Napoli-Juve non è più solo una sfida tra tifosi, ma una guerra tra società. Fredda, fatta di piccoli dispetti, dai toni bassi e i modi cordiali, ma pur sempre guerra.
I campi di battaglia sono più di uno. Il principale è il mercato. A testimoniarlo c’è il corteggiamento prolungato del club torinese a Cavani, condotto principalmente a mezzo stampa tra le dichiarazioni del Matador e i titoli strillati di Tutto Sport. Ma c’è anche la disfida (ora in ghiacciaia) su Verratti, giovane talento del Pescara, circa il quale il Napoli vanta l’accordo con la società e la Juve quello col giocatore. Stando ai rumors di mercato, lo stesso dualismo si ha intorno a Ramirez, a Pereira, e si è avuto su Ivanovic, Asamoah, Bocchetti e altri ancora.
Non è una novità assoluta, quanto l’esaltazione di qualcosa cominciata l’anno scorso. Nella passata estate gli interessi delle due società conversero su Inler e Vidal: entrambe intenzionate a prendere i due mediani in coppia, entrambe costrette ad accontentarsi di uno solo dei due. Sfida di mercato dove si ebbe lo stesso tipo di accavallamento che oggi c’è su Verratti: il Napoli più abile a trovare l’intesa con le società, la Juve quella con i giocatori (modo di fare che lasciò interdetti anche i dirigenti del Bayern Monaco, interessati al cileno). Allo stesso modo, il corteggiamento insistito quanto strisciante a Cavani ricorda quello a Mazzarri della primavera 2011.
Ma i fronti di guerra sono anche di tipo societario. Querelle che hanno avuto, di volta in volta, un vincitore diverso. La discussione circa la sede della finale di Coppa Italia qualche mese fa. Poi si è dovuto scegliere dove disputare al Supercoppa: gli Agnelli preferivano Torino, così da giocare di fronte al (e con la spinta del) proprio pubblico, mentre De Laurentiis gradiva di più Pechino per ovvie ragioni commerciali (pecunia non olet: si vola in Cina). Infine ci si è dovuto mettere d’accordo per la data e, pare, ancora non si è arrivati alla parola fine.
Insomma, la Juve è stata a lungo un tarlo dei tifosi napoletani, che si sono a volte reciprocamente accusati di vivere in maniera “provinciale e auto-limitante” l’astio verso gli zebrati (che, dal canto loro, hanno avuto buone ragioni per ricambiare l’acredine). Ma questa è storia vecchia. Oggi la rivalità si eleva e si riconfigura come battaglia tra due società arrivate ad avere proporzioni più simili e, soprattutto, a combattere per gli stessi risultati. E la sfida, meno rumorosa ma non meno virulenta dello scambio di cori dei supporters sulle gradinate, è destinata a crescere nel tempo.
Roberto Procaccini