C’è poca speranza per il mondo del calcio. Qui sul Napolista abbiamo sempre cercato di evitare le barricate “noi” e “loro”, in qualche modo abbiamo sempre auspicato un sano sfottò tra le tifoserie. Il razzismo, però, è un’altra cosa. Ci siamo espressi più volte. E oggi resto profondamente colpito dalle parole del tecnico della Juventus.
Interpellato sui cori razzisti che sempre più spesso – praticamente ad ogni occasione – partono dagli spalti dello Juventus Stadium all’indirizzo di Napoli e dei napoletani, l’allenatore pugliese ha dichiarato: «Dico loro (ai tifosi, ndr) di pensare solo alla Juventus: non vorrei dover giocare a porte chiuse. Ho visto che ultimamente abbiamo preso un po’ di multe per cori allo stadio sul razzismo. Penso di essermi già espresso su questo punto di vista: quando pensano ad altre squadre, non ci esaltano e non ci danno una spinta. La cosa più bella è tifare per la propria squadra: solo così si dà una spinta ai giocatori. I tifosi sono il nostro 12°uomo e anche il 13°, sento di possibili diffide e non vorrei che per queste situazioni ci trovassimo a giocare a porte chiuse. Vorrei che da qui alla fine non succedesse mai più”.
Insomma la preoccupazione di Conte è legata all£eventualità di una squalifica o, addirittura, a una “distrazione” della tifoseria. Del razzismo in sé, in soldoni, non gliene frega nulla. Ora capiamo perfettamente che una presa di posizione netta del tecnico sancirebbe una spaccatura con la tifoseria, però mi domando se da qualche parte non si debba cominciare. Un calcio succube della subcultura di alcuni tifosi è un calcio povero, misero, che rinuncia a ogni tentativo di essere anche una piattaforma per l’educazione dei tantissimi ragazzi che seguono questo sport.
Antonio Conte non è il primo e non sarà l’ultimo a genuflettersi alla dittatura del becerume, fatto sta che le sue parole infondono tanta tristezza. Sarebbe stato meglio tacere.
Massimiliano Gallo
Conte avrebbe fatto più bella figura a rimanere zitto sui cori razzisti
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