È veramente complicato restare lucidi e tenere i piedi per terra. Stamattina, con ancora l’eco soffusa nei timpani del nostro urlo sovrumano al rigore di Cavani, sono andato in cucina, ancora in uno stato di semi incoscienza, e non capivo. Mi sono sentito un felice fantasma per una decina di minuti. Ho allungato l’allucione verso il basso, ma non si riusciva di toccare il suolo. Solo dopo il caffè e dopo aver aperto le finestre, ho iniziato a realizzare cosa avesse potuto suscitare quello stato di trance inebriante. Guardando la “vetta” della collina, infatti, le idee mi si sono fatte più chiare: “che gioco di gambe ha fatto Hamsik? Siamo lì”.
Non è primavera, le rondini ci hanno lasciato da un pezzo, ma è come se lo fosse. Non è una bella giornata, il cielo è plumbeo, a tratti pioviggina, ma è come se ci fosse il sole. “sarò innamorato?” ho pensato. È presto, è presto, lo so. Calma. Piano.
Spalancando le finestra, appunto, ho avvertito nell’aria, un profumo antico, buono. E i colori, nonostante l’umidità, ai miei occhi sono apparsi chiari, intensi, vivi. È un’atmosfera che non mi apparteneva più. “sarà retrocessa la Giuve?” mi sono sentito così. Però calma, non corriamo. È presto.
Stare con i piedi per terra è complicato, e la scaramanzia in questo non aiuta. Me ne sono reso conto quando, affacciandomi dal terrazzino, tenendomi saldamente alla ringhiera, ho ascoltato i dialoghi del solito gruppetto che si forma vicino casa. A parteciparvi sono i vari commercianti della zona, passanti ed abitudinari. Il classico bar dello sport del paese che si trasferisce praticamente ogni lunedì mattina nei pressi del minimarket sottostante il mio balcone. Generalmente l’oggetto preferito delle discussioni è il Sorrento, che attualmente non naviga in buone acque in lega pro, ma da qualche tempo, e stamattina in particolare, si è argomentato solo del Napoli e della vittoria a Genova.
Una discussione infinita, farcita da una moltitudine di pareri e mai, dico mai, pronunciare da parte di tutti, quella variopinta parola di 8 lettere, sebbene fosse l’argomento più ricorrente. Anzi, in qualche caso, se il troppo ottimista osava alzare il livello di aspettativa che è concesso verbalmente, poteva essere investito dal pompiere di turno che rimproverando: “sssssh, no, nun s’dice, nun s’ pò dì, nun s’penza nemmeno”. È presto, infatti.
Per strada, poi, è un incontro di sguardi continuo. Si fa finta di parlare d’altro, ma ci si capisce. C’è un filo invisibile ora. Nella testa, un pensiero (e una speranza), tenuto caldamente rinchiuso nell’ultimo sottoscala della cantina del cervello, ha iniziato a prendere luce e aria. Ssssh, però. Non si dice, non si può dire, è presto, è presto, e facciamo finta di non pensarci, ma l’atmosfera si sta surriscaldando. È calda calma apparente. È attesa ansiosa, ma positiva.
Prima di entrare dal giornalaio, giusto all’ingresso, ho incontrato Gino, ha un ristorante sulle colline, va in Tribuna Posillipo e odia Bigon. Passando con la vespa, mi ha visto, ha lasciato l’acceleratore, e ha fatto volteggiare la mano come per indicare “abbondanza”, mentre le labbra erano chiuse e compiaciute. Il suo sguardo soddisfatto ed incredulo ha bucato anche il casco. Ho annuito in silenzio e salutato. Dal giornalaio, un gruppo di ragazzi facevano ressa per accaparrarsi le ultime copie dei quotidiani sportivi, e Bruno, il titolare dell’edicola, ha consegnato la mia copia, senza esprimersi come fa di solito (non ama Mazzarri) e mi ha detto solo 3 parole, piene, ferme: “Hì, ch’Napule!”. Ho annuito e sono uscito, mentre il bancone dei giornali si svuotava.
Tre metri sopra il cielo e tre di strada per arrivare al solito bar. Nemmeno il tempo di ordinare il caffè che Francesco, il titolare, che del calcio, del Napoli, ha sempre avuto un approccio molto soft (si addormentò allo stadio per esempio), mi ha preso la mano e mi ha sussurrato: “mò sì cuntento, eh?”. “ssssh”, ho pensato ridendo. Mentre dietro di me, ad un tavolino pittoresco, pittoreschi personaggi locali allietavano il pubblico accorso con pittoresche esternazioni concitate. Quadretto che si ripete da quando esiste la piazza. Lo giuventino fino al midollo contro il napoletano vittima. Uno scontro tra titani che, usualmente, si conclude in un paio di vaffa, tachicardia folle e la richiesta di bis da parte del pubblico. Michele, il bianconero, ha isterizzato sul rigore che ci ha fatto vincere(“quanto ci temono”, ho pensato) e tutte le volte che urlava il termine di 8 lettere (è juventino, non è scaramantico), la massa lo zittiva con uno “sssssh” collettivo e con sguardi imprecanti verso il cielo(tralascio l’iter anti-jella delle mani dei signori uomini).
Tonino, ciuco dentro, ha invece voluto controbattere, mentre la vena gli si stava scoppiando in fronte, sul tanto “amato” Ciruzzo (definito testualmente “ll’amico vuosto”) che aveva schierato una squadra di rugby e che si lamentava con gli stessi metodi “stilistici” usati un tempo dalla Casa Madre (la definizione testuale, in questo caso, ho dovuta censurarla). La discussione è stata molto più rovente del solito e ci è voluto più tempo per giungere ai soliti argomenti standard, senza mai disdegnare una rivalità che si fa sempre più accesa: Mazzoleni, il fuori gioco di Laudrup, Moggi, la cocaina di Maradona, i tuffi di Inzaghi, i tuffi di Crippa, Turone e la monetina di Alemao. Ladri, Piagnoni.
Ho sorriso divertito e sono andato via, i piedi sempre qualche millimetro più su. Antonio, il salumiere, che dietro ai prosciutti nasconde la foto di Del Piero, ha voluto confermare ciò che giá pensavo. Con le mani attaccate all’affettatrice e lo sguardo nel vuoto ha inveito: “bravi, bravi, vedete a cosa serve lamentarsi? Stanno facendo di tutto per farvi vincere. Bravi, bravi”. Ho sempre ritenuto Antonio una degna persona, e degna di rispetto, seppur di fede sportiva opposta alla mia, ma quando ha iniziato a lamentarsi con quella rabbia, ho avuto difficoltà a non ridergli in faccia. In fondo mi stava lusingando. In fondo, è il timore che fa arrabbiare così. “Noi lottiamo per il secondo posto, lo sanno tutti… mi aggiungete pure mezzo fior di latte e un paio di scatole di borlotti?… Siamo troppo inferiori”, ha risposto anticipandomi Claudio, l’impiegato che lavora nella banca di fronte, va in curva B, mostrando la classica finta certezza.
L’intera giornata, è poi così trascorsa sino a sera. Il post Genova ha prodotto questo, oltre la migliore difesa, Cavani capocannoniere, Hamsik super, grande attacco, paragoni più o meno velati, statistiche e ssssh. Per cui, ho capito di non essere l’unico a vivere in questo stato leggermente ultraterreno. Anzi, più passa il tempo e più ci riconosciamo. anche se è presto. Lo so. È troppo presto.
Ssssh, non ho scritto niente.
Forza Napoli Sempre
La 10 non si tocca.
Gianluigi Trapani