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Quando Lazio-Napoli erano carovane di pullman e un coro nato spontaneamente al gol di Boccolini

Formule di gioco, ale tornanti, esterni e interni, lavagne con numeri, uomini di fascia e di copertura… Solcando i tempi storici, il calcio si è articolato, o disarticolato, secondo schemi e tabelle che ne testimoniano il lungo cammino da semplice sfida atletica a complessa equazione che impegna muscoli e circuiti cerebrali. Quello che era solo il manto erboso (quando c’era) è diventato una scacchiera post moderna, un luminoso video di computer che riflette geometrie e calcoli di semi-architettura. La sua evoluzione va accettata, con adesione o scetticismo. Certo, quel che resta dentro, nelle fibre emozionali, resta legato al gesto atletico, al passaggio intelligente, al tiro inesorabile, alla grande parata, al dribbling ubriacante. Oggi come ieri? Non proprio. Spesso numeri ed equazioni di campo prevalgono sul semplice intuito, sull’istinto travolgente del campione o sul guizzo dell’uomo di seconda linea che trova un momento di gloria. Lazio-Napoli è una di quelle partite che spesso accendevano temperamenti e voglia di combattere. Era uno dei derby del Sud più sentiti, più attesi. Carovane di pullman, auto sature di passeggeri, treni speciali da Napoli a Roma. La chiamavano l’“onda azzurra” quella colonna lunghissima di mezzi che riempivano le corsie dell’Autosole. Cori ruspanti e qualche ”tracco” dimostrativo, bandiere al vento, striscioni con slogan di sapida inventiva. E una volta nella Capitale, sfilata lungo le vie centrali, pronti allo sfottò al primo apparire di un tifoso della Lazio. Incidenti? Quasi esclusi. Un entusiasmo sereno era la nota dominante. Allo stadio, mortaretti sulla pista d’atletica, striscioni improntati a una satira spigliata, facce sorridenti. Dalla tifoseria opposta si rispondeva senza acrimonia. Era il derby,aveva le sue coreografie. Poi, pian piano, per tanti motivi quell’atmosfera si diradò. Anche il tifo calcistico sacrificava la passione al risentimento. Restano,nella bacheca delle sensazioni, i frammenti del disperso mosaico. Chi era all’Olimpico in quella domenica che vide un gol di Boccolini piegare la Lazio non potrà più dimenticare il canto spontaneo e improvviso di 20 mila napoletani: “Oje vita…” Mimmo Liguoro

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