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Ottobre è sempre stato un mese importante per il Napoli: tutto nacque nell’ottobre del 1926

Il primo agosto del 1926, Giorgio Ascarelli fondò il Napoli. La prima partita è del 3 ottobre, contro l’Internazionale.

Ottobre è sempre stato un mese importante per il Napoli: tutto nacque nell’ottobre del 1926

Un mese importante per il Napoli, questo ottobre del 2012. La squadra è al vertice, la passione degli sportivi l’accompagna. Un altro, lontano, mese di ottobre vide l’apparizione della squadra partenopea sul palcoscenico del calcio, nell’alba del gioco del pallone come sport popolare piu’ amato. Due mesi prima, nell’agosto del 1926, fu annunciata da Giorgio Ascarelli la nascita del “Napoli”, maglia azzurra come cielo e mare. Raccoglieva l’eredità delle preesistenti due squadre cittadine: il “Naples”, che nel nome mostrava l’identità dei fondatori inglesi di fine ‘800, e l’“Internazionale”, sorta da una scissione dalla prima società. Tanto entusiasmo, risultati modesti. Meglio fondersi, col nascere della “Internaples”, maglia blu. Fino al 1° agosto del ’26, quando il presidente Ascarelli annunciò il cambio del nome e del colore: “Calcio Napoli” e maglia azzurra, per romantica assonanza con i riflessi naturali della città. E venne quel 3 ottobre del 1926, con il debutto contro l’Internazionale di Milano. Per gli azzurri, sconfitta (3 a 0) e avvio di un anno calcistico non proprio piacevole. Ultimo in classifica con un solo punto, il Napoli fu però ripescato dopo un buon piazzamento in Coppa e restò nella massima serie. Gli anni successivi videro una lenta ma costante salita verso posizioni migliori, fino a conseguire due terzi posti. Era il Napoli che infiammava i tifosi nello stadio Ascarelli e li mobilitava in Galleria, davanti al bar-caffè “Brasiliano”, per commentare le partite e le prestazioni di calciatori che, guidati da mister Garbutt, si chiamavano Cavanna, Vojak, Buscaglia, Ferraris II, Innocenti, Sentimenti II, fino all’idolo del pubblico: il formidabile centrattacco Attila Sallustro, detto “il Veltro”. Poi, il tempo fece il suo cammino, tra alti e bassi, euforie e depressioni, retrocessioni e ritorni in A, campionati buoni, altri meno, stagioni tranquille (“di assestamento”) e tornei esaltanti, fino alla conquista dei due scudetti e di altri traguardi prestigiosi. A volte miseria, a volte nobiltà. Una storia che ha fatto corpo con i sentimenti e il carattere di Napoli. Al calcio sono state affidate, lungo il tempo, aspirazioni e speranze che dal foot ball sono lontane. Ma che segnalano l’idea e il desiderio di dare a un simbolo popolare e amato il compito, improprio quanto delicato, di stimolare anche migliori classifiche umane e sociali. Fiducia, serenità,sollievo al posto dei loro contrari. Sfumature surreali, a volte finanche usate a scopo demagogico. Ma il calcio vissuto come passione di popolo, soprattutto all’ombra del Vesuvio, ha dentro di sé un animo segreto aperto e fanciullesco e poi, quando occorre, anche sveglio e intelligente. La storia continua. Tutto cominciò in quell’ottobre del ’26.

Mimmo Liguoro

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