l’italica attenzione, non denuncia l’insopprimibile tendenza alla ricerca dello scandalo purchessia, travestito da denuncia sociale, da innalzamento della consapevolezza omosessuale, a cui dà stolido seguito la quasi totalità delle organizzazioni gay? Se questo non è un coming out a orologeria, trovatene voi uno migliore e più infingardo.

Si chiede, da più parti, che gli omosessuali facciano un orgoglioso passo avanti, alzino una mano in segno di richiesta di parola, e subito dopo – come in un pubblico confessionale – rivelino le loro pericolosissime attitudini. Con ciò, alzando il tono di una discussione che ha sempre avuto il corridoio, se non il retrobottega, come sfondo sociale. Stiamo dunque chiedendo agli omosessuali un sacrificio, l’uscire da una condizione anonima per affidarsi all’incomprensione generale (perché di questo ancora si tratta) o vogliamo solo tratteggiare la mappa dei loro doveri?

La via usata da Cecchi Paone è, a nostro modestissimo avviso, la più ignobile. Perché sposta il peso dello scandalo non tanto su di sé, scelta che sarebbe perfettamente coerente se autodeterminata, ma interamente su altre figure indistinte, celebrate soprattutto per la loro «maschitudine». Con questo meccanismo artificiale – più i soggetti scelti sono insospettabilmente «machisti», più lo scandalo è assicurato – si può essere certi del risultato, delle prime pagine, e soprattutto della caduta nella rete del gonzo di turno, Antonio Cassano da Barivecchia, appunto. Una perfetta strategia di marketing, che nulla ha a che vedere con i diritti degli omosessuali e con la crescita di una certa consapevolezza sociale.

Spiace per le organizzazioni più serie che non hanno distinto, che hanno preso il calciatore un po’ grezzo a paradigma di un’intolleranza che ha ben altre radici. Spiace che nessuno abbia detto a Cecchi Paone di evitare i suoi personalismi sciocchi, raccontando le sue inutili (almeno a noi) storie di letto con i campioni della Panini. Non è forse nella discrezione dell’animo, in quel basso profilo di persone poco invadenti, in quel farsi avanti con la genuinità di sentimenti lievi e trasparenti, che si può ritrovare la bellezza di qualunque rapporto sentimentale, di ogni colore e foggia, al punto tale che, a un certo momento, non avremo più esatta percezione dei suoi contorni, sarà solo amore, sesso, divertimento, passione, tormento?

Questo ridurre il tutto a un farsi avanti sì, o farsi avanti no, sembra la semplificazione volgare di un fenomeno ben più profondo e complesso, è la dannata scorciatoia di chi vuole mettere sulle spalle di singole persone la responsabilità di un’intera società, di un’intera politica. Giusto ieri, non un secolo fa, tal Fioroni, uno che addirittura vorrebbe candidarsi per la premiership del centro-sinistra, si lamentava per le aperture di Bersani verso i diritti delle coppie omosessuali: «A me – ha replicato l’intelligentone – la gente chiede del lavoro che non c’è, mica dei diritti dei gay…».

Arriverà che un bel giorno, per le pari opportunità, qualcuno chiederà a noi, (presunti) eterosessuali, di farci avanti. E non sarà un bel giorno…

Michele Fusco (tratto da Linkiesta.it)

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