In fondo è il duro e amaro destino dei bastiancontrari. Ritrovarsi improvvisamente a guardare con occhi diversi la persona che magari per anni hai avversato, quasi in solitudine. Perché non sembra, ma quello del bastiancontrario è un duro lavoro. E il bello è che fila tutto naturale, non c’è bisogno di alcuna spintarella a svolgere il proprio compito.
Capita così che dopo un lustro di ammirazione, ma che dico, di venerazione, il popolo napoletano tratti l’idolo alla stregua di un poveraccio, rida delle sue disgrazie in terra straniera. E sono proprio quelle risatine che ho percepito ieri sera tra facebook e twitter (oggi Lavezzi era persino tra i trend tweet o tweet trend) che mi hanno indotto a scrivere queste poche righe.
È un po’ come quando si parla male del proprio ex o della propria ex. Non si fa, perché si parla male di noi. Lo avete considerato un semidio, facendogli anche del male perché forse lui ha davvero creduto di essere un campione e adesso che fate? Godete dei suoi incerti? Non si fa, anche perché finora è stato attanagliato più dalla sfortuna che altro. Ma in Italia la tradizione è lunga. A Milano spesso me la vado a vedere quella piazza, oggi così anonima e spoglia.
E chi l’avrebbe mai detto, Pocho, che un giorno avrei scritto bene di te. Riprenditi e fammi vedere che sbagliavo. Così non ti posso vedere nemmeno io.
Massimiliano Gallo
Lavezzi, i napoletani e la sindrome di piazzale Loreto
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