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Il profeta è Cavani, ma il mostro è Behrami

Un Napoli formato Champions schianta la Lazio. Mi è parso di vivere, per una sera, quelle stesse sensazioni. Quando cioè, impazzisco, mi stacco leggermente dal suolo ed acquisisco la consapevolezza che la mia squadra sa trasformarsi in un’onda anomala mortifera. Il cielo era sereno, si giochicchiava, ci si studiava, si prendevano le cosiddette misure, il tutto, in una ventina di minuti di calma apparente, poi, la valanga azzurra.Uno tsunami imponente ha lasciato agli aquilotti solo qualche piuma e un rimpianto galeotto. Chissà come sarebbe andata se Klose avesse avuto la mano divina o si fosse chiamato Rapajic. Probabilmente avrebbe solo anticipato il tempo dell’ira funesta. La vittoria di tutti i singoli duelli sul campo non ha potuto lasciare dubbi sulla predominanza dei nostri rispetto ai biancocelesti. Anche perché, nel caso ci fosse stato bisogno di tappare qualche buco, avevamo il jolly. L’uomo ovunque che alla fine è stato il vero ago della bilancia della squadra. La prestazione di Valon è stata perfetta. Pressing, raddoppio, distruzione ed appoggio per 90 minuti senza una sbavatura. È grazie a uomini del genere, se poi, possiamo concederci i quattro moschettieri. Valon ha dato un chiaro segnale. E non credo sia dovuto al semplice fatto di aver incontrato la sua ex-squadra.


Della Lazio ho poco da dire. Si dice che sia una buona squadra, ma, proprio dalla partita di ieri, non abbiamo potuto trovare gli elementi per poterlo confermare. Troppo netto il divario. In realtà, sono andato allo stadio, curiosissimo di vedere il grande Hernanes che nelle partite precedenti mi aveva entusiasmato. Di fatto non l’ho visto.  L’unico profeta che si è fatto notare è quello che aveva la maglia numero 7, i capelli al vento ed è uruguaiano. Immenso. Si è preso anche il lusso di tirare un rigore alle stelle, dopo aver incantato il suo pubblico con una pioggia di gol. Un po’ Careca, un po’ Batistuta, un po’ E.T., ecco  Cavani. Continuando così, batterà tutti i record. E squarterà altri cuori. Il mio è già bello che andato.


Il profeta del gol, altro che Hernanes.


Vorrei trovare il pelo nell’uovo, ma stavolta è difficile: De Sanctis, in un paio di occasioni è stato incerto, ma ha salvato il 2-0 con un prodigio felino; la difesa ha ingabbiato Klose e ha concesso pochissimo. Bene Gamberini a sinistra, bene Cannavaro e Campagnaro, autori anche degli assist sul secondo e terzo gol; bene Zuniga che ha spinto più di Maggio; e bene anche Inler, soprattutto a copertura della difesa. Dei tre avanti, più Lorenzo che cresce di partita in partita, dopo vittorie così, si sprecano fiumi di parole e di elogi. No, non riesco a trovare qualcosa che non mi è piaciuta. Il rigore fallito sul 3-0? Lo doveva tirare forse Lorenzo? No, l’unico pensiero che riesce un po’ a disturbarmi è roba che non ha a che fare con la stupenda gara di ieri, ma ha avuto origine domenica scorsa. Non pretendo una squadra che giochi a mille e vinca come ieri in tutte le partite, ma che sia sempre presente, sempre concentrata e sempre cattiva. Non esaltata, come lo sono io ora. Anche dopo un’abbuffata come questa. Per cui, a Genova, da Ciruzzo il bianconero, si va calmi e sereni, ma con dentro la stessa ferocia. Come uno tsunami. Come in Champions. Come la grinta di Valon.

Forza Napoli Sempre

La 10 non si tocca.

Gianluigi Trapani

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