Senti che puzza, scappano i cani, stanno arrivando i napoletani. O colerosi, terremotati, voi col sapone non vi siete mai lavati. Napoli merda, Napoli colera, sei la vergogna dell’Italia intera.
Odio Napoli, odio Napoli, odio Napoli
Lavali, lavali, lavali col fuoco, o Vesuvio lavali col fuoco
Noi non siamo na-po-le-ta-ni
Dai Quartieri Spagnoli fino ai Campi Flegrei, dai Vesuvio fai un’altra Pompei
Chi va allo stadio e segue il Napoli in trasferta (io sono tra questi: in Inghilterra anche uno scrittore di successo segue o seguiva sempre la propria squadra in traserta, da noi invece è tremendamente volgare) questi cori li ascolta da sempre. Così come noi cantiamo “avete solo la nebbia”; oppure “è lunedì, che umiliazione andare in fabbrica al servizio del padrone. O juventino ciucciapiselli di tutta quanta la famiglia Agnelli”.
A me non fanno specie. E francamente trovo intellettualmente onesto il collega della redazione Piemonte della Rai. Trovo intellettualmente onesto lui e il suo lavoro. A Linkiesta ha fornito una spiegazione: “volevo far capire il clima che si respirava all’esterno dello stadio”. E non fa una piega. Il clima era quello, all’esterno e all’interno dello stadio. Il clima è quello da sempre. Ovunque. Persino a Roma, un’ora di treno da Napoli.
Ora il collega Amandola paga. Sarà giusto, non lo nego. Il suo servizio è stato giudicato razzista. E con ogni probabilità egli stesso è razzista, perché è molto probabile che ci sia tanto del suo pensiero in quel pezzo. Però dobbiamo intenderci sul diritto di cronaca. Che cosa avrebbe dovuto fare Amandola? Girare all’esterno dello stadio un paio d’ore fino a trovare due tifosi di Juventus e Napoli disposti ad abbracciarsi? Perché tanto avrebbe impiegato, non meno di due ore. E lo dico con cognizione di causa visto che sabato ero lì e ho visto la partita al secondo anello, Tribuna Est, circondato da juventini.
In fondo, Amandola ha mostrato il vero. E ha anche dato voce a quel che tanti settentrionali (non tutti, sia chiaro) in realtà pensano. Che poi quei cori siano cantati anche da meridionali, da napoletani stessi che tifano Juventus, è solo l’evidenza che si tratti di roba da stadio. Fa parte dei rituali così ben descritti da un certo Desmond Morris.
Certo, oggi, come scrive il giornalista Mimmo Liguoro sulla sua pagina Facebook, discutiamo di ciò che «fu definito il gioco più bello del mondo. Lo è stato – prosegue -. A mano a mano l’argine, attaccato da tante corrosioni, mostra segni incalzanti di cedimento. E il “tifo” per il foot-ball e le sue storie, vissuto come sentimento duraturo dell’infanzia, si sgretola. Da una parte si incanaglisce sempre più, dall’altra crea delusione e amarezza. Un regresso che rispecchia l’involuzione dei tempi storici, si dice. Di certo, ne subisce le peggiori deviazioni. Difficile staccarsene. Per i più è ormai un riflesso condizionato. Ma , nel rispecchiarsi in questa abitudine, sempre più si assapora un senso di perdita amara».
E ha ragione Liguoro, gentiluomo, gran giornalista e grande tifoso del Napoli. Ma oggi il clima da stadio, desolatamente, è molto più vicino a ciò che ha descritto Amandola.
Massimiliano Gallo (tratto da Linkiesta.it)